di Francesca Pinaffo
ALBA – Quale sarà il futuro del Mudet, il museo del tartufo? Se l’Amministrazione ha annunciato un piano di rilancio, con un bando per cercare un partner privato con idee per valorizzarlo, e in Consiglio l’opposizione ha parlato già di un interessamento del Centro studi tartufo (non comunicato ufficialmente), ad affrontare nuovamente il tema è Emanuele Bolla, che da assessore al turismo ha seguito l’apertura della struttura.
La sua opinione è chiara: «Con la nuova Amministrazione, il Mudet è stato abbandonato. Alcuni esempi: il progetto del podcast di Chora media ha assunto tempi biblici, dopo essere stato inizialmente ignorato, nonostante ci fossero i fondi per realizzarlo. Sarebbe stata, fin da subito, un’operazione promozionale. Non ho notizie di visite di scolaresche, che noi avevamo iniziato. Non ho sentito una parola sulla mostra permanente di Steve McCurry e non ho visto alcun evento tra le sale. Questo modello sta uccidendo il museo», afferma subito.
E prosegue: «Oggi ci sono 15mila euro a disposizione, nelle casse comunali, per comunicazione e marketing: nemmeno uno è stato utilizzato. Basterebbe che, con un po’ di buona volontà, ci si muovesse con gli uffici e si provvedesse alla ristampa delle cartoline che avevamo fatto realizzare o alla messa a punto di nuove comunicazioni». Bolla parla anche del progetto della “Walk of truffle”, le piastrelle disseminate per il centro storico, con i nomi dei personaggi che, nel tempo, hanno ricevuto il tartufo dell’anno: «Un’altra iniziativa interrotta, senza una spiegazione». Sulla proposta di coprogettazione: «Si tratta di una resa, come delegare ad altri. Può essere vista come una presa di consapevolezza dell’Amministrazione o come un atto per lavarsene le mani di uno spazio pubblico: in entrambe le ipotesi, la vedo come una sconfitta». Anche perché, per Bolla, «non c’è possibilità di tagliare i costi, se non chiudendo il museo. Ed è questa la prospettiva».
La proposta del Centro studi tartufo
Si riferisce, in particolare, alla proposta del Centro studi tartufo: «In modo trasparente, l’ente ha avanzato un piano, anche interessante in alcuni punti. In modo non altrettanto trasparente, l’Amministrazione non l’ha condivisa. Per la riduzione dei costi, si parla di una chiusura generalizzata, salvo visite su prenotazione, per due mesi all’anno, così come una riduzione dell’orario ordinario». Per il consigliere, ci sarebbe un effetto boomerang: «Vuol dire tagliare di quasi 500 ore l’apertura, cambiando proprio la filosofia dello spazio. Così come si rischiano di togliere tre mesi di lavoro e stipendi a persone con fragilità impiegate all’interno di un progetto sociale, in collaborazione con la cooperativa Emmaus».
Certo, resta il problema dei conti che non pareggiano: «Parliamo di un museo neonato, i cui ingressi in realtà sono cresciuti dell’11% rispetto all’apertura, anche se questo non è staro detto da nessuno: si può arrivare all’obiettivo dei 30mila ingressi, ma ci vorranno ancora anni».
E conclude: «Il Mudet ce la farà di certo e continueremo a monitorare questa situazione. Peccato che l’Amministrazione di Alberto Gatto abbia smesso di crederci».
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