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Crik Crok a Pomezia: dipendenti senza cassa integrazione e produzione a rischio per lo stabilimento delle patatine


di
Michele Mrangon

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Una richiesta di concordato presentata al tribunale di Velletri fa preoccupare i sindacati che sottolineano, inoltre, la mancata corresponsione della Cigs

Il rilancio annunciato nel dicembre del 2023 alla presenza del ministro Lollobrigida non pare aver dato i risultati ottenuti. Piano industriale, mercati esteri, potenziamento: l’eco delle parole pronunciate allora dalla presidente di Crik Crok Francesca Ossani assume oggi toni ben diversi. 

I sindacati: «Aumenta l’incertezza»

La fabbrica del noto marchio di snack salati con sede a Pomezia (Roma) sarebbe a un passo dalla chiusura. Come denunciato dalle sigle sindacali di settore nei giorni scorsi, la produzione nello stabilimento laziale è attualmente ridotta al minimo, le giornate lavorative sempre più rare e la cassa integrazione straordinaria non è ancora stata pagata. Un pezzo di storia dell’economia radicata nell’area della Capitale – l’insediamento risale al 1949 – è a rischio determinando forte preoccupazione per circa 100 operai dello stabilimento sulla via Pontina e per l’indotto. A questa situazione si aggiunge la richiesta di concordato preventivo – la seconda dell’ultimo periodo – che la società ha presentato presso il tribunale di Velletri, e tutt’ora in fase di valutazione. L’obiettivo è quello di appianare la situazione debitoria ed aprire all’ingresso di un nuovo acquirente: tutto dipenderà dal piano di sviluppo presentato dall’azienda, al momento non noto. Il nuovo inizio promesso nel 2017 con l’arrivo dell’imprenditrice romana nel ramo alberghiero Francesca Ossani si è scontrato con una realtà ben diversa. Ora Cgil, Cisl e Uil sottolineano che «l’incertezza è aumentata: alla difficile gestione aziendale si somma ora la presentazione di un nuovo concordato preventivo, che getta ulteriori ombre sul futuro». 




















































La mobilitazione

Proseguono: «Oggi, il rischio non è solo la perdita di posti di lavoro: è in discussione la sopravvivenza stessa di una realtà produttiva con valore industriale e sociale per il territorio.
Rivendichiamo con forza il pagamento immediato della Cigs da parte dell’Inps, il riconoscimento di quanto dovuto a lavoratrici e lavoratori, e comunque un supporto economico che garantisca condizioni di vita dignitose. Chiediamo chiarezza sulle reali prospettive industriali e occupazionali – concludono – e un’accelerazione dei tempi da parte del Tribunale sui percorsi giudiziari aperti».

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