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Lega, Vannacci e Sardone nuovi vicesegretari nominati da Salvini


La Lega non lascia, ma raddoppia: si parla del numero dei vicesegretari che da giovedì 15 maggio passano da due a quattro.

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Matteo Salvini si ritrova così con ben quattro bracci destri, avendo aggiunto ai due precedenti vice altri due nomi di peso già noti agli elettori e al grande pubblico.

Chi sono i quattro vicesegretari della Lega

Il Consiglio federale convocato da Matteo Salvini a Montecitorio ha nominato Silvia Sardone e Roberto Vannacci come vice, accanto ai riconfermati Alberto Stefani e Claudio Durigon.

Stefani viene indicato come possibile erede di Zaia alla guida del Veneto, mentre Durigon è il cervello dietro le riforme economiche proposte dalla Lega. Sua, ad esempio, la rottura di un tabù: l’idea che i lavoratori italiani debbano fare un ampio ricorso alla contribuzione integrativa, così da non avere pensioni “da fame” in futuro.

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Per quanto riguarda Vannacci e Sardone, c’è da dire che Salvini non avrebbe potuto scegliere due vice più diversi nei modi: tanto è compassato lui, quanto è pirotecnica lei. Ad accomunarli, però, sono le battaglie contro l’immigrazione irregolare, i reati predatori e le teorie gender.

Chi è Silvia Sardone

Di Roberto Vannacci si è scritto fin troppo. Ciò che è poco noto, invece, è che il generale nel 2020 ha fatto sudare freddo ai vertici militari denunciando l’esposizione dei soldati all’uranio impoverito. Il libro “Il mondo al contrario” sarebbe arrivato tre anni dopo.

Silvia Sardone, invece, è nata il giorno di Natale del 1982 a Milano. La bocconiana Sardone ha una laurea in Giurisprudenza, alla quale ha aggiunto un dottorato di ricerca in Diritto delle Relazioni di Lavoro e un master in Business Administration.

Dopo essere stata in Forza Italia per 12 anni, è approdata alla Lega nel 2019. Del Carroccio ha sposato la retorica contro gli immigrati clandestini e gli abitanti dei campi rom. È presenza fissa nei talk politici di Rete 4, nei quali ingaggia battaglie ad alto voltaggio contro rom, maranza e ragazze col velo islamico. È bersaglio fisso di hater col cuore rivolto alla Mecca (e non solo) e su Facebook è solita denunciare le minacce ricevute. Ma oltre alle aggressioni verbali, negli anni Sardone ne ha denunciate anche di fisiche.

Alle elezioni europee del 2019 ha preso 45.000 preferenze, mentre nel 2024 ne ha prese 75.000. Solo Vannacci – “Mr 500.000 voti” – l’ha superata.

Non ci si lasci influenzare dalle modalità espressive e dal piacere della polemica: sia Sardone che Vannacci sono profili di livello eccellente: il curriculum accademico della prima è già stato esposto, mentre il generale ha tre lauree e due master.

Perché Vannacci e Sardone

Matteo Salvini ha un solo incubo: l’irrilevanza politica. Attualmente i sondaggi elettorali fotografano una situazione in cui la Lega è il quinto partito con l’8,7%. Nell’alleanza di governo, Salvini è il numero tre dopo la premier Meloni (FdI) e dopo il collega Tajani (FI).

Da mesi Salvini cerca di mettersi in luce con l’elettorato conservatore, provando a erodere consenso agli alleati di governo. Ma le fortune del leghista sono piuttosto scarse, avendo incassato schiaffi su terzo mandato, riforme previdenziali, rottamazione quinquies e sull’ipotesi di transitare dai Trasporti (minati dal caos treni) agli Interni. Il pacifismo ad ogni costo di Salvini nella guerra Russia-Ucraina è stato sconfessato dalle posizioni di Meloni, per quanto ondivaghe. Salvini aveva inoltre provato ad accreditarsi come interlocutore privilegiato di Musk e Trump in Italia, ma è stato oscurato da Meloni.

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Nella Lega da mesi serpeggia un dubbio: Salvini è ancora adatto a guidare il partito? Il gioco si fa duro e il segretario ha così deciso di tirare fuori non uno, ma ben due carichi: Vannacci e Sardone. I due, forti delle loro preferenze, potrebbero essere utilizzati per attrarre nuovi elettori, non solo fra chi già vota a destra ma anche fra gli astenuti e gli indecisi che oggi rappresentano quasi la metà degli aventi diritto.

Ma non solo: la mossa salviniana potrebbe rientrare nel buon vecchio “promoveatur ut amoveatur“, promuovere qualcuno per neutralizzarne le velleità di emersione. Soprattutto oggi, in una Lega in difficoltà. E soprattutto con quel Vannacci che fin dall’ingresso nella Lega è stato sospettato di voler utilizzare il nuovo ruolo per fondare il proprio partito politico.





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