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“Grandi vantaggi dal Patto per l’industria pulita”


L’ASviS “sostiene le misure del Clean industrial deal quale condizione per unificare gli obiettivi del Green deal con la competitività del sistema produttivo. Pertanto chiede al governo di preparare le condizioni favorevoli affinché il contesto nazionale possa raccoglierne tutti i molteplici benefici”. Si tratta di uno dei messaggi lanciati da Luigi Di Marco, della Segreteria generale dell’Alleanza, in occasione dell’audizione alla Camera dei deputati sul “Patto per l’industria pulita”, tenutasi il 2 luglio presso la Commissione “Attività produttive, commercio e turismo”.

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Durante il suo intervento Di Marco ha ricordato che il Patto per l’industria pulita ha il merito di mettere insieme obiettivi di decarbonizzazione e misure legate alla riduzione dei prezzi dell’energia, senza dimenticare l’importanza dell’economia circolare e dell’occupazione di qualità.

Particolare importanza è stata posta alle competenze – inclusi la formazione e l’aggiornamento professionale – e alla capacità d’innovazione. “Formare, trattenere e attrarre i talenti necessari è condizione prioritaria affinché il sistema produttivo nazionale sia in grado di progettare e di saper gestire le azioni trasformative del Patto”, ha detto Di Marco. “Colmare il deficit di competenze secondo recenti stime dell’Ocse può incrementare di circa 30% la capacità produttiva nazionale”.

In questo contesto è necessario che il governo riveda al rialzo gli stessi obiettivi del Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec). L’Italia dispone infatti di condizioni geografiche favorevoli — pensiamo al sole tutto l’anno e una minore domanda energetica nei mesi invernali — che rappresentano un vantaggio competitivo rispetto alla media Ue. Questi elementi, tuttavia, restano ancora parzialmente inespressi in termini economici e di pianificazione. È quindi necessario valutare un innalzamento del livello di ambizione anche a livello europeo, integrando le nuove misure previste dal Patto per valorizzare appieno il potenziale nazionale in materia di energie rinnovabili ed efficienza energetica.

Nel valutare i vantaggi e i relativi livelli di ambizione da definire a livello nazionale, il governo dovrebbe tenere conto di una serie di fattori strategici. Tra questi, la necessità di ridurre la dipendenza energetica, che in Italia si attesta attorno al 74% contro una media Ue del 58%, e dalle materie prime, pari al 46,6% rispetto al 22,4% della media europea. Si tratta di dati che assumono particolare rilevanza in un contesto caratterizzato da instabilità geopolitica e incertezze sul futuro.

A ciò si aggiunge l’urgenza di contrastare la povertà energetica, destinata ad aggravarsi con la prossima entrata in vigore dell’Emission trading system 2, attraverso una decarbonizzazione più incisiva del mix energetico nazionale. Va inoltre considerata la possibilità di ridurre l’inquinamento atmosferico e le relative conseguenze sanitarie, tra cui oltre 70 mila morti premature all’anno stimate a causa della scarsa qualità dell’aria. Fondamentale sarà poi garantire il rispetto dei principi sanciti dagli articoli 9, 32 e 41 della Costituzione, nonché degli impegni assunti a livello internazionale, tra cui l’Accordo di Parigi, l’Agenda 2030 e il Patto sul futuro.

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“Il governo dovrà assicurare che le politiche adottate contribuiscano alla riduzione delle disuguaglianze, integrandosi con le politiche di coesione e le risorse pubbliche europee e nazionali. Fondamentale sarà l’attivazione dei meccanismi di coerenza delle politiche previsti nel Programma d’azione nazionale per la coerenza delle politiche per lo sviluppo sostenibile, includendo il principio Do no significant harm – non arrecare un danno significativo all’ambiente – e promuovendo processi decisionali partecipati da stakeholder e società civile”, ha concluso Di Marco.



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