Dopo aver passato il precedente quinquennio a costruire faticosamente un corpus di normative sulla sostenibilità delle imprese, le istituzioni dell’Unione europea ora virano verso un unico obiettivo: semplificarle. Era la fine di febbraio quando la Commissione europea ha presentato il primo pacchetto Omnibus. Vale a dire una lunga serie di misure che ridimensionano la direttiva sulla rendicontazione di sostenibilità (Csrd), la tassonomia ambientale, la direttiva sulla due diligence (Csddd) e il meccanismo di adeguamento della CO2 alle frontiere (Cbam).
Il mandato negoziale del Consiglio dell’Unione europea, espressione diretta dei governi nazionali, non si ferma ad accogliere questa linea, ma rilancia. Chiedendo una riduzione ancora più marcata dei requisiti e del numero di imprese coinvolte. Quando anche il Parlamento europeo avrà adottato la sua posizione negoziale, inizierà il trilogo per poi giungere a un accordo definitivo.
La rendicontazione di sostenibilità diventa un obbligo per poche grandi aziende
Tra le normative su cui il pacchetto Omnibus interviene in modo più netto c’è la Csrd, la direttiva che rende più uniformi e attendibili gli standard per la rendicontazione di sostenibilità. Sulla carta, dovrebbe applicarsi a tutte le imprese europee che superano almeno due di queste tre soglie: 250 dipendenti, 40 milioni di euro di fatturato netto e un attivo di bilancio di 20 milioni di euro. Sarebbero quindi 50mila, un bel balzo in avanti rispetto alle 11.600 della precedente direttiva (nota come Nfdr, Non financial disclosure regulation). La Commissione, però, propone di passare da 250 a 1.000 dipendenti, con 50 milioni di euro di fatturato, escludendo le Pmi quotate. Da 50mila imprese, così, si tornerebbe a circa 10mila.
Ma questo drastico ridimensionamento non sembra ancora sufficiente per placare la sete di semplificazione delle istituzioni europee. Tant’è che a un certo punto, alla commissione Affari economici e monetari (Econ) del Parlamento europeo, si è parlato di alzare la soglia a 3mila dipendenti. Il Consiglio dell’Unione europea resta sui mille dipendenti, ma porta a 450 milioni di euro i ricavi netti minimi per essere sottoposti alla Csrd. Con una clausola di revisione che potrebbe permettere, in futuro, di tornare ad ampliare il perimetro di rendicontazione per avere a disposizione sufficienti informazioni sulla sostenibilità delle aziende.
Pacchetto Omnibus: la due diligence perde forza e contenuto
Imponenti anche le modifiche proposte alla due diligence, la direttiva che impone alle grandi imprese di vigilare sul rispetto dell’ambiente e dei diritti umani nella catena di fornitura. L’ambito di applicazione è da sempre terreno di scontro, tant’è che i negoziati erano sull’orlo del fallimento e sono andati a buon fine – ad aprile 2024 – solo a patto di restringere gli obblighi alle aziende con più di mille dipendenti e 450 milioni di euro di fatturato. Con il pacchetto Omnibus, la Commissione non ha toccato questi requisiti. Ma ci ha poi pensato il Consiglio, chiedendo di alzare la soglia a 5mila dipendenti e 1,5 miliardi di euro di ricavi netti. Secondo il database del centro di ricerca indipendente SOMO, nella sua forma attuale la Csddd si applicherebbe ad appena 3.300 soggetti europei, lo 0,05 per cento del totale. Con questo ulteriore cambiamento, ne rimarrebbero solo 997.
La Commissione aveva ipotizzato di esercitare la due diligence solo sulle attività che l’azienda gestisce in prima persona, sulle controllate e sui partner commerciali diretti. In gergo, si parla di Tier 1. L’unica eccezione è quella in cui ci sono prove di impatti negativi negli altri anelli della filiera, quelli più lontani: in tal caso, l’azienda è tenuta a intervenire. Il Consiglio è dello stesso parere, ma aggiunge un elemento in più: “Le imprese non dovrebbero più essere tenute a svolgere un esercizio di mappatura completo, bensì a effettuare un esercizio esplorativo più generale”. Insomma, possono concentrarsi soltanto sugli ambiti più delicati, tralasciando tutto il resto. Come se non bastasse, il Consiglio vuole rinviare ulteriormente il recepimento della Csddd: con lo stop the clock era già passato da luglio 2026 a luglio 2027, ma la richiesta è di aspettare fino a luglio 2028.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link