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A lanciare l’allarme è 24ORE Business School, in occasione della Giornata Mondiale delle PMI del prossimo 27 giugno. I dati dipingono un panorama poco incoraggiante: solo il 51% delle piccole e medie imprese italiane include percorsi formativi stabilmente nella propria strategia e una su tre non ne prevede di alcun tipo. Il risultato è un evidente scollamento tra il mondo produttivo e le competenze richieste per affrontare le nuove sfide del mercato globale.

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Il punto di partenza è un dato demografico che pesa sul presente e, soprattutto, sul futuro: solo due imprenditori su dieci hanno una laurea, con una forte incidenza di titolari over 60. Una composizione che, unita a un’imprenditorialità giovanile tra le più basse d’Europa, rende difficile il passaggio di consegne generazionale e il rinnovamento culturale del tessuto imprenditoriale.
In questo scenario, la formazione continua diventa un’urgenza strutturale, ma rimane spesso percepita come un’attività teorica, distante dalla pratica quotidiana. Le PMI cercano invece percorsi capaci di offrire strumenti concreti, che abbiano un impatto diretto su produttività e performance.

Le competenze più richieste e i profili più ricercati

Secondo l’analisi di 24ORE Business School, fondata su di un rapporto continuativo con oltre 1.300 aziende, le skill più ricercate sono, con poca sorpresa, quelle che permettono di agire subito e con efficacia. In testa si trovano le soft skill come leadership, comunicazione e gestione dello stress, seguite da competenze commerciali, project management e conoscenze economico-finanziarie di base.

Coerentemente, i profili più richiesti sono quelli capaci di integrare visione e operatività: Project Manager, Sales Manager, Marketing Specialist, HR Manager e Responsabili dell’area amministrazione, finanza e controllo.

Le imprese che decidono di investire seriamente in formazione tendono a farlo seguendo filoni specifici. Tra i temi dominanti emergono la sostenibilità ambientale e la transizione green, la trasformazione digitale spinta dai Big Data, l’adozione concreta dell’intelligenza artificiale, l’innovazione nei modelli di business e la gestione del passaggio generazionale. Una certa attenzione viene riservata anche ai nuovi modelli organizzativi e alla valorizzazione delle risorse umane.

Uno strumento potente, eppure sottovalutato

Fabio Papa, economista e coordinatore scientifico dei Master in Gestione e Strategia d’Impresa di 24ORE Business School, sottolinea come la formazione sia in grado di generare valore reale e misurabile: “Le PMI che investono nella crescita delle competenze ottengono effetti immediati: processi più efficienti, decisioni più rapide, performance superiori. È una scelta strategica, non accessoria. Serve una cultura del sapere che non si fermi alla tecnica, ma che includa anche la capacità di ascoltare, motivare, guidare”.

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Il nodo più urgente, secondo l’economista, è proprio quello del ricambio generazionale, ancora troppo timido e privo di una visione sistemica. Solo un cambio di paradigma — che veda la formazione come investimento e non come costo — può garantire la sopravvivenza e la crescita del tessuto produttivo italiano.




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