Il cosiddetto “Space Act” dell’Unione Europea, proposto dalla Commissione il 25 giugno 2025, è il tentativo di armonizzare le attività spaziali europee. Il regolamento si concentra sulla sicurezza, la resilienza e la sostenibilità ambientale delle infrastrutture e relativi servizi, cercando di fornire una cornice normativa comune all’interno dell’Unione Europea.
Tra gli elementi indubbiamente positivi figura la volontà di superare l’attuale frammentazione normativa, causata dalla proliferazione di leggi nazionali spesso dettate da logiche di moda più che da esigenze strategiche (sono già 13 gli Stati membri ad aver adottato normative autonome, tra cui l’ultima ad accodarsi proprio l’Italia).
Lo “Space Act” propone standard armonizzati che dovrebbero agevolare le operazioni transfrontaliere e migliorare la prevedibilità per investitori e operatori, in particolare per le PMI e le imprese del cosiddetto “New Space”. Elementi di significato: l’introduzione di un’autorizzazione unica per intere costellazioni, anziché per singoli satelliti; la maggiore durata autorizzata delle missioni; un quadro più chiaro in materia di cybersicurezza. Questo, dovrebbe rafforzare la competitività industriale e stimolare la crescita di nuovi mercati, come quelli relativi alla rimozione dei detriti orbitali e ai servizi in orbita.
Tuttavia, a dispetto del titolo ambizioso, lo “Space Act” si configura in realtà come un “Satellite Act”. L’intero impianto normativo si concentra esclusivamente sulle piattaforme satellitari in orbita terrestre.
Il problema principale in questo senso è l’assenza di una definizione chiara dei limiti di competenza. Questa lacuna rischia di generare gravi incertezze interpretative in futuro, soprattutto in vista della naturale espansione della cosiddetta in-space economy verso le orbite cislunari e lo sfruttamento delle risorse extra-atmosferiche.
In effetti, è proprio oltre l’orbita terrestre che si gioca la partita più strategica della nuova economia spaziale. L’utilizzo sistematico delle risorse extra-atmosferiche, a cominciare da quelle della superficie lunare, rappresenta l’unico percorso realistico per garantire una crescita sostenibile dell’economia globale senza compromettere l’equilibrio dell’ecosistema terrestre. Se davvero l’Unione Europea aspira a un ruolo di leadership in questo ambito, è su questo orizzonte che dovrebbe concentrarsi.
La definizione dei confini del diritto applicabile è essenziale in uno scenario operativo sempre più congestionato e competitivo. L’assenza di una chiara esclusione o inclusione dello spazio oltre l’orbita terrestre lascia ampi margini di incertezza su quali missioni ricadano sotto l’autorità dell’UE e quali, invece, rientrino nella competenza degli Stati membri o del diritto internazionale. Una maggiore chiarezza dell’ambito di competenza sarebbe necessaria per evitare sovrapposizioni e confusione.
In aggiunta, lo “Space Act” si compone di oltre 150 pagine e introduce ben 75 definizioni giuridiche. Questo livello di dettaglio tecnico, pur dettato dal desiderio di precisione, comporta un rischio concreto di burocratizzazione del settore. Gli oneri di conformità per le imprese, in particolare per le start-up, potrebbero aumentare sensibilmente, come riconosce la stessa Commissione. I costi associati agli adempimenti burocratici potrebbero rivelarsi proibitivi per gli attori di dimensioni più contenute.
L’approccio, inoltre, appare essenzialmente reattivo: si concentra sulla gestione delle minacce attuali – come collisioni, attacchi informatici e inquinamento luminoso – più che su una visione proattiva e strategica di governance dello spazio.
Un confronto con il Commercial Space Launch Act statunitense del 1984 evidenzia una divergenza di approccio: la normativa americana nasce come legge abilitante, snella e orientata a favorire lo sviluppo imprenditoriale. Al contrario, l’EU Space Act – pur mosso da intenzioni ambiziose – rischia di restare confinato all’orbita terrestre e, arriva con 40 anni di ritardo, parlando di orbite terrestri proprio nel momento in cui si apre la sfida verso lo spazio profondo.
Siamo di fronte, al meglio, a un’occasione sprecata. Proprio in un momento in cui il sistema statunitense appare disorientato e incoerente, l’Europa avrebbe potuto proporsi come guida strategica per il futuro dello spazio – ma guardando al futuro, ovvero oltre l’orbita terrestre.
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