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“Serve un nuovo modello di sviluppo”


Viviamo in un Paese meraviglioso e fragile, che più di altri sperimenta gli effetti della crisi climatica, come dimostrano le sempre più frequenti emergenze ambientali. Allo stesso siamo ricchi di risorse, non tanto di materie prime ma sicuramente di biodiversità, cultura, capacità imprenditoriali e scientifiche. Una duplice condizione che impone una scelta urgente e non più rinviabile: continuare a inseguire le emergenze oppure trasformare le crisi in opportunità, ridefinendo il nostro modello di sviluppo su basi nuove, solide e sostenibili, preparandoci al meglio per il futuro?

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È questo il messaggio che attraversa la tappa bolognese del Festival dello Sviluppo Sostenibile dell’ASviS dedicata a “Distretti e filiere sostenibili e resilienti per lo sviluppo dell’Italia”. Un tema strategico, che tocca non solo cuore della nostra economia perché invita a coniugare competitività, innovazione e responsabilità sociale all’interno dei limiti posti dal Pianeta. Perché oggi, più che mai, dare prospettive all’economia nazionale significa investire in filiere produttive resilienti, capaci di affrontare gli shock climatici e sociali, creando un valore che unisce i risultati economici con il benessere, individuale e collettivo.

In questo quadro la nuova Direttiva europea sulla Corporate Sustainability Due Diligence rappresenta un passo importante, imponendo alle imprese nuovi obblighi lungo le catene del valore. Ma, come sottolinea lo studio diffuso oggi dall’ASviS “Cosa fare per ridurre la dispersione nell’ambiente di bottiglie di plastica e lattine?”, la normativa da sola non basta. Servono strumenti operativi efficaci, come per esempio i sistemi di deposito cauzionale. Dove introdotti, questi sistemi hanno portato a ridurre fino all’80% la dispersione dei rifiuti, raggiungendo tassi di raccolta e riciclo superiori al 90%. In un’Italia in cui ogni anno più di 8 miliardi di contenitori sfuggono al riciclo, con ingenti costi di bonifica ambientale, l’impatto di questo sistema sarebbe enorme, non solo sul piano ambientale ma anche su quello economico e sociale.

Per innescare questo cambiamento virtuoso non dobbiamo limitarci alla gestione dei materiali: serve un cambiamento più profondo, culturale e valoriale. Decarbonizzare l’economia significa decarbonizzare l’immaginario collettivo. Costruire una cultura della cura, capace di orientare le scelte pubbliche e private, alimentando nuovi significati del vivere insieme. Perché come ci ha insegnato anche Papa Francesco: “Non si può vivere sani in un Pianeta malato”.

Solo grazie a un nuovo approccio multidimensionale allo sviluppo e procedere in direzione dell’Obiettivo 12 dell’Agenda 2030: garantire modelli sostenibili di produzione e consumo. L’Italia ha già dimostrato di essere tra le eccellenze europee nelle filiere del riciclo. E’ il momento di diventare un punto di riferimento anche nell’economia circolare, integrando sistemi di deposito cauzionale e responsabilità estesa del produttore. Si tratta di un investimento strategico, in grado di rafforzare l’industria, proteggere l’ambiente in maniera sostenibile, in linea con l’articolo 9 della Costituzione riformato nel 2022 – anche grazie all’ASviS – che impone di tutelare l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni.

* Presidente dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS)

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