Si affaccia sull’iconica piazza delle Erbe, l’antico foro romano, divenuta Piazza Grande nel Medioevo e centro nevralgico con il suo mercato, il più importante palazzo barocco di Verona, Palazzo Maffei, dove il contemporaneo dialoga con l’antico e che a qualche anno di distanza (si veda altro articolo di BeBeez) abbiamo trovato arricchito di opere nuove e di forte rappresentatività.
Una collezione in cammino quella nata dalla passione collezionistica dell’imprenditore Luigi Carlon che arreda le 29 sale espositive della Casa museo con oltre 650 opere esposte tra dipinti, sculture e arti applicate, dal periodo greco-romano ad oggi che mostrano l’eclettismo del collezionista e la sua attenzione all’arte veronese.
E, fresca di cronaca, non si può non menzionare la sedia più famosa al mondo in questo momento, che abbiamo visto scintillante, appena riparata, e che ha fatto il giro di tutti i media perché un incolto turista è scivolato volendosi fare un selfie e mandandola in frantumi. E’ l’opera preziosissima, Vanitas di Nicola Bolla, artista di Saluzzo in provincia di Cuneo, classe 1963, in cristalli Swarowski e ferro. Nato in una data simbolica per Verona, città degli innamorati, il 14 febbraio, di un anno terribile, il 2020, ha resistito tetragono ai colpi di fortuna, rilanciando la propria dinamicità.
La collezione si apre fortemente all’innovazione senza dimenticare la memoria, con Aeterna Mente, una video installazione interattiva realizzata dallo studio CameraNebbia di Milano, specializzato nelle immagini ad alta definizione, che immerge i visitatori nella storia di Palazzo e della città per cui Palazzo Maffei può diventare l’inizio o la conclusione di una visita della città, soprattutto per chi ha poco tempo o viene per la prima volta a Verona. La Project Room di Palazzo Maffei si trasforma così in un ambiente digitale per un viaggio immersivo in cui opere d’arte, architetture, documenti d’archivio formano un paesaggio surreale da percorrere alla scoperta, attraverso i secoli, del contesto storico e urbano, del palazzo e dei suoi decori.
Immagini storiche che prendono vita, dipinti e affreschi in cui è possibile immergersi, mappe antiche come territori navigabili, con semplici gesti su un touch screen. Parallelamente una proiezione immersiva amplifica la navigazione generando uno scenario visivo condiviso.
Digitalizzazioni ad alta risoluzione e rilievi fotogrammetrici permettono di consultare documenti storici, osservare nel dettaglio elementi architettonici e pittorici che vengono così resi accessibili e fruibili con un approccio ludico. La fruizione dell’installazione è organizzata in capitoli cronologici che ripercorrono la storia di Verona e dell’edificio. Si inizia dalle origini della Verona Romana, per proseguire con la Verona medievale, quella dei secoli XV e XVI con la costruzione del palazzo sui resti del Capitolium quando la famiglia Maffei si trasferì da Bologna; dunque il Settecento e il secolo successivo, periodi cui risalgono le pitture murali dei piani nobili. Il percorso si conclude con un excursus sul XX secolo, arrivando fino ai giorni nostri. Aeterna Mente ha reso possibile la digitalizzazione di opere di grande valore storico-artistico quali l’iconografia rateriana concessa dalla Fondazione Capitolare di Verona e l’iconografia di Verona. Il ritmo dell’anonimo pipiniano volgarizzato, commentato e difeso (1773) concessa dall’Accademia di Agricoltura, Scienze e Lettere di Verona; alcune incisioni del volume Antiquitatum ealeVeronensium Libri VIII dell’ecclesiastico Onofrio Panvinio (1530 – 1568), conservato nella Collezione Carlon e in cui evidente è la mancanza a quel tempo nel centro città di Palazzo Maffei; le incisioni settecentesche del mercante e botanico tedesco Johann Christoph Volkamer, che riporta anche il giardino pensile realizzato dai Maffei sulla terrazza che corona l’edificio Tante le collaborazioni per realizzare quello che sarà anche un importante strumento di divulgazione e conoscenza della storia della città: il Ministero della Cultura e la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto, che ha dato un supporto nella raccolta dei dati della fonte L’Area del Capitolium di Verona; le istituzioni e i soggetti che hanno fornito documenti, testimonianze storiche, immagini e consulenze e dunque, accanto alla Biblioteca Capitolare e all’Accademia di Agricoltura, Scienze e Lettere di Verona, anche la Libreria Antiquaria Perini, l’Archivio del giornale L’Arena, la Biblioteca Civica di Verona, i Musei Civici di Venezia, il Centro internazionale di studi di architettura Andrea Palladio e l’anonimo benefattore dei lucidi di Palazzo Maffei.
Con Borderland di Manuel Gardina (Brescia, classe 1990, artista multimediale formatosi all’Accademia di Brera di Milano), a cura di Serena Tabacchi, il Museo esplora la sottile frontiera tra il reale e il virtuale, tra l’umano e il digitale, creando un limbo di possibilità infinite. In quest’opera generativa digitale e interattiva, fortemente voluta dal fondatore del Palazzo, da sempre attento alle avanguardie e alle nuove espressioni artistiche e sensibile al sostegno dei giovani, s’incontrano arte e intelligenza artificiale. Si tratta di una grande “tela” digitale, ideata ad hoc sulla quale paesaggi, iconografie e ritratti di alcuni capolavori della collezione si fondono, generando scenari senza precedenti grazie all’apprendimento degli stimoli che Manuel Gardina fornisce all’intelligenza artificiale e anche grazie allo spettatore che, interagendo, diventa co-autore dell’opera stessa in tempo reale. In essa il visitatore potrà riconoscere volti e paesaggi di alcuni dei capolavori presenti nella collezione museale – Picasso, Boldini, Magritte, Hokusai, van Wittel, Brentana e altri – rielaborati attraverso algoritmi generativi, con l’intento di provocare una riflessione sulla visione che un’intelligenza artificiale produce nei confronti di tali opere, creando un ponte, grazie alla natura immersiva del digitale, tra l’arte del passato e il pubblico di oggi. La grande “tela”, ideata in un continuo scambio tra l’artista e la curatrice Serena Tabacchi, è forse la prima nel suo genere a essere acquisita ed esposta all’interno di un museo. Avvicinandosi allo schermo, l’opera percepisce il nostro movimento, trasformandolo in una pennellata digitale. I soggetti scelti nella collezione si susseguono e si fondono tra loro, creando una stratificazione di apprendimento per l’intelligenza artificiale, per cui Borderland è concepita per evolvere costantemente, restituendo una versione ogni volta irripetibile della realtà, in dialogo con chi la osserva. Paesaggi, iconografie e ritratti si fondono, generando scenari senza precedenti in cui lo spettatore non è solo osservatore ma diventa co-autore dell’opera stessa e in tempo
Molte le acquisizioni che costituiscono un percorso all’interno del percorso museale, rendendo il museo un’esperienza sempre nuova per chi vi entra, e costruendo, nello spirito del fondatore, un mosaico dove si riempiono di volta in volta i tasselli mancanti di una mappa ideale dell’arte. Recentemente infatti il Palazzo ha avviato anche una politica di scambi e prestiti con altre istituzioni per aumentare l’eco.
Tra le novità le ceramiche di Picasso, in una vetrina dove in particolare abbiamo notato un vassoio con scene di corrida, opera del 1953, arrivata proprio pochi giorni prima della nostra visita, interessante perché è realizzata in Francia dallo stesso artista che non delega la fattura, essendo affascinato proprio dalla creazione da zero in quest’arte.
Spicca Monsieur Jerome di Amedeo Modigliani, opera del 1915, uno dei pochi ritratti maschili dell’artista livornese; e un disegno dell’artista svizzero tedesco Paul Klee, che imita la profondità di una serie di case, entrato in collezione la scorsa settimana.
Di forte impatto il grande Tondo di Emilio Vedova, del 1985, che parte dall’idea del cerchio perfetto per analizzare la propria interiorità che diventa un vortice.
Il secondo piano ha la cifra curatoriale di Gabriella Belli, tra i fondatori del Mart di Rovereto, spazio che inizia con l’Antiquarium, facendo un salto indietro nel tempo, dove rispetto al primo piano l’ordine cronologico – sebbene ci sia in tutta la collezione il dialogo tra vecchio e nuovo – cede il passo a quello tematico e ogni stanza diventa una meditazione.
All’inizio del 2025 è arrivata l’opera più antica di Palazzo Maffei, una barca funeraria del Medio Regno d’Egitto risalente al 1939 a.C. della quale si è conservata anche la vela ammainata, una vera delizia. Non tra le ultime opere ma straordinaria la Grande Onda di Kanagawa di Katsushika Hokusai (Edo, l’antica Tokyo, 1760-1849) accostata ad altre xilografie originali giapponesi della seconda metà dell’Ottocento, “la più famosa immagine al mondo” come l’ha definita il British Museum, considerato il miliardo di visualizzazioni su Google contro i 130 milioni della Gioconda di Leonardo e i 13 milioni di Guernica di Picasso; simbolo delle opposte tensioni provate dall’uomo nei confronti della forza mare: il terrore ancestrale verso l’ignoto e il desiderio incombente di superare le proprie paure, per valicare anche gli ostacoli apparentemente insuperabili.
La Grande Onda, parte della raccolta di xilografie a colori su carta Le trentasei vedute del monte Fuji, è stata pubblicata in Giappone a partire dal 1830 da Nishimuraya Yohachi. Al mondo si contano pochi esemplari originali di questa xilografia, conservati nei più prestigiosi musei e nelle maggiori istituzioni internazionali – dal Metropolitan Museum di New York alla Biblioteca nazionale francese – e in Italia ne esistono solo altri tre esemplari, rispettivamente al Museo Chiossone di Genova e gli altri nei musei di Arte Orientale di Trieste e di Torino. Il valore simbolico dell’opera è dovuto anche all’influenza esercitata dall’arte giapponese su artisti, letterati e musicisti tra Otto e Novecento da Manet, Monet, Degas, Pissarro, Kandinsky e Klimt, a Van Gogh che riprese in molti suoi dipinti le tecniche dello stile giapponese ukiyo-e, o le “immagini del mondo fluttuante”. In particolare esercitò una folgorazione su Claude Debussy nella composizione della sua opera sinfonica La Mer, che egli volle espressamente riprodurne l’immagine sulla copertina della partitura originale.
L’appuntamento è in autunno con altre novità ancora top secret.
a cura di Ilaria Guidantoni
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