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Perché la Csrd rischia di essere smontata pezzo dopo pezzo


Nella formulazione proposta dalla Commissione europea a fine febbraio, il pacchetto Omnibus suona come una drastica sforbiciata alle normative sulla sostenibilità delle imprese. Al termine dell’iter negoziale, potrebbe rivelarsi una scure. Almeno, questo fa ipotizzare la posizione della commissione Affari economici e monetari (Econ) del Parlamento europeo. Che chiede di restringere ulteriormente il perimetro della rendicontazione di sostenibilità (Csrd), limitandolo alle aziende con oltre tremila dipendenti. Una risicatissima minoranza.

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Csrd solo per le imprese con più di 3mila dipendenti?

Se paragonata alla precedente Non financial disclosure regulation (Nfdr) del 2014, che per prima aveva imposto di redigere la rendicontazione di sostenibilità, la Csrd rappresenta un passo avanti – o, per meglio dire, dovrebbe rappresentarlo – innanzitutto perché si applica a una platea molto più vasta di aziende. Riguarda infatti le grandi imprese europee che superano almeno due di queste tre soglie: almeno 250 dipendenti, 40 milioni di euro di fatturato netto e un attivo di bilancio di 20 milioni di euro. Ma anche, con scadenze differenziate, le piccole e medie imprese (Pmi) quotate e le imprese estere che superano una determinata soglia di fatturato nell’Unione europea.

In tutto sarebbero quindi 50mila, contro le 11.600 della Nfdr. Considerato poi che i piccoli fornitori non sono soggetti in prima persona ma sono tenuti a trasmettere dati e documenti ai loro clienti, l’idea originaria è quella di avere un impatto a cascata. Il pacchetto Omnibus, però, sposta la soglia di fatturato a mille dipendenti tagliando fuori Pmi quotate e mid-cap. Così facendo, non sono più 50mila bensì 10mila. L’80% in meno. Non contenta, la commissione Affari economici e monetari (Econ) dell’Europarlamento chiede di ridurre ancora il perimetro della Csrd fino a includere soltanto le imprese con oltre 3mila dipendenti. Per ora è soltanto una proposta, ma fa intendere qual è l’orientamento.

La Banca centrale europea critica il pacchetto Omnibus

E dire che, sempre a maggio, anche la Banca centrale europea si è espressa su questo tema. Dichiarando di apprezzare «gli sforzi della Commissione europea volti a razionalizzare e semplificare gli obblighi di rendicontazione di sostenibilità e di due diligence, garantendo così che i costi di conformità per le imprese siano proporzionati». Ma arrivando, alla fine, a criticare apertamente alcuni aspetti del pacchetto Omnibus. Come la scelta di ridimensionare la Csrd, appunto. Secondo gli esperti della Bce, è ragionevole applicarla alle imprese che hanno più di 500 dipendenti. Non mille o addirittura tremila, come ipotizzato dalla commissione Econ del Parlamento europeo.

«Oltre a sostenere la competitività, un quadro normativo ben calibrato per la rendicontazione di sostenibilità è essenziale affinché gli operatori di mercato possano comprendere e dare un prezzo ai rischi finanziari legati alla sostenibilità», si legge nell’opinione della Bce. La Csrd dunque «può assicurare che informazioni significative, affidabili e comparabili siano disponibili per investitori, istituti di credito, altri partecipanti ai mercati finanziari e autorità pubbliche, comprese le banche centrali e le autorità di vigilanza prudenziale. […] L’assenza di informazioni sulla sostenibilità, al contrario, potrebbe generare rischi sistemici che minacciano la stabilità finanziaria».

Verso standard di rendicontazione alleggeriti

Le informazioni sugli aspetti ambientali, sociali e di governance (Esg) risultano davvero utili soltanto se sono attendibili e comparabili. È per questo che la Csrd impone criteri di rendicontazione uniformi. Nonché una verifica esterna indipendente, seppure in forma limitata (limited assurance). Il pacchetto Omnibus vuole intervenire anche su questo fronte, eliminando il graduale passaggio a una verifica più approfondita (reasonable assurance) e semplificando gli standard. Questo compito spetta all’Efrag (European financial reporting advisory group). Si tratta di un ente di natura tecnica – non politica – che già nell’estate del 2023 aveva pubblicato una prima serie di Esrs (European Sustainability Reporting Standards). Le imprese più grandi, che sono le prime soggette alla Csrd, si stanno già basando su queste linee guida per preparare la rendicontazione relativa all’esercizio 2024.

Con il pacchetto Omnibus è tutto da rifare. Di conseguenza l’Efrag, non senza dissidi interni, ha presentato alla Commissione un piano di lavoro per la revisione degli Esrs che andrà avanti fino alla fine di ottobre e terrà conto anche dell’esperienza concreta di chi li sta usando. La commissione Econ ha le idee chiare: i mille indicatori (data point) previsti sono troppi, ne bastano cento.

Intanto i mesi passano e aumenta la confusione. La coalizione WeAreEurope ha interpellato i rappresentanti di un migliaio di imprese, scoprendo che la maggior parte (il 61%) è soddisfatta della Csrd così com’era prima del pacchetto Omnibus. Quest’ultimo incontra il favore soltanto di un’impresa su quattro. Dati che vanno di pari passo con quelli di un altro sondaggio, svolto durante un evento online del Global Compact: ne emerge che sette intervistati su dieci si sentono «confusi, frustrati e delusi» dalla proposta Omnibus.



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