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C-Suite Barometer di Forvis Mazars: crescita e sfide per le aziende nel 2025


Il private equity e la crescita organica possono fungere da chiave di sviluppo di fronte all’incertezza economica diffusa. è quanto emerge dal C-Suite Barometer 2025 realizzato da Forvis Mazars, network globale dei servizi professionali; un report annuale che analizza le priorità strategiche, le prospettive di crescita e le principali sfide che attendono le imprese nel prossimo anno.

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Crescita e sfide

I dati del report rivelano un elevato livello di fiducia tra i leader aziendali: il 93% dei dirigenti C-suite internazionali prevede una crescita positiva nel 2025, un dato che in Italia sale al 96%, confermando una fiducia superiore alla media globale.

Se la crescita organica resta un pilastro fondamentale per le imprese italiane, nel 2025 il private equity (28%) emerge come una leva strategica chiave. In Italia, infatti, si colloca allo stesso livello della crescita organica nelle strategie aziendali, superando leggermente la crescita per alleanze strategiche e joint venture (26%). Parallelamente, l’attenzione dei C-Suite verso fusioni e acquisizioni diminuisce, con solo il 18% degli intervistati che le indica come possibile fonte di crescita.

Nonostante la fiducia nei risultati futuri, le aziende devono però affrontare significative barriere alla crescita. L’incertezza economica è il principale ostacolo sia in Italia che nel resto del mondo: il 50% dei leader italiani la indica come una minaccia per il proprio sviluppo, contro il 41% della media globale.

Altri fattori di rallentamento includono i prezzi dell’energia, citati dal 44% dei leader italiani contro il 31% globale e le tensioni e le instabilità politiche, 38% in Italia rispetto al 30% a livello mondiale.

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Parallelamente, le tendenze economiche globali – come l’inflazione – sono considerate il fattore esterno con maggiore impatto sulle imprese (34% sia in Italia che nel mondo). Tuttavia, in Italia sono percepite come minacce anche l’adeguamento a nuove normative, le tensioni geopolitiche e l’aumento della concorrenza, ognuna indicata dal 30% dei decisori come un elemento cruciale da monitorare.

Tra le priorità strategiche dei C-Suite in Italia, in primis la trasformazione digitale, il sorpasso sulla sostenibilità, e l’IA come motore per il miglioramento dei processi interni.

Il digitale

La trasformazione digitale si afferma come il focus principale per le imprese italiane, con il 46% dei leader che la indicano come la massima priorità strategica, di gran lunga superiore alla sostenibilità che, nel 2024 dominava l’agenda aziendale e che oggi con il 38% passa in seconda posizione. Tra i temi principali al centro della trasformazione digitale emergono efficienza e produttività rispettivamente al 68% (55% a livello internazionale), agilità operativa al 48% (33% a livello internazionale) e sicurezza informatica al 42% a parimerito con i dati internazionali. In particolare, garantire la qualità e la protezione dei dati resta un punto imprescindibile per il 36% dei leader italiani, preceduto dal 38% che ha in programma di sviluppare e implementare una strategia globale dei dati per l’azienda.

In questo scenario, la compliance normativa emerge come uno dei principali driver, giocando un ruolo fondamentale nel salvaguardare la sicurezza delle informazioni e nell’assicurare il rispetto delle regolamentazioni, fattori fondamentali per preservare la fiducia degli stakeholder.

L’implementazione dell’intelligenza artificiale, invece, in Italia procede con maggiore cautela rispetto al contesto globale. Il 40% delle aziende italiane (contro il 49% a livello globale) ritiene che l’IA avrà un impatto significativo sulla propria organizzazione.

Tutti dati che confermano che gli investimenti in IA continuano, anche se le imprese stanno concentrando sempre più risorse su tecnologie chiave come cloud, data analytics e cybersecurity, che garantiscono ritorni più immediati e tangibili”, spiega Luca Savoia (in foto a destra), partner di Forvis Mazars in Italia.

Le implementazioni di IA – utilizzate secondo il 31% dei C-Suite italiani per migliorare l’eccellenza operativa – si concentrano infatti maggiormente sullo sviluppo dei processi interni (60%) e a seguire, su prodotti e servizi commerciali (52%). Questo approccio prevede una strategia suddivisa in due fasi: testare prima l’efficacia dell’IA all’interno dell’azienda per poi applicarla alle soluzioni destinate al mercato, garantendo così ai clienti proposte affidabili, collaudate ed efficienti.

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Parallelamente, cresce anche l’attenzione sui temi etici e regolatori legati all’utilizzo dell’IA, in linea con quanto dichiarato dai decisori a livello globale.

La sostenibilità

Al secondo posto delle priorità strategiche si posiziona il tema ESG e sostenibilità che mostra segnali di rallentamento con la richiesta da parte dei C-Suite di poter ricorrere a una strategia di sostenibilità nuova o rivista. Questi segnali si collocano in un contesto di crescente complessità causata da un framework normativo non ancora stabilizzato e che richiede ancora 4-5 anni di tempo prima di stabilizzarsi completamente. Ciò rende difficile per le aziende implementare soluzioni mirate alla compliance normativa e dunque si cerca di focalizzarsi su esigenze strategiche di sostenibilità a prescindere dalle disposizioni normative.

Ogni volta che vengono introdotte nuove leggi o regolamenti, le aziende sono chiamate ad adattare i propri processi aziendali, i sistemi di gestione e le pratiche operative per garantirne la conformità.
Tale dinamica comporta non solo difficoltà nell’allinearsi alle normative in costante evoluzione, ma anche sfide legati ai costi di implementazione delle stesse.

In Italia, infatti, la percentuale di aziende che affermano di pubblicare una rendicontazione di sostenibilità è crollata dal 96% al 36%, in linea con il declino globale di 18 punti. È evidente che la dinamica normativa stia creando non poca confusione e allora piuttosto che concentrarsi sulla rendicontazione, per la maggior parte dei C-Suite sta diventando una parte naturale delle attività e delle operazioni aziendali il pensiero di sostenibilità.

Emerge infatti che meno della metà delle aziende italiane integra la sostenibilità nella rendicontazione finanziaria, con un calo di 28 punti rispetto al 2024, mentre a livello globale si registra un incremento di 15 punti.

“La sostenibilità in realtà non è posizionata allo stesso livello delle altre priorità strategiche. È piuttosto vista come un processo culturale che permea tutta l’azienda e che impatta a cascata su tutte le altre priorità. Investire in IA e tecnologie avanzate per ottimizzare i processi significa investire in sostenibilità se i processi vengono ripensati anche in ottica ESG”, ha commentato Francesca Bitozzi (in foto a sinistra), partner di Forvis Mazars in Italia.

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Inoltre, solo un quarto dei leader italiani si dichiara completamente pronto per le nuove normative UE in materia di reporting ESG, con un calo di 37 punti rispetto al 2024 e 17 punti in meno rispetto
alla media globale. Oltre la metà dei leader italiani (52%) vede infatti i requisiti ESG più come un costo che un’opportunità, un dato più elevato rispetto al 40% globale.

“Ma c’è una considerazione importante: il costo della sostenibilità non deve essere confrontato con zero investimenti ma con il costo di non integrarla nelle proprie strategie aziendali. È fondamentale riconoscere che la sostenibilità non può essere messa in competizione con altri aspetti strategici, come l’innovazione tecnologica, ma deve essere considerata un obiettivo complementare”, conclude Bitozzi.

I leader italiani si dichiarano infatti più influenzati dagli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite rispetto ad altri framework. In un contesto dove questi ultimi stanno diventando troppo instabili per decidere di investire nella loro completa comprensione e implementazione, ci si rifà ai principi guida da cui tutto è partito e su cui il pensiero di sostenibilità fonda le sue radici e ragioni ESG.

Tra le principali aree di interesse per i report ESG spiccano clima e riduzione delle emissioni di carbonio (63% contro 57% a livello globale), diversità e inclusione (59% contro 50% a livello globale) ed economia circolare (59% contro 44 a livello globale).in particolare, il primo e il terzo punto non vedono solo investimenti a livello italiano ma si confermano come la principale priorità anche sul piano mondiale.

Espansione internazionale: Stati Uniti e Cina tra le mete più ambite

L’espansione internazionale rimane un obiettivo chiave per le aziende italiane, con l’80% dei leader che prevede di entrare in nuovi mercati nei prossimi cinque anni. Un dato in linea con le aspettative a livello globale. Le destinazioni principali per le imprese italiane sono rappresentate da Stati Uniti (22%) e Cina (17%). Tuttavia, la localizzazione dei prodotti (59%) e la comprensione delle normative locali (56%) restano tra le principali sfide per i C-Suite italiani.

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Risorse umane: il tema dei nuovi talenti

Sul fronte delle risorse umane, il 32% delle aziende italiane segnala difficoltà nel reclutare nuovi talenti, un dato inferiore rispetto alla media globale (43%). Tra le principali difficoltà: il raggiungimento di candidati qualificati (46%) e la carenza di talenti di valore sul mercato (40%). Tuttavia, in fase di selezione, i leader italiani ritengono che le due qualità di leadership più importanti siano la visione strategica a parità con la capacità di prendere decisioni difficili (38%), seguite da un forte senso dello scopo e da una mentalità inclusiva (32%).

Il lavoro ibrido assume una maggiore rilevanza in Italia, con il 42% delle aziende che lo considera una priorità per garantire massima flessibilità ai dipendenti. Un risultato perfettamente allineato alla risposta del campione a livello globale.



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