Perché l’Europa dipende dal plasma dell’America? Negli Usa i donatori sono pagati, ecco quanto

L’Unione Europea sta cercando di ridurre la sua dipendenza dagli Stati Uniti in settori strategici come la difesa e il cloud computing. Ma c’è un ambito vitale in cui questa autonomia è ancora lontana: il plasma sanguigno, un componente essenziale per curare disturbi emorragici e deficienze immunitarie.

I numeri

Secondo una recente analisi di Sergi Pijuan su EUobserver, l’Europa importa dagli Stati Uniti fino al 30% del plasma di cui ha bisogno. Mentre l’Ue è autosufficiente nella raccolta del sangue intero, per il plasma la situazione è completamente diversa.

Gli Stati Uniti raccolgono quasi il 67% del plasma mondiale, mentre l’Unione Europea ne produce appena il 12%. Questa enorme differenza è dovuta principalmente al sistema americano basato su incentivi economici per i donatori.

Negli Stati Uniti, i centri di donazione offrono compensi sostanziosi: fino a 100 dollari (circa 89 euro) per la prima donazione e fino a 700 dollari per le prime otto donazioni. I donatori possono donare plasma due volte a settimana con un intervallo minimo di due giorni, arrivando fino a 104 donazioni all’anno.

In Europa, solo quattro paesi permettono incentivi monetari per la donazione di plasma: Austria, Repubblica Ceca, Germania e Ungheria. Questi rappresentano il 50% della raccolta europea di plasma attraverso organizzazioni commerciali. I compensi variano significativamente. La Repubblica Ceca offre 900 corone ceche (36 euro) per donazione, con programmi fedeltà che offrono vitamine e persino telefoni nuovi; la Germania: fino a 45 euro per donazione, con possibilità di donare 60 volte l’anno; l’Austria fino a 35 euro per donazione, massimo 50 donazioni annue; infine l’Ungheria: circa 32 euro per donazione, fino a 45 volte l’anno.

 I rischi del sistema a pagamento

Il pagamento per il plasma solleva preoccupazioni serie. L’Organizzazione Mondiale della Sanità avverte che gli incentivi economici attirano spesso persone in difficoltà finanziarie, frequentemente malnutrite e in cattive condizioni di salute. In Ungheria, ad esempio, membri della comunità Rom in condizioni di estrema povertà hanno trasformato la donazione di plasma nella loro principale fonte di reddito. Alcuni individui arrivano a donare fino a 300 volte l’anno, mettendo a serio rischio il loro sistema immunitario.

Il modello danese

La Danimarca rappresenta un esempio virtuoso. Nonostante abbia iniziato la raccolta di plasma solo nel 2014, il paese dovrebbe raggiungere l’autosufficienza entro il 2028 attraverso centri di donazione volontaria non retribuita finanziati pubblicamente.

Secondo Bernardo Rodrigues dell’European Blood Alliance,  il problema principale degli incentivi è che creano una base di donatori più ristretta ma che dona molto più frequentemente. Durante crisi come la pandemia Covid-19, questi sistemi si sono rivelati più vulnerabili. Inoltre, l’uso eccessivo di incentivi non solo scoraggia la partecipazione volontaria, ma contribuisce anche alla stigmatizzazione dei donatori come persone in condizioni di povertà.

La sfida europea

Per raggiungere l’autosufficienza, l’Europa deve affrontare una realtà scomoda: 16 paesi Ue non hanno ancora programmi di raccolta plasma. La soluzione, secondo gli esperti, passa attraverso investimenti pubblici in centri di donazione volontaria e il miglioramento dell’accessibilità.
 «Più luoghi hai per le donazioni e più a lungo rimangono aperti, più persone entreranno dalla porta», sottolinea Peter O’Leary, direttore esecutivo dell’European Blood Alliance.

In un’epoca in cui l’Ue cerca l’autonomia strategica, la dipendenza dal plasma americano rappresenta un esempio plateale di quanta strada ci sia ancora da fare per raggiungere una vera indipendenza nelle risorse vitali.