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Nissan licenzia 20.000 dipendenti con il nuovo piano di ripresa


Nissan Motor Corporation ha svelato un piano di ristrutturazione che è in realtà un piano di licenziamenti, almeno per i 20.000 dipendenti destinati a perdere il lavoro. Un taglio netto, pari al 15% dell’organico mondiale, condito dalla chiusura di 7 stabilimenti entro il 2027.

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Il gigante dell’auto, una volta invidiato per efficienza e volumi, inciampa ora nella peggior voragine finanziaria degli ultimi anni. Vendite in picchiata, conti in caduta e una concorrenza che ha smesso di aspettarlo.

I licenziamenti Nissan sono un ulteriore segnale, come se non ce ne fossero già abbastanza, di una crisi del settore auto che continua a mordere, senza garbo e senza sconti.

Cosa prevede il nuovo piano di ripresa

Il nuovo piano strategico di Nissan è stato presentato come un “piano di ripresa” che introdurrà azioni decisive e coraggiose per migliorare le performance e creare un’azienda più snella e resiliente. In sostanza, il prezzo di questo rilancio sarà molto alto: 20.000 licenziamenti complessivi e la chiusura di 7 impianti su 17 entro il  2027.

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Tale cifra di esuberi raddoppia quasi i tagli annunciati in precedenza: già a fine 2024 Nissan aveva previsto 9.000 esuberi, ora portati a quota 20.000 per far fronte al peggioramento della situazione. Il piano coinvolgerà tutte le aree aziendali, dalla produzione alla ricerca e sviluppo fino alle funzioni commerciali, con l’obiettivo di ridurre i costi e tornare alla redditività entro pochi anni.

Quali stabilimenti chiudono e quali sono a rischio

Nissan ha annunciato la chiusura di 7 stabilimenti entro il 2027, riducendo il numero totale da 17 a 10. Sebbene l’azienda non abbia specificato ufficialmente quali impianti saranno interessati, alcune chiusure e ristrutturazioni sono già note:

  • Argentina;
  • Cina – chiusura della fabbrica nella provincia di Jiangsu;
  • Giappone – cancellazione del progetto per una nuova fabbrica di batterie a Kitakyushu e sospensione delle attività in alcuni stabilimenti nazionali;
  • Messico – prevista una ristrutturazione delle attività produttive;
  • Stati Uniti – riduzione dei turni in tre stabilimenti e diminuzione della produzione nel paese di circa il 25%.

In Europa, lo stabilimento di Sunderland nel Regno Unito, il più grande del continente, è stato oggetto di speculazioni riguardo a una possibile chiusura. Tuttavia, al momento, non è prevista la sua chiusura.

Per quanto riguarda l’Italia, Nissan non ha impianti produttivi diretti nel Paese. La ristrutturazione globale potrebbe avere ripercussioni sulle funzioni amministrative e commerciali italiane, soprattutto in relazione alla rete commerciale e alle collaborazioni con Renault.

Il piano di ristrutturazione Re:Nissan mira a risparmiare 500 miliardi di yen (circa 3,4 miliardi di dollari) e a riportare l’azienda alla redditività entro il 2026.

Perdite record per Nissan

Nissan ha chiuso l’anno fiscale con un buco da 670,9 miliardi di yen, che ha cancellato gli utili dell’anno prima come se fossero stati solo un inciampo nella contabilità. Ora la parola d’ordine è tagliare: 250 miliardi di yen di sforbiciate entro l’anno prossimo, 500 entro il 2026.

Il piano si chiama Re:Nissan, nome elegante per un’operazione che sa di rientro forzato nei ranghi, fatta di conti, forbici e poco romanticismo industriale. Nissan, per prudenza, non ha fornito previsioni sui risultati del nuovo esercizio fiscale, un segnale della forte incertezza che ancora pesa sulle prospettive a breve termine.

Le 5 cause principali

Le cause all’origine di questo massiccio ridimensionamento di Nissan sono molteplici e affondano le radici nella crisi del settore auto globale. Secondo l’azienda e gli analisti, a determinare la situazione sono stati alcuni fattori chiave:

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  • crollo delle vendite in mercati chiave – in Cina, ad esempio, le consegne di Nissan si sono più che dimezzate nel giro di quattro anni, e forti cali si registrano anche negli Stati Uniti;
  • l’impatto dei dazi doganali statunitensi sulle auto importate, eredità delle politiche del presidente Usa Donald Trump, che ha penalizzato i conti del gruppo;
  • l’aumento dei costi di produzione e delle materie prime, che ha eroso i margini di profitto della casa nipponica;
  • le difficoltà di Nissan nella transizione verso l’elettrico;
  • un contesto globale instabile, tra tensioni geopolitiche e rallentamento della domanda.

Le dichiarazioni ufficiali di Nissan

Di fronte a questa crisi, Nissan di cui si era vociferata la fusione con Honda, ha adottato un tono risoluto nelle comunicazioni ufficiali. In una nota diffusa dalla società, il management ha dichiarato di dover intraprendere “azioni decisive e coraggiose” per migliorare le performance e rendere l’azienda più snella e resiliente di fronte alle sfide di mercato.

Il nuovo Presidente e Ceo, Ivan Espinosa, ha sottolineato la necessità di agire con urgenza:

Dobbiamo dare priorità all’auto-miglioramento con maggiore urgenza e velocità, puntando a una redditività meno dipendente dai volumi.

Anche dal fronte finanziario arrivano messaggi di cauto ottimismo. Il direttore finanziario Jeremie Papin ha assicurato che il gruppo dispone di “liquidità sufficiente” per sostenere questa fase di transizione, pur ammettendo che la sfida sarà imponente e richiederà tempo:

Servirà tempo e coesione interna per invertire la rotta.





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