C’è qualcosa di peggio dei dazi e dei negoziati complessi per la «relazione commerciale più ampia e più stretta al mondo» come ha detto, ieri, Paula Pinho, portavoce della Commissione Europea, commentando la telefonata fra la presidente Ursula von der Leyen e il presidente Donald Trump. La prima reazione dei mercati è stata quella di un euro ai massimi sul dollaro. Ma gli scenari di Goldman Sachs per l’Europa non sono positivi. Cosa significa per l’Italia? E per Torino e il Piemonte?
Ne abbiamo parlato con Stefano Cappellari, direttore regionale per Piemonte Nord, Valle d’Aosta e Sardegna di Intesa Sanpaolo.
In questo momento, come vedete la situazione dazi per l’Europa? E cosa fanno le economie locali?
«Partiamo dalla situazione delle nostre imprese. Il 2025 rimane un anno complesso e anche in questo trimestre vediamo ancora un rallentamento della produzione industriale: sono ventisei mesi consecutivi. E poi un rallentamento degli ordini e dell’export. Su questo influisce il tema dazi, che sicuramente sta creando della confusione, delle incertezze e sta rallentando il tema degli investimenti, che rimane centrale. La speranza era che ci fosse una ripartenza del 2025, ma non sta avvenendo. E questo nasce dall’incertezza dazi. Gli imprenditori sono anche preparati a diversificare, a cercare un modo per superare questa situazione»
Per adeguarsi alle notizie dagli Stati Uniti, che rimangono il terzo Paese di destinazione del nostro export.
«Quello che frena realmente è questo continuo rilancio, questa continua incertezza»
Il fatto che Trump continui a cambiare cifre e idee. però adesso c’è una deadline per i dazi per l’Europa, a luglio. Sarà vera?
«È proprio questo… Non lo sanno dire neppure gli imprenditori. Posso dire che utilizzare il commercio come leva per mercanteggiare, per ottenere qualcosa, non va bene. Questo clima di incertezza fa male alla nostra economia»
Dove, come dicevi prima, c’è il rallentamento dell’industria. E non parliamo solo di Stellantis: le cui pause hanno di sicuro un impatto importante, ma non c’è solo questo, giusto?
«Sono più i settori che soffrono. Automotive, certo: sono più di settecento le imprese del settore automotive che noi abbiamo intervistato per capire quali prospettive abbiano per il 2025. E tutte ci dicono di rallentamenti di fatturato anche importanti: c’è chi ci dice di oltre il 50%. La redditività ne soffrirà e alcune potrebbero avere delle crisi importanti. Non a caso noi stiamo studiando degli strumenti per avere un dialogo e aiutare queste imprese. Però anche il settore tessile-moda è sicuramente in difficoltà, la meccanica. Altri settori stanno tenendo, come l’agroalimentare»
Che pure è un settore molto legato all’export.
«Hanno beneficiato in questi mesi del fatto che negli Stati Uniti hanno aumentato le importazioni nel timore dell’aumento dei prezzi per i dazi. Hanno fatto scorte. Sono settori che hanno una maggiore capacità di diversificazione dei mercati, che è una cosa che noi stiamo suggerendo ai nostri clienti, in un processo di internazionalizzazione. Anche la missione che abbiamo fatto a Dubai in aprile va in questa direzione. La diversificazione può essere qualcosa che crea meno incertezza, in attesa che Trump decida le sue politiche».
O che si decida l’Europa con la sua strategia.
«Devo dire che questo potrebbe aiutare l’Europa a diventare un poco più efficiente nel trovare le soluzioni»
Europa che ora si affida alla strategia del riarmo. Ma la sta basando sulle questioni del credito dei Paesi europei.
«Anche qui bisogna ancora capire. L’esigenza è quella di essere più autosufficienti. Venendo un po’ meno la posizione degli Stati Uniti, è bene che anche l’Europa faccia la sua parte. Poi come questo debba avvenire, con quali strumenti, in quali direzioni… lì ci vorrà ancora del tempo»
Quale rischio corriamo, come Italia, in questi scenari? Parlo di inflazione, ripercussione sui tassi… Qual è il rischio maggiore che dobbiamo spiegare ai cittadini, più che alle imprese?
«Inflazione direi di no. Come centro studi Intesa Sanpaolo vediamo un’inflazione attorno al 2% e Unioncamere la vede attorno a 1,9-2,1%… L’inflazione è sotto controllo. Per i tassi, in Europa la Bce ha idee più chiare dell’americana Fed. I tassi scenderanno ancora. Noi ci aspettiamo una ulteriore riduzione dei tassi a giugno, arrivando attorno a 2-1,75%. Qualcosa che permette sia alle imprese sia alle famiglie di investire. Potrebbe essere una leva per fare ripartire l’economia. Questa non è più una preoccupazione. Lo è il costo delle materie prime»
O dell’energia. Dall’automotive denunciano un costo tre volte quello della Spagna.
«Ed è dieci volte quello degli Stati Uniti, cinque volte della Francia. E’ forse il principale tema di preoccupazione. Però, per ritornare ai tassi, c’è stato un ritorno delle famiglie ai mutui»
Anche se, noto dalle analisi di settore, si è abbassata la cifra dei mutui richiesti.
«Sì questo è vero. Un po’ perché non sono livelli di tasso cui eravamo abituati, quindi si tende a fare un mutuo più piccolo. E poi perché in alcune province del Piemonte, ma anche in zone di Torino sono scesi i valori delle case».
Una situazione in evoluzione e ne parleremo ancora. Per il momento, sappiate questo: serve una strategia forte, europea. Prima che siano gli altri a decidere per noi.
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