L’ex commissario europeo Paolo Gentiloni ha incontrato gli studenti dell’Università di Catania al dipartimento di Scienze politiche e alla Scuola Superiore, parlando della storia e delle attuali prospettive dell’Unione
«Proviamo a vederla così: le ‘bacchettate’, sostanziali oltre che metaforiche, che il presidente Trump riserva ogni giorno agli antichi alleati dell’Unione europea, dovrebbero darci una bella sveglia. E a questo punto, considerando anche altri aspetti non meno cruciali sebbene più datati, l’Unione deve sfruttare questa occasione per reagire. L’alternativa è quella che il Vecchio Continente rimanga l’unico erbivoro in un mondo di carnivori».
Non nasconde la gravità della situazione in cui si trova, dal punto di vista geopolitico, l’Europa a 27, l’ex commissario europeo Paolo Gentiloni, ma si augura caldamente che «l’empasse e gli imbarazzi nei quali l’Ue si trova al momento sprofondata si possano trasformare in opportunità». Giovedì mattina Gentiloni ha incontrato studenti e studentesse dell’Università di Catania nell’aula magna del Dipartimento di Scienze politiche e sociali, prima, e a Villa San Saverio, sede della Scuola Superiore dell’Ateneo, per parlare di Europa e Mediterraneo, in chiave storica ma anche prospettica.
A Palazzo Pedagaggi è stato accolto dal rettore Francesco Priolo, dalla direttrice del dipartimento Pinella Di Gregorio e dal professore Alessandro Tomaselli. Nella coreografica ex-cappella dei Gesuiti, in via Valdisavoia, gli onori di casa li hanno fatti, oltre al rettore, il presidente della Ssc e l’allievo Alessandro Motta, che ha illustrato le varie tappe della carriera politica di Gentiloni, tra cui spicca anche la presidenza del Consiglio dei ministri dal 2016 al 2018.
«Oltre alle inedite minacce del presidente Usa, il capo cioè di quella stessa superpotenza che aveva plasmato l’ordine mondiale in cui abbiamo vissuto dal dopoguerra in poi – ha spiegato il responsabile Ue per gli affari economici e monetari dal 2019 al 2024 -, vanno considerate altre certezze che sono venute a mancare in questi ultimi anni. Ad esempio il privilegio di poterci disinteressare della nostra sicurezza, appannaggio degli alleati Usa; la prospettiva di utilizzare la Cina e gli altri paesi emergenti come un inesauribile mercato da conquistare per le nostre imprese; la fiducia nei benefici effetti della globalizzazione, in particolare per i ceti medio bassi dei paesi occidentali; la disponibilità di energia a buon mercato fornita dalla Russia, un’illusione questa durata fino a pochi giorni prima dell’invasione dell’Ucraina».
Un momento dell’intervento al Dipartimento di Scienze politiche e sociali
La conclusione di quest’analisi è però incoraggiante. Dal suo punto di vista personale e istituzionale, maturato in anni di servizio ai vertici delle istituzioni nazionali e comunitarie, contribuendo tra l’altro a definire le scelte fondamentali che hanno guidato l’Italia e l’Unione europea attraverso alcuni dei momenti più complessi del nostro recente passato, Gentiloni rilancia proponendo una visione strategica e geopolitica che pone al centro il ruolo del nostro continente nel Mediterraneo allargato.
«Storicamente, l’Unione europea riesce a fare grandi passi in avanti quando si trova di fronte a situazioni ‘sfidanti’, come ad esempio la pandemia – esemplifica citando il piano NextGenerationUe -, trovando soluzioni che in condizioni di routine non riesce a mettere in campo. Occorrono lucidità, senso di responsabilità e visione d’insieme, occorre far ricorso all’autonomia strategica e alla voglia di tornare competitivi, puntando su innovazione tecnologica e semplificazione e superando una volta l’ottica ‘funzionalistica’ che ha prevalso sin dalle origini del percorso di creazione della comunità, a scapito della visione ‘federalista’. Dobbiamo puntare a una difesa comune europea, ad assumere la leadership mondiale nella transizione ecologica, dobbiamo riguadagnare posizioni nel commercio, creare un “Tesoro” europeo, come è logico che sia per una comunità che ha una sola moneta e una banca centrale».
Tra le sfide sul tavolo, proprio il Mediterraneo e l’Africa, che richiedono una visione strategica fondata su cooperazione, solidarietà e responsabilità condivisa: «Serve un’azione europea coesa, capace di affrontare le grandi transizioni in atto – energetica, climatica, migratoria – e di costruire partenariati “verticali” duraturi con i Paesi della sponda sud, con l’obiettivo di realizzare un’Europa più giusta, resiliente e protagonista nel Mediterraneo, di sfruttare le enormi opportunità economiche ma di prevenire anche potenziali pericolosissime crisi. In questi anni, le politiche di coesione hanno contribuito a diminuire le fratture economico-sociali fra i Paesi membri, ma permangono al loro interno divisioni storiche tra le varie regioni che adesso si acuiscono tra aree urbane ed extraurbane».
«Se vogliamo guardare lontano, proiettandoci verso i prossimi dieci, venti o trent’anni – ha concluso Gentiloni -, l’unica parte del mondo che cresce in termini demografici è l’Africa. Le vere sfide per i nostri figli e i nostri nipoti dipenderanno dai rapporti che riusciremo ad avere noi europei con il continente africano. Perché lì c’è la prospettiva di sviluppo, ma ci sono anche i rischi. Pensiamo al cambiamento climatico, pensiamo a quello che un’Africa che non riesce a proseguire nello sviluppo può produrre in termini di crisi. Non trascuriamo le minacce di Putin, quindi, ma al tempo stesso lavoriamo su questa dimensione ‘verticale’, occupandoci di un continente nel quale abiteranno, tra 15 anni, due miliardi di persone e che, per noi italiani, diventerà fondamentale. Oppure andremo verso un mondo in cui il gioco sarà tra americani e cinesi e l’Europa starà a guardare».
Un momento dell’intervento alla Scuola Superiore di Catania
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