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Sindacati preoccupati per il futuro di Porto Marghera dopo la bocciatura dell’inceneritore


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Dopo lo stop della Commissione regionale all’inceneritore Eni, i sindacati esprimono preoccupazione per il futuro industriale di Porto Marghera. Il progetto dell’inceneritore non è direttamente collegato alle altre attività della multinazionale, ma allo tempo l’Eni ha comunicato l’intenzione di «avviare le opportune riflessioni in merito al rilancio dell’area industriale, di cui questo impianto era parte rilevante».

Difatti oggi Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil, assieme alla Rsu (Rappresentanza sindacale unitaria), in una nota parlano di una «grave situazione» venutasi a creare in Eni Versalis, che, secondo i sindacati, non starebbe rispettando gli impegni assunti nel 2022 in occasione della chiusura del cracking. Tali impegni, ricordano i sindacati, prevedevano una serie di investimenti nel settore della chimica di base. «Al contrario – denunciano – oggi ci troviamo di fronte a un pericoloso arretramento. Tra i progetti annunciati nel 2022 e successivamente rivisti nel 2023 era compreso anche l’impianto di essiccamento fanghi, a carico di Eni Rewind. Anche questo intervento non verrà più realizzato» a causa, appunto, del parere negativo della Commissione di valutazione di impatto ambientale.

Piano di riorganizzazione

In questi giorni, inoltre, spiegano i sindacati, la direzione di Eni Versalis ha presentato alla Rsu «un piano di riorganizzazione che prevede una riduzione di 49 unità di personale, da attuarsi entro settembre 2025, senza possibilità di confronto o trattativa, e con la previsione di ricollocazione dei lavoratori in esubero in altre realtà del gruppo Eni, non solo nel territorio veneziano ma anche in altre regioni».

«Riteniamo che questa modalità di gestione – proseguono Cgil, Cisl e Uil – sia del tutto incoerente con quanto previsto dal protocollo di relazioni industriali “Insieme”, sottoscritto da Eni, e che avrebbe dovuto rappresentare la guida per affrontare la transizione industriale, accompagnando l’insediamento di nuove attività produttive in ottica green». Anche su questioni di minore entità, come quelle relative agli inquadramenti professionali, «la disponibilità aziendale è assente: molti lavoratori non sono correttamente inquadrati e, a fronte delle nostre richieste, Eni Versalis ha dichiarato che non sussistono le condizioni economiche per procedere agli adeguamenti».

Evidenziando che «la demotivazione e il malessere dei lavoratori hanno raggiunto livelli indescrivibili», le segreterie sindacali provinciali di Venezia e la Rsu «chiedono con urgenza l’apertura di un tavolo di crisi presso la Regione Veneto, coinvolgendo l’assessore Roberto Marcato, al fine di rivendicare l’attuazione di un vero progetto industriale per Porto Marghera».

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La politica

«Quello del Comitato tecnico regionale – commenta il senatore e segretario regionale Pd Andrea Martella – è un no ad un’opera impattante che deve essere colto come punto di ripartenza per progettare il futuro di Porto Marghera. Attorno a questa vicenda ha avuto la meglio l’impegno di cittadini, associazioni, ambientalisti e forze politiche che chiedono di fare qualcosa di nuovo per quest’area. Al tempo stesso – prosegue – Eni deve rispettare e concretizzare gli impegni e gli investimenti previsti dal piano di trasformazione di Porto Marghera».

Paolo Bonafé e Mauro Memo, di Azione Venezia, parlano di uno «scenario allarmante per il futuro industriale e occupazionale dell’area metropolitana. Esprimiamo profonda preoccupazione per quanto sta accadendo e riteniamo sbagliato minimizzare la portata del segnale arrivato da Eni. Il rischio concreto è che la principale azienda a partecipazione pubblica del Paese si disimpegni da un territorio che ha già pagato un prezzo altissimo in termini ambientali, sociali e occupazionali. Serve un’assunzione di responsabilità collettiva: da parte del Governo, della Regione, del Comune e ovviamente anche di Eni, affinché si apra subito un tavolo istituzionale con i rappresentanti sindacali e le realtà produttive».



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