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a Roma il Business Group per intensificare la cooperazione industriale


Italia e Giappone hanno la stessa visione dell’economia liberale, sono partner naturali che guardano al futuro e hanno il “dovere” d’intensificare la cooperazione economica e industriale in un mondo in cui le barriere protezionistiche e i conflitti minacciano i commerci e lo sviluppo comune. È il messaggio emerso dalla 34ma Assemblea generale dell’Italy-Japan Business Group, un organismo associativo creato nel 1989 dalle comunità imprenditoriali dei due Paesi per promuovere la cooperazione industriale e favorire il dialogo e gli affari. All’incontro di Roma, dopo una mattinata di lavori articolati in due sessioni su “società intelligenti” e “futuro verde”, hanno preso parte, tra gli altri, il ministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, Antonio Tajani; il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso; i due presidenti del Business Group: l’italiano Roberto Cingolani, amministratore delegato di Leonardo, e il giapponese Shunichi Miyanaga, presidente del consiglio d’amministrazione di Mitsubishi Heavy Industries. Presente anche il commissario generale dell’Italia per Expo 2025 Osaka, l’ambasciatore Mario Vattani.

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Per Italia e Giappone, ha detto Tajani nel suo intervento, collaborare è “naturale”. Il nostro Paese, quale “seconda manifattura d’Europa e quinta potenza commerciale mondiale”, considera “fondamentale” il mercato dell’Indo-Pacifico. “Per questo – ha sottolineato il titolare della Farnesina – ci battiamo per la libertà di navigazione in un’area importante per le nostre esportazioni. Siamo Paesi a vocazione industriale, possiamo fare joint-venture”, ha aggiunto Tajani ricordando la collaborazione, insieme al Regno Unito, nel programma Gcap per lo sviluppo del caccia di sesta generazione Tempest. Secondo il ministro, però, Italia e Giappone hanno “un problema comune”. “Penso alle terre rare. Oggi la Cina decide il prezzo di queste materie prime, e questo rende meno competitive le nostre imprese. Serve allora che insieme, anche con gli Usa, si lavori nel continente africano, nel Sud America, per permettere alle nostre imprese di competere a livello globale in ambito tecnologico”. Tajani ha evidenziato come il suo ministero sia “fortemente impegnato sull’internazionalizzazione delle imprese, sull’export dei nostri prodotti”.

“Offriamo qualità e il saper fare delle nostre imprese a tutti i Paesi, come il Giappone, che vogliono lavorare insieme. Siamo pronti ad accogliere le imprese giapponesi nel nostro Paese. Parliamo di civiltà antichissima, c’è un comune sentire”. Il titolare della Farnesina ha ricordato di aver visitato nelle scorse settimane a Osaka un santuario shintoista “per comprendere ancora meglio la spiritualità di un grande Paese che deve essere tra i nostri principali alleati nel mondo”. “Stiamo rafforzando la presenza italiana sui mercati internazionali per raggiungere l’obiettivo di 700 miliardi di euro di export entro la fine della legislatura: oggi siamo a 623,5 miliardi l’anno”, ha aggiunto Tajani parlando con la stampa a margine dell’evento. “Noi vogliamo esportare e investire di più, ma siamo anche pronti ad accogliere investimenti giapponesi nel nostro Paese, visto che c’è una stabilità di governo che altrove non c’è e questo è importante per chi vuole fare affari”, ha affermato il titolare della Farnesina.

Secondo Urso, Italia e Giappone devono “costruire ponti con le proprie imprese”, affrontando insieme la duplice transizione digitale e ambientale. Il ministro ha ricordato l’elevazione delle relazioni, nel 2023, al rango di partenariato strategico, una scelta che si conferma “con l’incremento continuo degli scambi commerciali e delle visite istituzionali”. Ora, di fronte, vi è la comune sfida tecnologica: l’intelligenza artificiale, il quantum, la meccatronica. “Noi – ha rimarcato il ministro – cerchiamo di mantenere l’uomo al centro, in accordo con le nostre visioni culturali. Abbiamo scelto di identificare il made in Italy nella giornata celebrativa del 15 aprile con il simbolo dell’Uomo vitruviano di Leonardo da Vinci: tutto ruota intorno alla persona. Una visione chiara, tanto più importante nel momento in cui affrontiamo la sfida dell’Ia con un approccio che riteniamo debba essere antropocentrico”. L’altra grande sfida, secondo Urso, è quella della chiusura dei mercati, da fronteggiare “con una visione aperta e inclusiva”.

Anche per Cingolani, Italia e Giappone sono Paesi “obbligati” a intensificare i rapporti, a collaborare di più, a dare “un segnale di pace in un mondo devastato” dai conflitti. L’Ad di Leonardo ha ricordato come i due Paesi siano rispettivamente quarta e sesta potenza al mondo in fatto di esportazioni. “Produciamo oggetti belli, altamente tecnologici, sinonimo di qualità”, ha detto l’ex ministro dell’Ambiente e della Sicurezza economica. Tra i settori più favorevoli agli scambi Cingolani ha menzionato la mobilità, la digitalizzazione, la robotica, l’automazione, il miglioramento dei processi industriali, l’innovazione in tutti i settori “a partire dalla pubblica amministrazione”. “Sia Giappone che Italia tengono fede all’impegno per la decarbonizzazione, una sfida che molti vorrebbero abbandonare. Noi insistiamo”, ha ancora evidenziato il dirigente di Leonardo. Cingolani ha quindi ricordato come Italia e Giappone siano Paesi energivori e ha auspicato che l’Italia possa presto tornare “nell’arena dei grandi produttori di energia nucleare”. Nel frattempo, le rinnovabili rappresentano un’altra frontiera per la collaborazione bilaterale, così come i trasporti. Con una simile base industriale, ha concluso il dirigente, Italia e Giappone sono “obbligate a intensificare rapporti, collaborare di più, dare quel segnale di pace in un mondo devastato da sessanta conflitti”.

Presente anche il presidente di Agenzia Ice, Matteo Zoppas, che a margine dell’evento ha firmato un accordo con la controparte giapponese Jetro, rappresentata dal suo presidente Susumu Kataoka, per promuovere reciproche opportunità di investimento e a garantire assistenza alle imprese che intendono investire in entrambi i Paesi. Zoppas ha sottolineato che in Giappone il made in Italy “è molto apprezzato”, ma ha anche ricordato come le nostre imprese, dopo la fondazione del Business Group nel 1989, “hanno ricevuto molto dalla cultura giapponese”, acquisendo “metodologie che hanno consentito di rivolgere una certa attenzione al miglioramento dei processi produttivi e alla qualità dei prodotti”. Oggi, ha ricordato il presidente di Ice, l’export italiano in Giappone vale 8,2 miliardi di euro, ma si tratta di un dato in crescita. Un segnale importante, in questo senso, è la decisione della Farnesina d’inserire il Giappone tra i Paesi di riferimento del Piano d’azione per l’accelerazione dell’export sui mercati extra-Ue ad alto potenziale. “Qualcuno ha definito il Giappone un mercato saturo dal punto di vista del commercio italiano, ma non è così. C’è una grande diversificazione di clientela, di prodotto, ci sono grandi opportunità”, ha detto Zoppas.

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Il Giappone, dopo Cina e India, è oggi il terzo partner commerciale dell’Italia in Asia, e il secondo mercato di sbocco per il nostro export in Asia-Pacifico (con una quota del 15,5 per cento sul totale delle esportazioni italiane nell’area). Il 27,3 per cento dell’export è costituito da prodotti tessili e abbigliamento, il 14 per cento da farmaceutica e prodotti chimici, il 13,7 per cento da mezzi di trasporto. Nel 2023 i nostri investimenti in Giappone sono stati leggermente superiori ai 3 miliardi di euro, ma quelli nipponici in Italia hanno superato i 4,5 miliardi di euro. Oggi sono in una fase di rinnovato interesse e rafforzamento, con un focus particolare sui settori ad alto contenuto tecnologico e industriale. Le imprese giapponesi che operano in Italia sono 430, per un totale di circa 49 mila addetti e un fatturato di circa 25,3 miliardi di euro. Le nostre imprese in Giappone, invece, sono circa 175: impiegano 8.500 dipendenti e generano un fatturato di circa 2,9 miliardi di euro.

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