Contributi e agevolazioni

per le imprese

 

Il requisito dell’incremento occupazionale netto anche nel Centro-Nord


Il 18 giugno 2025 è un giorno molto importante per le aziende e gli operatori che le assistono: in quella data è stato pubblicato il messaggio n. 1935 con il quale l’INPS informa che dal 1° luglio 2025 il requisito dell’incremento occupazionale netto per le assunzioni incentivate previste dagli articoli 22 e 23 del D.L.vo n. 60/2024 diviene necessario anche per le assunzioni e le trasformazioni a tempo indeterminato ove lo sgravio contributivo,  pari al 100% della quota a carico del datore di lavoro, fino ad un massimo di 500 euro mensili, viene riconosciuto per ventiquattro mesi.

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Motivazioni del cambiamento normativo

Perché ciò è avvenuto?

L’Istituto afferma che il Ministero del Lavoro, dopo una interlocuzione con la Commissione Europea ha preso atto che quest’ultima lo richiede anche, per tali benefici, sicché, ad oggi, abbiamo questa situazione (si spera definitiva):

  • Per le assunzioni e le trasformazioni avvenute tra il 1° settembre 2024 ed il 30 giugno 2025, l’incremento occupazionale netto non è richiesto;
  • Per le assunzioni e le trasformazioni avvenute tra il 1° luglio 2025 ed il 31 dicembre 2025 (giorno ultimo di vigenza per le assunzioni che fruiscono dello sgravio contributivo) occorrerà che le stesse siano incrementali rispetto all’organico medio dei dodici mesi antecedenti.

Dichiarazione di responsabilità nella domanda online

Il messaggio INPS richiama l’attenzione degli interessati sulla dichiarazione di responsabilità inserita nel modello di presentazione della domanda “on line”, ove il datore dovrà affermare di sapere che per le assunzioni e le trasformazioni di contratto avvenute dal 1° luglio 2025, l’ammissione allo sgravio contributivo è subordinata alla realizzazione di un incremento occupazionale netto rispetto alla determinazione di quello risultante, come media, dal computo dei dodici mesi antecedenti l’assunzione o la trasformazione.

Ovviamente, il rispetto di tale requisito si accompagna, ai fini del raggiungimento del traguardo dei benefici, al rispetto di una serie di requisiti dei quali ho già abbondantemente parlato in altre riflessioni su questo blog ed illustrato nel webinar del 12 giugno u.s., e nelle risposte alle domande pervenute già pubblicate.

Contesto più ampio: “Decreto Coesione” e criteri UE

Ora, il quadro relativo ai benefici del c.d. “Decreto Coesione” appare completamente delineato: per tutti gli sgravi contributivi relativi anche all’area ZES ed alle donne svantaggiate e molto svantaggiate, prima di procedere all’assunzione occorre ben ponderare tale requisito che, non è nuovo nel nostro ordinamento ma che, nella sostanza, viene richiesto dagli organismi comunitari laddove vengono riconosciuti benefici, anche con il concorso di fondi europei.

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Riferimenti normativi e interpretativi

L’incremento occupazionale netto è disciplinato, essenzialmente, dal Regolamento UE n. 1407/2013 e nel nostro Paese abbiamo cominciato a conoscerlo con l’incentivo strutturale, tuttora vigente, per l’assunzione di donne svantaggiate previsto dalla legge n. 92/2012 ai commi da 8 a 11 dell’art. 4.

Modalità di calcolo dell’incremento occupazionale

Le circolari INPS n. 90 e n. 91, emanate in occasione del varo effettivo dei benefici avvenuto a partire dal 16 maggio u.s., ne hanno parlato diffusamente: l’incremento si computa sulla base della differenza tra i lavoratori occupati in ciascun mese nel quale si “fruisce” dello sgravio contributivo ed il numero medio dei dipendenti in forza nei dodici mesi che hanno preceduto la nuova assunzione o la trasformazione a tempo indeterminato di un contratto a termine già in essere.

Tale principio, tiene conto di quanto affermato nel 2009 dalla Corte di Giustizia Europea la quale, con la sentenza n. C-415/07, affermò che nella valutazione dell’incremento “si deve porre a raffronto il numero medio di Unità di Lavoro Annuo (U.L.A.) dell’anno precedente all’assunzione con il numero medio di U.L.A. dell’anno successivo all’assunzione”.

Regole specifiche per part-time, intermittenti e contratti a termine

Per i lavoratori con contratto a tempo parziale, il calcolo va “pesato” rapportando le ore pattuite che costituiscono il normale orario contrattuale con quelle pattuite nella lettera di assunzione o nei successivi cambiamenti (è, nella sostanza, il computo “pro quota”” previsto anche dall’art. 9 del D.L.vo n. 81/2015).

Per il lavoro intermittente il computo tiene conto anche della previsione contenuta nell’art. 18 del D.L.vo n. 81/2015, mentre, in caso di contratto a tempo determinato in sostituzione di lavoratore assente, il computo riguarda, unicamente, il dipendente sostituito. Dal computo generale sono escluse soltanto le prestazioni di lavoro occasionale disciplinate dall’art. 54-bis del D.L. n. 50/2017.

Esclusioni: lavoro occasionale e posti soppressi

L’art. 2 del Regolamento n. 1407/2013, dispone, inoltre, che i posti di lavoro soppressi in tale periodo debbono essere dedotti (si pensi, ad esempio, alla perdita di un appalto, alla chiusura di reparti, o alla esternalizzazione di attività prima gestite all’interno) e che il numero dei lavoratori occupati a tempo pieno, a tempo parziale, a tempo determinato, o stagionale va calcolato considerando le frazioni di unità lavoro-anno”.

Calcolo tra imprese correlate e impresa unica

Per le imprese correlate o collegate tra loro in modo tale da rientrare nel concetto di “impresa unica”, il calcolo va effettuato su tutte le aziende secondo criteri presenti, oggi, anche nel Regolamento sul “de minimisn. 2831/2023.

Tale concetto viene esplicitato nel comma 3 dell’art. 23 del D.L. n. 60/2025 il quale richiama sia l’impresa che, per interposta persona, fa capo allo stesso soggetto, che la previsione dell’art. 2359 c.c. la quale ultima si verifica:

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  • Quando un’impresa detiene la maggioranza dei diritti di voto degli azionisti o soci di un’altra impresa;
  • Quando un’impresa ha diritto di nominare o revocare la maggioranza dei membri del Consiglio di amministrazione, direzione o sorveglianza di un’altra impresa;
  • Quando un’impresa ha il diritto di esercitare un’influenza dominante su un’altra impresa in virtù di un contratto concluso con quest’ultima o in virtù di una clausola dello statuto di quest’ultima;
  • Quando un’impresa azionista o socia di un’altra impresa controlla da sola, in virtù di un accordo stipulato con azionisti o soci dell’altra impresa, la maggioranza dei diritti di voto degli azionisti o soci di quest’ultima.

Esclusione delle diminuzioni aziendali nel gruppo

In tale quadro operativo che, come vedremo, “costringei datori di lavoro ad avere, mensilmente, sotto gli occhi l’evoluzione del numero dei dipendenti, la circolare n. 91, che fornisce le indicazioni operative per le assunzioni di donne svantaggiate e molto svantaggiate, sottolinea un passaggio inserito nel comma 3 dell’art. 23, ove si afferma che l’incremento occupazionale è considerato “al netto delle diminuzioni del numero degli occupati verificatesi in società controllate o collegate”: ciò significa, secondo la nota dell’Istituto che, ai fini del calcolo della forza aziendale, vanno escluse le “diminuzioniregistrate, nello stesso periodo, nelle società collegate e controllate.

La stessa nota deduce che i datori di lavoro possono beneficiare, ai fini del computo, degli aumenti della forza aziendale verificatisi in altre società del gruppo.

Oneri del datore secondo la circolare n. 34/2014

Negli anni trascorsi il Ministero del Lavoro ebbe il merito di chiarire alcuni punti oscuri; lo fece, ad esempio,  con la  circolare n. 34/2014, allorquando affermò che il datore di lavoro ha l’onere di verificare la forza presente in ognuno dei mesi successivi e non potendo effettuare una valutazione sull’occupazione “stimata”: ciò significa che lo sgravio contributivo (che, è bene ricordarlo, non si applica sui premi ed i contributi assicurativi INAIL e sulla c.d. “contribuzione minore”) non viene riconosciuto per i mesi in cui tale incremento non si è realizzato, con la conseguenza che il datore sarà tenuto a restituire, mediante le procedure di regolarizzazione, l’incentivo già “goduto”, per i mesi in cui è non ha incrementato  la media dei dipendenti occupati nei dodici mesi antecedenti.

Eccezioni riconosciute: dimissioni, pensionamenti e riduzioni

L’agevolazione, comunque, viene riconosciuta pur se l’incremento non si è realizzato perché nel periodo sotto osservazione si sono resi vacanti posti di lavoro per:

  • Dimissioni volontarie che oggi, a mio avviso, comprendono anche le dimissioni per fatti concludenti di cui all’art. 19 della legge n. 203/2024 e quelle convalidate avanti ad un funzionario dell’Ispettorato territoriale del Lavoro, come postulato dal D.L.vo n. 151/2001. La norma non parla delle risoluzioni consensuali per le quali la procedura telematica per la effettiva validità è la stessa prevista dal D.M. attuativo dell’art. 26 del D.L.vo n. 151/2015 per le dimissioni volontarie, fatto salvo il caso che siano rese avanti alla commissione provinciale di conciliazione istituita presso ogni Ispettorato territoriale del Lavoro, a conclusione della procedura obbligatoria prevista dall’art. 7 della legge n. 604/1966;
  • Invalidità;
  • Pensionamento per raggiunti limiti di età, dizione che, a mio avviso, comprende anche forme di pensionamento anticipato (quota 103, opzione donna, ape sociale, lavori usuranti, ecc.) previste dall’ordinamento al raggiungimento di una certa età ed un certo numero di versamenti contributivi;
  • Riduzione volontaria dell’orario di lavoro realizzabile attraverso accordi di trasformazione dei rapporti da tempo pieno a tempo parziale, come previsto dall’art. 8 del D.L.vo n. 81/2015;
  • Licenziamento per giusta causa.

Requisiti di sostituzione e casi esclusi

I lavoratori licenziati per giustificato motivo oggettivo e quelli a seguito di procedura collettiva di riduzione di personale nel rispetto delle previsioni contenute negli articoli 4, 5 e 24 della legge n. 223/1991, ai fini della fruizione del beneficio, vanno rimpiazzati.

Dalla casistica generale la circolare n. 90 esclude quelli per inabilità al lavoro (art. 42 del D.L.vo n. 81/2008) e per superamento del periodo di comporto (art. 2110 c.c.) che, seppur catalogabili, sia pure con qualche perplessità, almeno per quello che è motivato dal superamento del periodo di comporto, all’interno del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, hanno la propria ragion d’essere in altre cause specifiche.

Determinazione dell’incremento nei contratti di somministrazione

Nei contratti di somministrazione ove il beneficio viene girato dall’Agenzia all’azienda utilizzatrice del lavoratore somministrato, la valutazione dell’incremento occupazionale netto, va effettuata in capo a quest’ultima, come ben specificato dal Ministero del Lavoro con la risposta all’interpello n. 3/2018. Questo, a mio avviso, non è un problema secondario, atteso che l’Agenzia, mentre invia in missione il lavoratore assunto a tempo indeterminato, dovrebbe acquisire, quanto meno, una dichiarazione del datore di lavoro utilizzatore relativa all’incremento occupazionale netto che si verifica con quella somministrazione a termine.

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