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export in calo per agricoltura e moda, bene l’industria farmaceutica


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In un mondo in cui l’economia globale rallenta a causa di politiche protezionistiche e tensioni internazionali (si prevede un calo del 3% del PIL mondiale), la Toscana mostra segni di rallentamento, ma anche una certa capacità di resistere. Questo è quanto emerge dal rapporto Irpet (Istituto Regionale per la Programmazione Economica della Toscana) “Dalla globalizzazione al protezionismo, i riflessi economici e sociali”, che analizza le sfide attuali e future della regione.

Eugenio Giani, presidente della Regione Toscana, ha sottolineato la fluidità della situazione geopolitica e commerciale, in costante evoluzione. “In questa fase storica, abbiamo uno spazio di crescita da cogliere rilanciando il ruolo della domanda, sia interna che estera” ha affermato Giani. La sua visione punta a “mettere in sicurezza la nostra capacità di agganciare la domanda estera circoscrivendo il perimetro delle nostre esportazioni in aree più sicure” e a ridurre la dipendenza nell’approvvigionamento di materie prime e prodotti intermedi.

Allarme salari e export sotto pressione

Nicola Sciclone, direttore dell’Irpet, ha lanciato un chiaro allarme sulla situazione salariale: “In Toscana, come nel resto del paese, i salari sono diminuiti in potere d’acquisto di nove punti percentuali nell’arco degli ultimi 30 anni.” Nonostante un miglioramento rispetto al picco dell’inflazione, le aspettative per i prossimi mesi rimangono prudenti. L’incertezza dettata dalle tensioni internazionali pesa su produzione, esportazioni e mercato del lavoro, oscillando tra resilienza e rischi di ripiegamento. Un esempio lampante è il mercato americano, che assorbe circa il 16% delle esportazioni toscane, coinvolgendo 6.000 imprese che generano l’11% del PIL regionale e il 10% dell’occupazione.

Una fotografia dei settori

L’analisi dell’Irpet offre uno spaccato dettagliato dei settori chiave dell’economia toscana, rivelando un quadro di performance miste. La produzione manifatturiera, ad esempio, continua a registrare un calo per il sesto trimestre consecutivo, seppur con un’attenuazione della flessione, attestandosi a un -1,2% ad aprile 2025. Tuttavia, la Toscana fatica a recuperare terreno rispetto ad altre regioni, penalizzata in particolare dalle ormai note difficoltà che affliggono il comparto moda da diversi mesi.

Sul fronte del commercio estero, il primo trimestre del 2025 si chiude ancora con un segno positivo, registrando un +2,8%. A spingere l’export sono principalmente i prodotti farmaceutici, che segnano un’impressionante crescita del +90,3%, quasi raddoppiando le vendite rispetto all’anno precedente. Contribuiscono positivamente anche la nautica (+41,2%) e l’industria cartaria (+5,5%).

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Al contrario, diversi settori mostrano un andamento negativo, tra cui i prodotti agricoli, i mobili, i macchinari, la siderurgia, i mezzi di trasporto e la gioielleria. La crisi del settore moda persiste in modo significativo, con cali per la concia pisana (-1,6%), i filati e i tessuti del distretto tessile di Prato (-3,0%), e, in maniera ancora più marcata, per i prodotti di lusso della moda fiorentina, che vedono il valore ridursi fino a un quarto per la pelletteria e a un terzo per l’abbigliamento rispetto allo stesso periodo del 2024.

Anche il settore del turismo, pur avendo recuperato i flussi pre-pandemia e registrato una crescita complessiva del 4,1% nel 2024 (trainata in larga parte dalle presenze straniere, +10,3%), solleva preoccupazioni per il 2025. I dati provvisori del primo trimestre indicano un calo generale del 2,1% nelle presenze rispetto all’anno precedente. Questa flessione è particolarmente evidente nelle aree balneari (-22,9%), ma interessa anche le destinazioni rurali (-12,5%), collinari (-4,2%) e montane (-3,9%), mete che tradizionalmente attraggono maggiormente il turismo italiano ed europeo.

Il timore dei dazi USA

L’Irpet stima un PIL toscano in crescita dello 0,6% nel 2025 e dello 0,9% nel 2026, in linea con le previsioni nazionali. Questa crescita sarà sostenuta principalmente dalla domanda interna, trainata dai consumi (+0,9%) e dalla spesa della pubblica amministrazione (+1,2%). Rallentano invece gli investimenti (+0,3%), frenati dall’incertezza che disincentiva nuovi progetti.

Un capitolo a parte meritano i possibili effetti dei dazi americani. Con il 16,2% dell’export toscano diretto verso gli USA (rispetto al 10% del 2009), un’introduzione di nuove tariffe avrebbe conseguenze pesanti. Settori come farmaceutica, macchinari, agroalimentare (vino e olio) e moda rappresentano il 75% delle esportazioni totali verso gli Stati Uniti, con quote cruciali per alcune produzioni (ad esempio, il mercato USA vale il 34% della farmaceutica e il 41% dell’olio esportati).

Nel caso in cui venissero applicati dazi del 10%, l’Irpet stima che 45 imprese toscane si troverebbero in perdita, con un impatto diretto su 579 lavoratori. Se i dazi salissero al 20%, la situazione peggiorerebbe notevolmente: il numero di imprese in perdita aumenterebbe a 77, coinvolgendo 843 addetti. Infine, nello scenario più critico, con dazi pari al 50%, le conseguenze sarebbero severe, con ben 226 imprese che andrebbero in perdita, con un coinvolgimento di 3.188 lavoratori.  Anche le imprese che manterrebbero un margine operativo lordo positivo vedrebbero una contrazione significativa: con dazi al 20%, il 53% delle imprese subirebbe perdite tra il 5% e il 25% del MOL, e il 12% perdite superiori al 25%.

Mercato del lavoro e percezione delle famiglie 

Il mercato del lavoro toscano è ancora positivo (+2,5% di occupati nel 2024), ma la crescita sta rallentando. Nel settore manifatturiero le assunzioni diminuiscono. Preoccupa l’aumento dei lavoratori in cassa integrazione (almeno 14.000 nel primo trimestre 2025) e dei licenziamenti, specialmente nella moda. Un segnale positivo invece, è l’aumento dei contratti a tempo indeterminato.

Infine, le famiglie toscane si sentono meno “povere” rispetto agli anni precedenti (9,7% nel 2025 contro 15,5% nel 2023) e gestiscono meglio il proprio bilancio. Tuttavia, la cautela rimane alta: solo il 7% è ottimista per il futuro e il 22,7% prevede un peggioramento. Molte famiglie hanno ancora difficoltà a comprare farmaci, pagare visite mediche o trasporti, e una famiglia su cinque non riuscirebbe a far fronte a una spesa imprevista di 2.000 euro.

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