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Appalti UE, stop parziale alle imprese della Cina nel settore medico


L’UE ha limitato l’accesso delle aziende cinesi agli appalti per dispositivi medici, in risposta alle discriminazione dei bandi della Cina.

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Nel quadro di crescenti tensioni commerciali tra l’Unione Europea (UE) e la Cina, la Commissione europea ha adottato una misura restrittiva che limita l’accesso delle imprese cinesi agli appalti pubblici europei nel settore dei dispositivi medici.

In particolare, saranno esclusi dai bandi di gara relativi a forniture superiori ai 5 milioni di euro, e sarà imposto un tetto del 50% alla quota di componenti cinesi nei progetti aggiudicati. La decisione, frutto della prima applicazione concreta del Regolamento sugli appalti internazionali (IPI), è una reazione alla sistematica esclusione delle aziende europee dal mercato degli appalti pubblici cinese.

La mossa dell’UE non arriva in un momento qualunque. Proprio mentre si avvicina il summit che celebra mezzo secolo di relazioni diplomatiche tra Bruxelles e Pechino, le divergenze economiche tra i due blocchi sembrano acuirsi. Oltre al tema degli appalti, pesa il contenzioso legato ai dazi imposti dall’UE sulle auto elettriche cinesi. Tali misure sono considerate una risposta ai sussidi statali cinesi al proprio settore automobilistico. Ad incrementare le tensioni, vi sono poi le questioni geopolitiche connesse alla posizione della Cina rispetto al conflitto russo-ucraino.

Appalti UE-Cina: il nodo dei dispositivi medici

L’azione della Commissione europea arriva al termine di un’indagine avviata nell’aprile 2024 e i relativi risultati hanno del sorprendente. L’87% delle gare pubbliche in Cina per dispositivi medici risulta inaccessibile ai produttori e fornitori europei. Secondo Bruxelles, questo avviene a causa di barriere legali, requisiti arbitrari e pratiche amministrative che sfavoriscono sistematicamente le aziende provenienti dagli Stati membri dell’UE. Come si evince, si tratta di quasi nove appalti pubblici su dieci.

Nel frattempo, però, il flusso commerciale va in direzione opposta. Tra il 2015 e il 2023, le esportazioni cinesi di dispositivi medici verso l’UE sono più che raddoppiate. Siamo in presenza, dunque, di una situazione sbilanciata. L’UE continua ad accogliere prodotti cinesi in un mercato aperto, mentre le imprese europee si vedono spesso escluse da gare pubbliche in Cina, anche quando sarebbero in grado di offrire prodotti altamente competitivi e tecnologicamente avanzati.

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Una risposta proporzionata, ma con possibili eccezioni

L’asimmetria sopra descritta ha portato l’UE a ricorrere per la prima volta allo strumento per gli appalti internazionali (IPI), un meccanismo normativo pensato proprio per tutelare le imprese europee nei confronti degli Stati terzi che adottano misure restrittive. Il provvedimento, spiega la Commissione, è calibrato in modo da garantire la continuità e la sicurezza delle forniture per i sistemi sanitari dei Paesi UE, con deroghe possibili qualora non esistano alternative valide.

L’esecutivo di Bruxelles ha difeso la legittimità delle misure adottate. Nel dettaglio, la Commissione europea ne ha sottolineato la compatibilità con gli obblighi internazionali assunti dall’UE, anche nel quadro dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC). Detta in altri termini, l’Unione non è vincolata al rispetto di impegni in materia di appalti nei confronti della Cina. Pertanto, non è tenuta a garantire libero accesso al proprio mercato in assenza di un trattamento equo.

In tale prospettiva, la Commissione europea ha definito la propria decisione quale risposta «proporzionata», ma reversibile allo stesso tempo. L’UE, infatti, non ha chiuso la porta al confronto. Bruxelles ha dichiarato la propria disponibilità a sospendere o revocare le restrizioni, qualora Pechino fornisca risposte concrete e verificabili che pongano fine alle pratiche discriminatorie.

La reazione del Dragone cinese

La reazione di Pechino non si è fatta attendere. Dura la critica mossa dal Dragone cinese nei confronti dell’UE. In particolare, la Cina ha accusato l’Unione di usare «doppi standard» e di nascondere pratiche protezionistiche dietro la retorica della concorrenza leale. Secondo il Governo di Pechino, Bruxelles applicherebbe regole differenti a seconda della convenienza politica del momento.

In questo scenario, il confronto rischia di irrigidirsi ulteriormente. Se da un lato l’UE chiede maggiore apertura e reciprocità, dall’altro la Cina sembra pronta a difendere il proprio modello economico, anche a costo di nuove frizioni. La misura adottata rappresenta quindi un precedente importante, che potrebbe ispirare decisioni simili in altri settori o da parte di altri attori internazionali.

Riflessioni sulla questione appalti UE-Cina

La vicenda in esame conferma un cambio di strategia da parte dell’UE. Dopo anni di approccio improntato al dialogo e alla mediazione, Bruxelles mostra di essere disposta a usare strumenti concreti per proteggere i propri interessi economici e industriali. L’applicazione del Regolamento IPI segna un passaggio simbolico e pratico verso un’Europa più assertiva sul piano commerciale.

La partita è tutt’altro che chiusa. Nei prossimi mesi sarà fondamentale capire se da Pechino arriveranno segnali di apertura o se, al contrario, il confronto si irrigidirà ulteriormente. In gioco non ci sono solo gare d’appalto e forniture mediche, ma la definizione di un nuovo equilibrio economico tra due giganti che, sempre più spesso, si trovano su sponde opposte.

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