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A Meana il primo congresso nazionale dei Paesaggi rurali storici in Sardegna


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In un angolo di Sardegna dove la fatica del lavoro scava solchi profondi come i filari di vite, Meana Sardo alza i calici. Non è solo vino, quello che gorgoglia nei bicchieri: è speranza, è orgoglio, è una scommessa sul futuroe nelle sue radici. Nella Barbagia Mandrolisai che combatte lo spopolamento ha preso il via il primo Congresso nazionale dei Paesaggi Rurali Storici in Sardegna. I protagonisti? I vigneti eroici di alta collina, viti centenarie che si arrampicano su pendii impossibili, allevate ad alberello senza l’ombra di un trattore. “Eroico” non è un aggettivo poetico, qui: è un marchio tecnico, un sigillo che racconta di mani callose e gesti antichi, di bingiatteris che vinificano in cantine che sembrano uscite da un presepe.

Il congresso, ospitato in questo paese di poche anime ma di grandii cuori ha messo in scena una Sardegna che ma si rimbocca le maniche. A cominciare dal sindaco Salvatore Marras e da Sebastiano Antico Congiu, primo cittadino di Oliena, con Giuseppe Melis, docente di marketing turistico all’Università di Cagliari, a fare da timoniere ai lavori. Ma è con Orazio Locci, dell’Agenzia regionale Laore, che il discorso si fa concreto: “Meana Sardo sia stato il primo comune in Sardegna, nel 2023, a ottenere l’iscrizione dei propri vigneti nel Registro nazionale dei paesaggi rurali storici”. Un traguardo che non è una medaglia da appendere al petto, ma un punto di partenza. Locci non usa giri di parole: servono finanziamenti, serve cambiare regole che obbligano i piccoli produttori a trasformarsi in aziende strutturate – un’utopia per molti – o a usare barbatelle commerciali che snaturano la biodiversità di questi vigneti. È una battaglia per l’identità, non solo per il vino.

E poi c’è Aldo Buiani, agronomo ed enologo, che parla con la passione di chi vede nei filari non solo uva, ma una storia da raccontare. Evoca il “Romanée-Conti” in Borgogna, dove una bottiglia può costare “12.000 sterline”, e lo fa per dire che il valore di un vino non è solo nel bicchiere, ma nel paesaggio, nella memoria, nelle mani che lo coltivano. Il Mandrolisai, dice, non è solo un vino: è una narrazione culturale, un’epopea di bellezza e fatica che va venduta al mondo come tale.

Mauro Agnoletti, titolare della cattedra Unesco “Paesaggi del Patrimonio Agricolo” e presidente dell’Associazione Paesaggi Rurali di Interesse Storico, alza lo sguardo oltre i confini sardi. Con la sua voce autorevole, avverte: questi paesaggi sono un patrimonio mondiale, ma rischiano di essere schiacciati dall’agricoltura intensiva, quella che trasforma la terra in una fabbrica. A Meana, invece, si parla di futuro, e lo fa anche Marco Demuru, presidente della neonata Associazione Vigneti Eroici di Meana Sardo. La sua missione? Dare voce ai piccoli produttori, quei bingiatteris che lavorano nell’ombra, e trasformarli in protagonisti di un’economia che non lasci indietro nessuno.

Gianfranca Salis, archeologa del Ministero della Cultura, tesse un altro filo: quello tra la vite e la memoria, tra i filari e i nuraghi, come se la terra di Meana fosse un libro aperto, scritto in secoli di sudore. E poi c’è Vera Rossi, dal Trentino, che porta l’esempio della Val di Cembra: un modello di come la viticoltura eroica possa diventare orgoglio e volano economico. L’assessore regionale all’Agricoltura, Gianfranco Satta, chiude con una promessa: la Regione ci sarà, con progetti educativi e intergenerazionali, per dare gambe a questo sogno.

Ma Meana non si accontenta di parole. Nel pomeriggio, il paese si è acceso: cantine aperte, degustazioni di vini che sanno di terra e storia, documentari, il Coro Mediana a intonare canti che sembrano nascere dai muretti a secco, e poi la serata con “Arrogalla e Tumbas de Gavoi” a scaldare la piazza. Una festa vera, di quelle che fanno comunità. La sfida, ora, è trasformare questo patrimonio in un futuro che si possa abitare. Servono scuole, percorsi formativi, opportunità per i giovani, perché restare a Meana – o tornarci – non sia un sacrificio, ma una scelta. In quei filari curvi come le spalle dei viticoltori c’è tutto: l’orgoglio, la memoria, la bellezza. E una speranza che non si imbottiglia, ma si passa di mano in mano, come un bicchiere di rosso. Il congresso si sposta a Oliena, per un’altra giornata di confronti e sogni. La Sardegna interna non si ferma: cammina, con i piedi nella terra e gli occhi al futuro.

 

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