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Quell’intreccio di norme e controlli che imbriglia gli aiuti per l’alluvione di Cervinia e Cogne


Gli aiuti a chi ha perso tutto o quasi in una calamità naturale sono come un acquedotto in cui le vasche sono piene di acqua, le condotte hanno la giusta pressione, ma se in casa apri il rubinetto aspetti mesi per veder scendere qualche goccia e anni per riempire il bicchiere. È quanto accade da sempre in Italia ed è ciò che sta succedendo in Valle d’Aosta sul fronte dell’alluvione che dodici mesi fa ha messo in ginocchio Cervinia e Cogne.

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Sommersi di pratiche

A vincere la battaglia contro quel disastro per ora è soltanto la burocrazia. Sulle scrivanie della Protezione civile valdostana ci sono 83 pratiche di imprese o famiglie che reclamano uno degli aiuti previsti, ma funzionari e impiegati che seguono l’iter sono gli stessi che devono fronteggiare anche la normale attività dell’ente, in primis le emergenze sul territorio che in una zona come la Valle d’Aosta sono all’ordine del giorno.

«Io capisco, la gente si snerva, le procedure sono molto articolate, escono di continuo norme che ci impongono controlli su controlli ed è giusto, si tratta di soldi pubblici ci mancherebbe, però queste verifiche dobbiamo farle e non sono certo velocissime – spiega un po’ sconsolato Valerio Segor, il capo della Protezione civile valdostana -. Fatichiamo molto e facciamo quel che possiamo».

Le polemiche

In questi giorni di anniversario dell’alluvione di Cogne e Cervinia si è fatto un gran parlare degli aiuti in ritardo. C’è gente che per rialzarsi dal disastro ha sborsato (o si è indebitata per) centinaia di migliaia di euro senza vedere ancora un soldo e c’è chi, del tutto legittimamente, ha già ricevuto sostanziosi aiuti senza aver visto una goccia di fango nel suo locale, perché una parte di aiuti era destinata a coprire il mancato fatturato, molto semplice da quantificare rispetto ai danni diretti. In particolare, sono i fondi stanziati dal ministero del Turismo di Daniela Santanché ad aver offerto la possibilità di coprire entrambe le tipologie di danno, diretto e indiretto. Ma il problema non è quasi mai lo stanziamento dei fondi bensì l’iter burocratico previsto per potervi accedere: una distesa di sabbie mobili in cui l’alluvionato si pianta inesorabilmente.

I primi pagamenti dei danni diretti

Ora si apre uno spiraglio sul fronte degli aiuti per i danni diretti previsti dalla Protezione civile, che sono quella tipologia di rimborso più lunga da erogare perché soggetta a perizie asseverate, fatture, bonifici e così via: i soldi ti arrivano se hai fatto i lavori e se hai tutte le carte in regola per dimostrarlo. «C’è anche gente che si lamenta ma poi scopri che non legge neppure una Pec, oppure non compila nel modo giusto una domanda o omette qualcosa. La procedura è lunga e articolata, è vero, ma è altrettanto vero che se la legge prevede certe cose tu devi rispettarla, altrimenti non puoi lamentarti se non ti arrivano i soldi» ancora Segor.

Le istruttorie avviate per accedere agli aiuti del ministero del Turismo, già erogati in buona parte e riservati alle strutture ricettive, in un primo momento erano per i soli danni materiali e sono state basate sulle stesse perizie da sottoporre anche alla Protezione civile (che si occupa invece dei danni diretti, quindi locali, merci o arredi distrutti). Ma a queste istruttorie si è poi aggiunta la parte dei danni indiretti, ossia il calo di fatturato rimborsato dallo stesso ministero, moltiplicando quindi i controlli e il lavoro.

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Le cifre

I primi ristori della Protezione civile prevedono invece un massimo di 5 mila euro per le famiglie e di 20 mila per le imprese, a fronte di spese certificate. A maggio il Dipartimento nazionale di Protezione civile ha approvato lo stanziamento di 613 mila euro per 40 domande, soldi pronti per essere erogati. A questi si aggiungono le misure regionali in deroga, che prevedono altri rimborsi in percentuale per un massimo del 70% dei danni riportati dalle attività e del 60% alle famiglie per i danni alla prima casa (40% per la seconda).

Questi aiuti, per i quali la Regione ha stanziato 3,3 milioni, prevedono però la deduzione degli ammortamenti, cioè il calcolo dell’usura del bene danneggiato. I primi bonifici della Protezione civile dovrebbero partire nelle prossime settimane, «spero entro fine agosto» dice Segor.



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