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Le ultime indicazioni ministeriali sulla qualificazione tecnica del credito ricerca e sviluppo


L’atto di indirizzo del Vice Ministro Leo, pubblicato in data 1.7.2025 (prot. n. 18), dopo aver ripercorso il dettato normativo di riferimento e individuato alcune regole in ordine ai diversi presupposti per distinguere i crediti di imposta inesistenti da quelli non spettanti (aspetto che rileva, sia sotto il profilo dei termini entro i quali l’Amministrazione finanziaria può procedere al recupero dei suddetti crediti, sia sotto il profilo delle sanzioni penali e amministrative applicabili), punta dritto ai crediti d’imposta per attività di ricerca, sviluppo, innovazione tecnologica, design e innovazione estetica.

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Crediti che sono stati spesso sotto l’occhio del Fisco, che hanno sollevato le maggiori criticità interpretative e applicative e che – in maniera netta – l’atto d’indirizzo fra rientrare fra i crediti non spettanti, trattandosi di «crediti che, pur in presenza dei requisiti soggettivi e oggettivi specificamente indicati nella disciplina normativa di riferimento, sono fondati su fatti non rientranti nella disciplina attributiva del credito per difetto di ulteriori elementi o particolari qualità richiesti ai fini del riconoscimento del credito».

Sul punto, l’atto di indirizzo intende valorizzare il ruolo della certificazione. Tant’è che, al fine di prevenire l’insorgere di controversie sulla qualificazione delle spese effettuate dall’impresa, richiama l’art. 23, comma 2, D.L. n. 73/2022, conv. con modif. nella Legge n. 122/2022; norma che ha già previsto la possibilità, per le imprese interessate, di chiedere, a soggetti qualificati, una certificazione attestante la qualificazione degli investimenti, sia già effettuati sia ancora da effettuare, al precipuo scopo di farne riscontrare la compatibilità con l’ammissibilità al beneficio fiscale previsto per tali impieghi di risorse. Certificazione che esplica effetti vincolanti nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, tranne nel caso in cui, sulla base di una non corretta rappresentazione dei fatti, la certificazione venga rilasciata per una attività diversa da quella concretamente realizzata.

La certificazione, in particolare, può essere chiesta, sempre che eventuali violazioni relative all’utilizzo dei crediti d’imposta non siano state già constatate con processo verbale di constatazione, a riscontro:

  1. della qualificazione degli investimenti, effettuati o da effettuare, ai fini della loro classificazione nell’ambito delle attività di ricerca e sviluppo, di innovazione tecnologica e di design e innovazione estetica;
  2. della qualificazione delle attività di ricerca e sviluppo, ai sensi dell’ 3, D.L. n. 146/2013, conv. con modif. dalla Legge n. 9/2014;
  3. della qualificazione delle attività di innovazione tecnologica finalizzate al raggiungimento di obiettivi di innovazione digitale 4.0 e di transizione ecologica, ai fini dell’applicazione della maggiorazione dell’aliquota del credito d’imposta prevista dal quarto periodo del comma 203, nonché dai commi 203-quinquies e 203-sexies dell’art. 1, Legge n. 160/2019.

L’atto di indirizzo afferma, quindi, che, pur restando impregiudicate le ordinarie attività di controllo dell’Agenzia delle Entrate, «se il contribuente si dota di una certificazione che attenga alle richiamate tipologie di crediti d’imposta, rilasciata dai soggetti qualificati ammessi a sottoscriverla, che attesti la qualificazione tecnica degli investimenti, effettuati o da effettuare, e che riguardi l’attività concretamente realizzata, un eventuale atto, impositivo o sanzionatorio, che contesti la fruizione del credito sotto l’unico profilo della qualificazione dell’investimento potrà essere censurato sotto il profilo della sua nullità, con tutte le relative possibili conseguenze sul piano giuridico, secondo i principi generali».

Resta fermo che la certificazione può essere chiesta anche dopo l’avvenuta effettuazione degli investimenti, purché eventuali violazioni relative all’utilizzo dei crediti d’imposta non abbiano già formato oggetto di un processo verbale di constatazione.

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E l’atto d’indirizzo auspica, in questi casi, che il contribuente che si munisca preventivamente della certificazione, dandone comunicazione all’Amministrazione finanziaria, anche per evitare eventuali contestazioni unicamente incentrate sul profilo della qualificazione tecnica dell’investimento.



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