Dal 5 luglio iniziano i saldi estivi in Lombardia, Confesercenti: «Ma i negozi sono a rischio estinzione, un bonus moda»
Partono i saldi, ma sono già zoppi. Il 5 luglio è la data stabilita, ma c’è chi si è già portato avanti. Secondo Confesercenti, sarebbero 212 mila i bergamaschi che hanno già approfittato dei pre-saldi e delle promozioni online, spendendo mediamente oltre 100 euro a testa. In pratica un cliente su 5 si è già avventurato in quello che Filippo Caselli, direttore dell’associazione bergamasca definisce un «far west promozionale costituito dalla rete e dai social».
Ad esserne irresistibilmente attratte sono le fasce più giovani: il 22% tra i 18 e i 34 anni ha già messo mano alla carta, contro il 17% nella fascia tra 35 e i 65 anni. Le donne (20%) risultano leggermente più propense all’acquisto rispetto agli uomini (17%). Il monito di Caselli è chiaro: «Serve una vigilanza più efficace, soprattutto sul digitale, per tutelare consumatori e negozianti e riportare trasparenza in un mercato dove i confini tra saldi regolati e offerte libere sono sempre più sfumati. Oppure si riveda la norma: il commercio ha bisogno di regole sostenibili ed eque, come qualsiasi ambito».
Sul fronte Confcommercio, le previsioni a livello locale indicano un budget di 219,50 euro a famiglia (era di 205 euro lo scorso anno), una media di spesa pro-capite di 93 euro (90 euro nel 2023), per un valore complessivo di quasi 60 milioni di euro (contro i 58 milioni del 2024). Meno famiglie faranno acquisti: il 54% (contro il 58% del 2024 e il 61% del 2023). Quanto alle percentuali, la storia si ripete: si partirà con il 20-30% per poi arrivare al 40% e oltre nelle prossime settimane.
Il settore, soprattutto quello dell’abbigliamento, è in affanno: l’Italia, in base ai dati Federmoda, perde ogni giorno 18 negozi del comparto. Elemento su cui riflette Diego Pedrali, presidente del gruppo Abbigliamento, calzature e articoli sportivi Confcommercio e consigliere nazionale Federmoda: «La politica deve affrontare la situazione: se ne parla da tanti anni, dal credito d’imposta per gli affitti a un supporto contro la concorrenza sleale delle piattaforme online. I fornitori, che ci impongono di ordinare merce spesso oltre le nostre effettive esigenze e capacità economiche, fanno vendita diretta online. Una volta solo i possessori di partita Iva potevano acquistare dai grossisti, ora invece chiunque può farlo su App e piattaforme. Queste pratiche scorrette vanno combattute. È a rischio la sopravvivenza del tessuto dei negozi, per la maggior parte imprese familiari. Perché non pensare a un bonus moda, con detrazioni e vantaggi per alcune categorie? Potrebbe essere un test interessante».
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