Il G7 si piega: Trump detta la linea, l’Europa cede in silenzio
La scena è grottesca: il G7, nato per regolare e armonizzare la governance globale, si è trasformato nel teatro della resa dell’Occidente. A dominare, ancora una volta, è Donald Trump, che ha ottenuto ciò che voleva: l’esclusione delle multinazionali digitali americane dalla tassa minima globale.
Una decisione che smonta quattro anni di negoziati e stravolge lo spirito stesso dell’accordo del 2021. L’Unione europea si è piegata all’ultimatum della Casa Bianca: o rinunciate alla digital tax o scatteranno ritorsioni. Risultato: vittoria piena per Washington, sconfitta per la credibilità dell’Europa.
Una resa mascherata da compromesso
Le parole di Giancarlo Giorgetti raccontano il clima di rassegnazione: “È un onorevole compromesso che protegge le nostre imprese da ritorsioni automatiche”. In realtà, è una resa preventiva.
La minaccia statunitense era già scritta nell’emendamento del One Big Beautiful Bill Act: chi impone tasse alle aziende americane sarà colpito da contromisure automatiche. Il nome è grottesco, ma l’effetto è devastante.
Il pressing americano ha spinto i partner a convergere su una soluzione “di salvaguardia della sovranità fiscale”. Ma la realtà è diversa: a essere salvaguardate sono state solo le imprese Usa.
Un accordo che salva i giganti digitali
Il nuovo testo introduce un meccanismo parallelo al “Secondo Pilastro” dell’accordo Ocse, che prevedeva un’aliquota minima del 15% per le multinazionali sopra i 750 milioni di euro di ricavi.
Ora, i gruppi americani – come Apple, Google, Amazon e Meta – saranno esclusi dalla “regola di inclusione globale” e dalla “regola dei profitti non tassati”.
La motivazione ufficiale è che pagano “abbastanza” negli Usa. Ma quel “qualcosa” è spesso frutto di ottimizzazione fiscale aggressiva che sposta il carico nei Paesi dove i ricavi sono generati: cioè in Europa, Asia e America Latina.
La trappola geopolitica: l’Europa esce a pezzi
I Paesi europei più esposti – Francia, Italia, Spagna, Germania – avrebbero potuto tenere il punto. E invece hanno preferito evitare il conflitto.
La Francia è rimasta isolata nella difesa della digital tax del 2019. L’Italia ha barattato il gettito fiscale con la “protezione” dalle vendette trumpiane.
Il principio della tassazione globale è stato svuotato: chi è abbastanza potente può ottenere deroghe. Una brutta pagina per il multilateralismo.
Secondo un’analisi indipendente, la rinuncia alla global tax per le Big Tech potrebbe costare all’Europa oltre 20 miliardi di euro l’anno. L’equivalente di una manovra finanziaria italiana ogni cinque anni.
Trump esulta, i mercati brindano
Dall’altra parte dell’Atlantico, l’atmosfera è opposta. Trump ha celebrato l’accordo come un “grande giorno per il libero mercato americano”, ringraziando “i grandi negoziatori del Tesoro Usa e le aziende che creano ricchezza”.
Wall Street ha reagito con entusiasmo: il Nasdaq ha chiuso a +2,4%. Apple ha guadagnato il 3,1%, Alphabet il 2,7%, Meta il 2,9%. Il segnale è chiaro: meno tasse, più utili.
Un G7 senza peso: l’Ocse avverte
L’accordo non è vincolante. Ma il peso politico del G7 potrebbe spingere molti Paesi a seguirne l’esempio, svuotando la tassa minima globale.
Le ong internazionali hanno reagito duramente: un patto scellerato che lascia il conto a lavoratori e piccole imprese.
Una tassa per i deboli, un privilegio per i forti
Il sogno di una tassazione equa prevedeva che “le multinazionali pagheranno ovunque operano”. Ma dopo il G7 2025, pagheranno solo le imprese che non possono dettare legge.
Le Big Tech americane, con la protezione di Trump, si sono costruite un mondo fiscale su misura. I cittadini europei continueranno a pagare, le imprese vedranno aumentare la pressione per coprire i buchi lasciati dai colossi digitali.
L’America di Trump ha vinto. L’Europa ha scelto di sopravvivere. Ma il prezzo della sottomissione sarà altissimo.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link