di Pierluigi Piccini
SIENA. A pagina 45 del Piano Strategico Nazionale per le Aree Interne 2021–2027 si legge una frase che non può passare inosservata:
“Accompagnamento in un percorso di spopolamento irreversibile.”
Parole che pesano. Non una svista, ma una scelta. Una rinuncia.
Eppure, c’è un’Italia che questa scelta non la accetta. Un’Italia che abita i versanti, coltiva la terra, innova, custodisce tradizioni, costruisce futuro. Un’Italia che chiede ascolto, dignità, responsabilità.
La rimozione del Paese reale
Negli ultimi dieci anni, le aree interne hanno perso quasi 700.000 abitanti. Solo nel 2023, 341 comuni non hanno registrato neanche una nascita.
Non si tratta solo di spopolamento, ma di marginalizzazione sistemica.
Eppure queste aree rappresentano:
- il 70% dei comuni italiani,
- il 68% della superficie nazionale,
- oltre 13 milioni di cittadini;
- ospitano il 60% delle foreste, l’80% delle sorgenti, il 70% della biodiversità e il 65% dell’energia rinnovabile.
Non sono margini: sono infrastrutture vive del Paese. Non sono un peso: sono risorse strategiche.
Amiata: costruire futuro, non gestire il declino
A Piancastagnaio, sul versante senese del Monte Amiata, non si asseconda il declino: lo si contrasta ogni giorno, con interventi concreti e visione di lungo periodo.
Tra le principali iniziative:
- la rigenerazione dell’ex stabilimento Furzi, che ospiterà una Scuola di Alta Specializzazione della Pelletteria e un centro per l’innovazione sostenibile;
- il recupero della Rocca Aldobrandesca, oggi polo culturale, turistico e sociale;
- la riqualificazione del Palazzo Bourbon del Monte, nodo strategico del centro storico;
- la valorizzazione della rete sentieristica e ciclabile, in dialogo con natura, storia e comunità;
- il rilancio della geotermia, intesa non solo come fonte energetica pulita, ma come calore diffuso per il lavoro, il benessere e i servizi delle comunità locali;
- l’attivazione di una Comunità Energetica Rinnovabile già operativa;
- l’utilizzo circolare della CO₂ in applicazioni alimentari e medicali;
- il rafforzamento dell’agricoltura di qualità, con attenzione alla biodiversità e alle filiere corte;
- la creazione di spazi per formazione e ricerca, in sinergia con università e imprese.
Un approccio integrato, condiviso anche da altri comuni dell’Amiata – Santa Fiora, Arcidosso, Castel del Piano, Abbadia San Salvatore, Seggiano – che dimostra come la strategia territoriale possa produrre risultati visibili e replicabili.
Il controesodo è già in atto
Ogni anno, circa 50mila persone scelgono di tornare nei borghi.
Giovani, laureati, professionisti in cerca di ciò che le città spesso non offrono più: tempo, relazioni, paesaggio, comunità. Il ritorno non è un fenomeno nostalgico, ma una scelta consapevole.
Serve una politica che accompagni questa transizione, non che la ostacoli.
Politiche coerenti per una strategia nazionale delle aree interne
Per affrontare in modo strutturale le criticità che attraversano le aree interne del Paese, sono necessarie politiche pubbliche adeguate, capaci di sostenere le comunità che scelgono di restare, di tornare o di investire in questi territori.
Occorrono strumenti chiari e stabili:
- una fiscalità di vantaggio coerente con gli obiettivi di riequilibrio territoriale;
- un sistema di sanità territoriale e di prossimità efficiente e accessibile;
- un’offerta scolastica diffusa e integrata;
- infrastrutture digitali, banda larga e servizi essenziali;
- una rete efficiente di mobilità locale e intercomunale, con investimenti sulla viabilità, sul trasporto pubblico e sui collegamenti con i poli urbani principali.
Serve, soprattutto, una visione strategica condivisa tra Stato, Regioni e autonomie locali, che riconosca il valore delle aree interne all’interno del progetto di sviluppo nazionale.
Alleanza istituzionale, non assistenza
I territori delle aree interne non chiedono misure emergenziali o assistenziali.
Chiedono riconoscimento, attenzione, strumenti adeguati.
La coesione territoriale non è un’opzione: è un principio costituzionale.
Non può esistere transizione ecologica senza giustizia territoriale.
E non può esserci giustizia senza riconoscere che, in molti di questi territori, una nuova visione di sviluppo sostenibile è già in atto.
Contrastare il declino, non assecondarlo
Senza un impegno tempestivo, strutturato e continuativo, il cosiddetto “accompagnamento” delineato nel Piano Strategico Nazionale per le Aree Interne 2021–2027 (pagina 45) e ripreso nel Documento di Orientamento Strategico per la Programmazione 2021–2027 del Dipartimento per le Politiche di Coesione, rischia di trasformarsi in una forma implicita di abbandono istituzionale.
Una deriva da scongiurare con scelte politiche coraggiose, fondate su visione, responsabilità e giustizia territoriale.
La sfida del presente
L’Italia si trova oggi davanti a un bivio:
- continuare a concentrare risorse e opportunità nei grandi poli urbani, accentuando squilibri e fratture sociali;
- oppure investire nei territori, nelle comunità locali, nella prossimità come leva di uno sviluppo sostenibile, coeso e inclusivo.
Le aree interne e i borghi non rappresentano il passato, ma una delle risposte possibili al futuro.
Già oggi sono laboratori concreti di innovazione sociale, economia circolare, mutualismo e transizione ecologica.
Sono una risorsa strategica per l’intero Paese.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link