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Monaco come il Venezuela? Per la Commissione europea che ha invece salvato gli Emirati arabi uniti è un’evidenza!


Monaco si trova ora in una stretta, compressa tra due verità: i progressi celebrati dal Governo e l’allarme dell’UE sul rischio riciclaggio

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Nel Principato di Monaco, il contrasto tra le dichiarazioni ufficiali dei rappresentanti del Governo di Monaco e la percezione internazionale, alimentata anche da articoli allarmistici, si fa più evidente che mai in questi ultimi giorni. Il 14 giugno 2025 scorso, attraverso un comunicato stampa trionfante, sono stati sottolineato con orgoglio i «progressi riconosciuti» dal GAFI (Gruppo d’Azione Finanziaria Internazionale) nel piano di lotta al riciclaggio di denaro e al finanziamento del terrorismo. Tuttavia, a poche ore di distanza, un’altra notizia ha acceso i riflettori su una realtà meno rassicurante: la Commissione Europea, con un aggiornamento della propria che comprende 10 paesi “ad alto rischio” in materia di antiriciclaggio, ha inserito anche il Principato di Monaco, al pari di Stati come Libano, Venezuela, Algeria e Costa d’Avorio, mentre riabilitava gli Emirati Arabi Uniti. Così, se da una parte il Governo Princier celebra i risultati conseguiti in seguito alla prima verifica del piano d’azione avviato dopo l’inserimento del Principato nella lista grigia del GAFI nel giugno 2024, apparentemente sembra che la riunione plenaria congiunta GAFI-MONEYVAL svoltasi a Strasburgo, dove Monaco ha ricevuto il riconoscimento formale di aver «largamente trattato» tutte le azioni previste per la scadenza attuale, e di aver già realizzato progressi su ulteriori impegni futuri, non siano elementi sufficienti per rimanere in lista grigia. Addirittura il testo diffuso dal Governo monegasco parla di «mobilitazione di grande ampiezza» delle istituzioni locali e di un impegno collettivo per uscire dalla lista grigia «nei tempi previsti», e si chiude con i ringraziamenti al GAFI e a MONEYVAL per il supporto ricevuto, sottolineando il ruolo del Comitato nazionale per la lotta al riciclaggio, al finanziamento del terrorismo e alla proliferazione delle armi di distruzione di massa. Tutt’altro tono, invece ha invece assunto la valutazione resa nota il 10 giugno dalla Commissione Europea. che, aggiornando la lista dei paesi terzi ad alto rischio di riciclaggio e finanziamento del terrorismo, include Monaco accanto a Stati notoriamente fragili sul piano normativo e finanziario. La decisione, si legge, si basa sull’analisi delle carenze strategiche nei regimi di controllo e prevenzione. Tuttavia, benché questa lista non è ancora definitiva in quanto dovrà essere approvata dal Parlamento Europeo – che esaminerà la proposta prima di confermarla o modificarla- di fatto la notizia ha avuto fin da subito un impatto concreto poiché le istituzioni finanziarie europee saranno ora obbligate ad applicare misure rafforzate di due diligence nei confronti di clienti, transazioni o investimenti legati al Principato. Questo doppia narrazione, minimizzata all’interno del Principato di Monaco, amplificata dai media e dal giudizio ‘europeo’ pone interrogativi sulla reale portata dei progressi annunciati. Se da un lato il GAFI riconosce avanzamenti tecnici, la Commissione Europea sembra invece considerare insufficienti tali miglioramenti per garantire piena affidabilità sul piano finanziario. I due approcci non si escludono, ma rivelano una frattura tra ciò che è stato avviato e ciò che è stato effettivamente consolidato e verificato. La reazione del Governo monegasco è quella di un’istituzione impegnata a rassicurare cittadini e investitori, ma le classificazioni europee sollevano un campanello d’allarme. In un contesto internazionale sempre più sensibile alla trasparenza finanziaria, l’etichetta di “giurisdizione ad alto rischio” pesa, non solo sull’immagine del Principato, ma anche sul suo sistema bancario, sulla capacità di attrarre investimenti e sulla cooperazione con partner internazionali. In sintesi, Monaco sembra trovarsi oggi in una posizione delicata: acclamata internamente per i suoi sforzi, ma ancora soggetta a forti riserve da parte delle autorità europee. La sfida, ora, sarà trasformare i progressi dichiarati in risultati concreti e credibili anche agli occhi dei partner più esigenti. Non resta altro che attendere e vedere se le autorità monegasche avvieranno un dialogo con le istituzioni europee per chiarire la propria posizione e adottare misure correttive, se necessario. Tutto questo mentre ben 8 paesi esultano poiché rimossi dalla lista, avendo dimostrato progressi significativi nel rafforzamento delle loro normative antiriciclaggio. Si tratta di Barbados, Gibilterra, Giamaica, Panama, Filippine, Senegal, Uganda ed Emirati Arabi Uniti. Ma anche per loro la decisione finale spetta agli onorevoli presenti al Parlamento Europeo, che dovranno esaminerà tutte le proposte prima di confermarle o modificarle.





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