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Cacao, in Costa d’Avorio la blockchain fa bene alla filiera


La Costa d’Avorio dalla fine degli anni Settanta si è affermato come il primo produttore mondiale di cacao con un volume oggi pari al 45% di quello globale. Una posizione che ha mantenuto fino a quando, tra il 2022 e il 2024, ha registrato una perdita di produzione del 30%. Dalle 2,2 milioni di tonnellate annue si è passati alle attuali 1,4 milioni.

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Una situazione, come riporta Mani tese (storica organizzazione non governativa che opera in Africa, Asia e America Latina con progetti di cooperazione internazionale per sviluppare insieme alle comunità locali un’economia autonoma e sostenibile), effetto dell’impoverimento delle terre, delle malattie delle piante e del prezzo troppo basso riconosciuto ai produttori. 

Dalla produzione all’altro nodo della filiera. L’Europa è uno snodo centrale nel commercio e nella trasformazione del cacao e domina la produzione globale di cioccolato, dove l’Italia è la seconda manifattura per prodotti finiti. A fine anno per le grandi aziende (entro metà 2026 per le altre) entrerà in vigore lo European deforestation regulation, anche noto come Eudr. Il Regolamento 2023/1115 dell’Unione Europea ha l’obiettivo di contrastare la deforestazione e il degrado forestale, imponendo una serie di requisiti per le aziende che immettono determinati prodotti sul mercato dell’Ue. 

Quali requisiti? Dovranno essere fornite informazioni precise sull’origine delle materie prime, comprese le coordinate geografiche del terreno dove sono state prodotte. Questo per garantire che non provengano da zone recentemente deforestate. Il regolamento mira a garantire che i prodotti siano legali nel paese di origine, nel rispetto dei diritti dei lavoratori e delle popolazioni indigene. Quali prodotti? Caffè, olio di palma, gomma, soia, legname e i loro derivati. Anche il cacao. Sì, anche il cacao.

Spostare il baricentro della responsabilità sulle aziende, come richiede il regolmento Ue, ha fatto sì che mentre prima si cercava di chiudere al minor prezzo, oggi le imprese cercano un compromesso tra minor prezzo e qualità dell’informazione sulla produzione in termini di sostenibilità

Alessandro Chelli – ceo e co founder di Trusty

Maggiore trasparenza ed equità

Con questi elementi torniamo in Africa occidentale. Se il mercato del cacao affronta da tempo l’esigenza di una maggiore trasparenza ed equità, che ruolo può avere l’innovazione tecnologica? In particolare la blockchain, come strumento per la tracciabilità delle filiere agrolimentari, si sta rivelando uno strumento utile per certificare e garantire la conformità alle normative.

In Costa d’Avorio è attiva Trusty, startup e società benefit costituita nel 2022, basata a Pescara, accelerata nel 2023 da Foodseed (programma di Cdp venture capital dedicato ai progetti innovativi in ambito agrifood), che ha sviluppato un sistema di tracciabilità basato sulla blockchain e che ha all’attivo Fair & trusty trade, un progetto chiuso nel 2023 centrato sulla trasparenza della filiera del cacao, e Green horizons, iniziativa appena avviata, che punta invece sulla formazione e l’inclusione lavorativa. 

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Informazione trasparente

«Perché la blockchain per le filiere agroalimentari?», spiega Alessandro Chelli, 33 anni ceo e co-founder di Trusty insieme a Lorenzo Di Berardino, «perché questa tecnologia permette di veicolare una informazione in maniera trasparente, autenticata, sicura e immutabile». Le prime aziende con cui hanno iniziato a lavorare sono state «quelle del Made in Italy».

Le filiere giuste. In Costa d’Avorio il problema che Trusty ha affrontato con il progetto Fair & trusty trade «era sì promuovere un prodotto e filiere di qualità, ma soprattutto promuovere filiere giuste, quelle in cui il produttore di cioccolato è felice di dimostrare quanto paga gli agricoltori e non di nascondere questa informazione».

Il nodo della tracciabilità

In un contesto di abbassamento della produzione e di richiesta di trasparenza, la piattaforma blockchain sviluppata da Trusty ha risposto all’esigenza di aumentare la produzione, in modo sostenibile, coinvolgendo aziende virtuose e non. «Poter dimostrare che non c’è deforestazione nelle aree di produzione, come disposto dal regolamento Ue, richiedeva tracciabilità e la tracciabilità era proprio lo strumento che noi abbiamo messo a disposizione delle imprese».

Nel dettaglio, Trusty ha collaborato con Domori, «azienda che si è resa disponibile ad acquistare il cacao tracciato attraverso il il progetto» e con la società ivoriana Comoé equitable, proprietaria del  marchio Choco+. Coinvolte anche le cooperative locali di cacao, Agrimagni e Yosran.

La tracciabilità ha inciso sulla supply chain anche nella fase dell’approvvigionamento, «con l’incremento di quanto ricevuto dagli agricoltori».

Infrastruttura e contesto

Le resistenze? Prima che sociali, i principali ostacoli, racconta Chelli, sono state le «resistenze pratiche»: mancanza di connessione e analfabetismo digitale delle persone che dovevano utilizzare la piattaforma, per essere chiari. «Il nostro primo sforzo è stato portare l’infrastruttura tecnologica in maniera compatibile al contesto. Abbiamo sviluppato», spiega, «la parte di funzionalità offline e la parte di raccolta dati in maniera intuitiva».

Formazione e sviluppo

Grazie all’esperienza di Fair & trusty trade, progetto biennale concluso a fine 2023, Trusty è diventata parte di Green horizons, un nuovo progetto sostenuto dal Dipartimento per le libertà civili del ministero dell’Interno, per favorire la crescita sostenibile e l’inclusione economica di donne, giovani, e di altre categorie svantaggiate nelle regioni di Abidjan, Yamoussoukro e Bouna. In particolare l’iniziativa mira a formare 320 giovani ivoriani a rischio di emarginazione, creando opportunità di lavoro nell’economia verde e nel settore agropastorale. Il progetto è appena partito e durerà due anni.

E la blockchain? «Con Green horizons facciamo formazione proprio sugli strumenti messi a punto principalmente nel progetto per Fair & trusty trade», spiega sempre Alessandro Chelli, «facendo sì che si creino figure professionali in Costa d’Avorio che sulla filiera del cacao abbiano competenze anche relative alla tracciabilità». Il ragionamento è chiaro. «Se vuoi portare in Europa un prodotto, è fondamentale rispondere a tutte le richieste di sostenibilità che fanno le aziende che lo acquistano».

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In apertura e nel testo foto di ufficio stampa Trusty

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