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Domenica 8 e lunedì 9 giugno le urne saranno nuovamente aperte per i referendum abrogativi su lavoro e cittadinanza. In queste settimane i temi dei cinque quesiti su cui dovranno esprimersi gli italiani sono stati al centro di polemiche e discussioni accese.

Due sono i volti più noti di questa “battaglia”. Da un lato il segretario della Cgil Maurizio Landini, il sindacalista che ha promosso i quattro quesiti sul lavoro. Dall’altro lato l’ex presidente del Consiglio e leader di Italia viva Matteo Renzi, il “padre” della riforma del Jobs act. Abbiamo chiesto a Landini e Renzi di spiegarci come voteranno ai referendum.

Referendum sui licenziamenti illegittimi

Se passasse il referendum che cosa cambierebbe per i lavoratori? Si tornerebbe all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori?

Landini: “Chiediamo ai cittadini e alle cittadine di votare Sì perché vogliamo che, cancellando il contratto a tutele crescenti, tutti e tutte abbiano il diritto a essere reintegrati nel proprio posto di lavoro se in presenza di un licenziamento illegittimo. A differenza di chi è stato assunto dal 2015, il ritorno allo statuto che noi auspichiamo prevede il diritto al reintegro per chi viene licenziato ingiustamente per motivi disciplinari o per ragioni economiche. Ma anche per i licenziamenti collettivi ingiusti. Da un punto di vista economico il lavoratore o la lavoratrice ha il vantaggio di percepire sia il reintegro che l’indennità risarcitoria”.

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Renzi: “La nostra indicazione è un convinto No. Partiamo da un presupposto: questo quesito non ripristina l’articolo 18 com’era una volta, ma si tornerebbe alla legge Monti-Fornero che non dà più tutele, ma paradossalmente meno tutele del Jobs act. L’attuale sistema prevede già il reintegro nei casi più gravi, come i licenziamenti discriminatori. Questo referendum non estende le tutele: le rende incerte, diminuendo il numero di mensilità previste dalla normativa vigente. E riducendo le categorie: un dipendente del sindacato ad esempio ha più tutele con la nostra norma che con quella che vuole la Cgil. Landini dice che è l’abolizione del Jobs act: non è vero, si abolisce una norma del governo Conte per tornare al governo Monti. Nel Jobs act c’erano tante cose, dagli 80 euro a Industria 4.0. Io difendo quell’impianto e dico no a questo quesito ideologico”.

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Referendum sull’indennità per i licenziamenti nelle piccole imprese

Quanto al limite dell’indennità di risarcimento ai dipendenti delle piccole imprese, esiste una disparità di trattamento?

Landini: “Noi chiediamo di votare Sì a questo quesito perché oggi, nelle piccole imprese, se si viene licenziati ingiustamente, si possono ottenere al massimo sei mensilità. Abrogando questa norma, l’indennità verrebbe definita dal giudice che potrebbe optare per indennità più elevate in funzione della condizione del lavoratore licenziato o della stessa dimensione economica dell’impresa. In questo modo, si rafforzerebbero le tutele anche per i lavoratori delle piccole imprese in cui spesso la minaccia di licenziamento è utilizzata per richiedere condizioni di lavoro peggiori”.

Renzi: “Su questo quesito abbiamo lasciato libertà di voto. Ma è un referendum della Cgil su una norma del 1966, che è già stato respinto nel 2003. Il mio suggerimento al sindacato è semplice: con tutti i problemi che hanno i ragazzi di oggi, perché non parliamo di futuro anziché stare a dividersi sulle leggi del 1966?”.

Referendum sui contratti a termine

Con l’abrogazione della norma che consente di stipulare contratti a tempo determinato senza causale per i primi 12 mesi, cosa cambia nel rapporto tra datori e lavoratori? Verrebbe garantita maggiore stabilità del mercato del lavoro, soprattutto per i giovani assunti? 

Landini: “Votando Sì al quesito sui contratti a termine si supererebbe la previsione per la quale nei primi dodici mesi si può essere assunti a termine senza una giustificazione. Siamo convinti che il lavoro temporaneo debba essere un’eccezione per le imprese, non la regola: attraverso l’abrogazione di questa norma, si incentiverebbe il lavoro stabile anche per tanti giovani che in questi anni hanno conosciuto solo la condizione di precarietà”.

Matteo Renzi, foto lapresse-2

Renzi: “L’indicazione di voto è No. Il quesito vuole reintrodurre la ‘causale’ per tutti i contratti a termine sotto i 12 mesi, pensando che così si limiti l’abuso della precarietà. Ma è un’illusione. Non si abolisce la precarietà, si aumenta la burocrazia. L’effetto vero sarà scoraggiare le assunzioni. La ‘causale’ non garantisce stabilità: costringe le aziende a rimanere nella zona grigia del contenzioso. Il Jobs act ha fatto il contrario: ha spinto verso contratti stabili, togliendo vantaggi a quelli atipici. Chi vuole davvero ridurre il precariato deve favorire l’ingresso nel mercato con più formazione, apprendistato e flessibilità buona. Non complicare le regole”.

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Referendum sulla responsabilità per gli appalti

Il quesito sulla responsabilità per gli appalti può ridurre gli incidenti sul lavoro? 

Landini: “Chiediamo di votare Sì al quarto quesito perché gli infortuni e le morti sul lavoro avvengono frequentemente nella filiera degli appalti, nella logica del massimo ribasso. L’azienda che decide di appaltare un’attività, attraverso l’abrogazione prevista dal quarto quesito, diverrebbe sempre responsabile di ciò che avviene in termini di sicurezza anche nelle imprese a cui ha affidato un lavoro. Questo comporterebbe un maggiore investimento nella tutela delle persone da parte di tutte le aziende che non potrebbero scaricare i costi su altri”.

Renzi: “Su questo quesito abbiamo lasciato libertà di voto. Personalmente voterò Sí. Ma occorre precisare che per ridurre gli incidenti sul lavoro servono più controlli, più ispettori, più formazione. Non servono leggi inutilmente punitive, ma rafforzare gli strumenti di prevenzione”.

Referendum sulla cittadinanza

La legge sullo Ius sanguinis va cambiata? E in che modo?

Landini: “Noi voteremo Sì al quesito per la riduzione a cinque anni della residenza per poter richiedere la cittadinanza perché queste persone vivono, studiano e lavorano nel nostro Paese da anni e non possono continuare a subire discriminazioni che ne indeboliscono i diritti fondamentali. Sul tema, oltre alla cittadinanza, occorrerebbe un complessivo ripensamento di tutto ciò che è stato realizzato nel corso del tempo, a partire dalla stessa legge Bossi – Fini che è spesso causa di sfruttamento e di profonde irregolarità”.

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Renzi: “Qui Italia viva voterà Sì. Perché è giusto dimezzare da 10 a 5 anni il tempo per ottenere la cittadinanza. Non è una ‘cittadinanza facile’ ma giusta, per chi vive, lavora, studia, paga le tasse nel nostro Paese. Noi crediamo che chi è nato o cresciuto in Italia, o vive qui da anni, abbia diritto a essere parte di questa comunità. Non è una concessione. È un atto di giustizia verso migliaia di ragazzi che sono italiani in tutto, tranne che nei documenti. E sia chiaro: la cittadinanza comporta più diritti. Ma anche più doveri. Perché noi abbiamo un problema: basta parlare solo di diritti. Questo Paese si salverà solo con una nuova stagione dei doveri, diceva Aldo Moro. Io la penso come lui”.

Che cosa succederà dopo i referendum 

Il risultato dell’affluenza al referendum potrebbe dimostrare che esiste un fronte unito sul lavoro e alternativo al centrodestra di Meloni?

Landini: “Noi non stiamo facendo una campagna referendaria contro qualche forza politica o contro qualche leader. La nostra campagna è per cambiare concretamente dei provvedimenti ingiusti. E ci rivolgiamo in particolar modo a chi, da anni, non va più a votare. Per questo motivo ci batteremo fino all’ultimo giorno per il superamento del quorum. Chi, come Giorgia Meloni, sposa la linea dell’astensione, non solo dimostra di non voler cambiare nulla di ciò che non funziona nel mondo del lavoro, ma indebolisce la nostra democrazia”.

Sui referendum sul lavoro Italia viva ha idee differenti rispetto agli altri partiti della coalizione di centrosinistra. Posizioni così diverse come potranno conciliarsi in vista delle prossime elezioni politiche? 

Renzi: “Sì, noi su questi referendum abbiamo una posizione diversa rispetto al Pd. Ma non è un problema: è una ricchezza. Noi siamo riformisti, non nostalgici. E crediamo che una coalizione si costruisca su un progetto comune per il futuro, non su un ritorno al passato. Se vogliamo vincere contro Meloni e la destra, dobbiamo però smettere di parlare di passato e parlare di futuro. Rivolgerci ai giovani che non riescono ad affittare una casa a Milano, ai cervelli in fuga perché il salario d’ingresso è troppo basso, agli stipendi troppo bassi per la tassazione eccessiva, a chi chiede una sanità davvero per tutti e poi sicurezza. Italia viva è la tenda riformista del centrosinistra. Vogliamo dare una mano a costruire un centrosinistra che sia davvero competitivo, non solo ideologico di sinistra. Se si identifica solo con la Cgil non vincerà mai. Serve uno spazio politico capace di vincere anche al centro e di competere con gli avversari sulla base di una proposta credibile per il ceto medio e il mondo produttivo: noi ci proveremo”. 

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