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Quel che resta del Superbonus: per molti rischia di trasformarsi in un super incubo


Migliaia di imprese chiuse, frodi milionarie e cantieri mai finiti. E ora centinaia di famiglie potrebbero dover restituire all’Agenzia delle Entrate i crediti di imposta già utilizzati

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Da incentivo fiscale attraverso la cessione del credito d’imposta a rischio beffa per migliaia di famiglie italiane. Stiamo parlando del Superbonus 110%, la misura introdotta dal governo Conte in piena pandemia per rilanciare l’economia italiana e che adesso, a causa della negligenza di qualche amministratore e impresa fantoccio, potrebbe rivelarsi per alcuni un boomerang sotto il profilo economico. Secondo un’analisi di InfoCamere basata sui dati del Registro delle Imprese delle Camere di Commercio, tra settembre 2020 (avvio operativo del Superbonus) e la fine del 2023 sono state 11.000 le imprese del settore edilizio che si sono iscritte per intercettare il Superbonus e poi hanno cessato l’attività in poco più di due anni. Tra il 2022 e il 2023, circa 10.924 di queste realtà risultano aver chiuso i battenti e non sempre a lavori ultimati. Ci arriveremo.

Superbonus, tante le imprese dileguatesi nel nulla

A tracciare un bilancio della situazione ai microfoni del Quotidiano di Sicilia è Francesco Burrelli, presidente Anaci, l’Associazione nazionale amministratori condominiali e immobiliari. “Le problematiche riscontrate a livello nazionale sono tantissime”, dichiara senza giri di parole. Questo perché “sono tanti i condomìni con progetti mai presentati e imprese dileguatesi nel nulla. E con direttori dei lavori che nel frattempo avevano messo a registro i propri onorari per decine di migliaia di euro su singolo progetto. Ora l’Agenzia delle Entrate può rigettare i crediti e chiedere i soldi indietro alle famiglie. E chi ha sbagliato rischia grosso”. Quella che doveva essere la più grande occasione di riqualificazione energetica del patrimonio immobiliare italiano, si sta rivelando – in moltissimi casi – una bomba a orologeria legale ed economica.

A quali numeri e percentuali si faccia riferimento, al momento, non è dato sapere. Questo perché una ufficialità in tal senso non esiste ancora, a fronte di un importante incrocio di dati che dovrà essere elaborato dagli enti preposti al controllo. Tra tutti, bisognerà attendere l’Agenzia delle Entrate e le risultanze degli accertamenti che nel frattempo sono stati condotti dalla Guardia di Finanza sul territorio nazionale. Le verifiche dei tecnici stanno entrando nel vivo, e i primi segnali sono tutt’altro che rassicuranti.

Come racconta la pura cronaca, Foggia, Messina, Chieti, Lecce e Fermo sono solo alcune delle province dove sono state registrate truffe milionarie da parte di professionisti e imprese compiacenti con oggetto il Superbonus 110%. A spiegarne le modalità, l’avvocato di origini siciliane Gaetano D’Andrea, mediatore civile e già presidente dell’Asppi, Associazione piccoli proprietari immobiliari di Bergamo. “Il vizio originario del ‘tutto gratis’ – afferma D’Andrea – ha impedito una scelta oculata dei professionisti e delle imprese incaricate di determinare i valori corretti delle cessioni dei crediti. I cittadini si sono fatti convincere da General contractor a dir poco improvvisati o in mala fede“.

Tante famiglie a “rischio”

I numeri del Superbonus in Sicilia vedono coinvolti oltre 30.000 edifici, ovvero il 2,2% del totale degli immobili residenziali presenti sull’Isola. Il problema, sottolinea ancora l’avvocato, è che a tanti immobili corrispondono altrettante famiglie a “rischio”. Questo per via dei “numerosi amministratori che hanno fatto credere ai proprietari degli immobili di poter ammodernare i propri appartamenti senza dover sborsare nemmeno un euro”. Nel frattempo, la Corte di Cassazione ha recentemente affrontato il tema delle frodi legate al Superbonus 110, stabilendo che il reato si consuma già con la creazione del credito fiscale fraudolento. Non è necessario che il credito venga ceduto o utilizzato affinché si configuri il danno all’erario.

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Il numero delle asseverazioni caricate sul sito dell’Enea

Per avere un’idea dell’utilizzo del superbonus in tutto il Paese occorre andare a guardare i numeri che, a partire dal settembre 2021 e con cadenza mensile, ha fornito l’Enea, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile. I dati resi noti nelle 22 tabelle mensili mostrano il numero delle asseverazioni caricate sul sito dedicato, il valore assoluto degli investimenti ammessi alla detrazione e i valori assoluti e percentuali dei lavori già completati. Stando ai numeri dell’ultimo report, in Italia hanno usufruito del Superbonus 110% circa 500.000 edifici per un totale di oneri a carico dello Stato in seguito a detrazioni di circa 126 miliardi di euro. Si tratta di 137.600 edifici condominiali, 245.068 edifici unifamiliari, 117.388 unità immobiliari funzionalmente indipendenti e cinque edifici in classe A/9 che risultano aperti al pubblico. Per una percentuale di avanzamento lavori che, in base a una media nazionale, ammonterebbe per Enea al 96,2%. Dichiararne una inferiore, per le ditte che hanno eseguito i lavori, sarebbe stato controproducente: avrebbero rischiato di essere estromesse proprio dai bonus. Ed è questo un tema sul quale gli i ispettori della Guardia di Finanza si stanno concentrando nell’analisi degli incartamenti e nelle verifiche sul campo.

In Sicilia il numero di edifici coinvolti è di 31.082

Prendendo in considerazione la Sicilia, il numero di edifici coinvolti è di 31.082, con una percentuale di avanzamento lavori che varia dal 94,4% dei condomini al 98,5% delle unità immobiliari funzionalmente indipendenti. Ma non tutti i condomìni sono stati “fortunati”.

Il cuore del problema riguarda la catena della cessione del credito. Dopo le modifiche normative degli ultimi due anni, tra blocchi, limiti e nuove regole, molti condomìni si sono trovati con lavori mai partiti e crediti fiscali non più accettati dagli intermediari finanziari contattati in precedenza. Secondo Burrelli, i nodi stanno venendo al pettine. Non solo in merito alla gestione dei crediti fiscali, ma anche per una documentazione tecnica e amministrativa spesso carente. “Ci sono stati molti verbali non validi, dichiarazioni inesistenti, crediti ceduti senza i requisiti minimi”. “Alcuni hanno falsificato verbali per ottenere il credito – prosegue il numero uno Anaci – altri non hanno mai depositato la Cila (Comunicazione inizio lavori asseverata), oppure lo hanno fatto fuori tempo massimo”. Tutte queste situazioni saranno adesso sottoposte a verifica da parte dell’Agenzia delle entrate. Nel frattempo, “chi ha fatto bene le cose non ha nulla da temere. Ma dove c’è stata superficialità, complicità o malafede, i rischi sono enormi. L’Agenzia delle Entrate può rigettare tutto e chiedere la restituzione delle somme”, avverte Burrelli.

Nonostante l’entità assoluta delle truffe sia significativa, la percentuale rispetto al volume complessivo dei crediti generati dal Superbonus 110% resta decisamente contenuta. Questo è dovuto anche ai maggiori controlli previsti dalla normativa, come il visto di conformità e l’asseverazione tecnica obbligatoria, che hanno limitato la possibilità di frodi rispetto ad altri bonus edilizi. Fino al 2024, secondo i dati più recenti e attendibili forniti dalle Fiamme gialle, le frodi accertate relative al Superbonus 110% ammontavano a circa 6 miliardi di euro, il 5% delle frodi complessive relative a tutti i bonus edilizi tra Ecobonus, Bonus Facciate e altri sgravi voluti dallo Stato. In termini di incidenza sul totale degli interventi ammessi al Superbonus, la quota di frodi accertate è pari a circa lo 0,5%.

In alcuni casi i lavori non sono mai iniziati

Tra i casi più gravi ci sono quelli in cui i lavori non sono mai iniziati, ma le cessioni di credito sono state fatte come se tutto fosse regolare. Oppure, casi in cui i lavori sono partiti ma non hanno rispettato i criteri minimi di efficientamento energetico, e quindi non sono stati ammessi al bonus. “Gli amministratori che non hanno prodotto la documentazione corretta, le imprese che non hanno certificato bene, i tecnici che hanno asseverato senza riscontri: tutti possono trovarsi coinvolti. Alcuni condomìni hanno speso centinaia di migliaia di euro per progettisti e pratiche mai formalizzate. Alla fine sono scaduti i termini, il finanziatore è saltato, e l’intera operazione è naufragata”, sottolinea ancora l’Anaci.

L’Agenzia delle Entrate può chiedere indietro tutto

Le ragioni per richiedere indietro le somme da parte di Agenzia delle Entrate, sono molteplici. “Se non si scende almeno di due classi energetiche o non si raggiunge almeno il 60% di miglioramento previsto, l’Agenzia delle Entrate può chiedere indietro tutto. E se il credito è stato già utilizzato, il danno è enorme”, spiega Burrelli a proposito dell’efficientamento energetico degli edifici.“A Monza, dove i controlli sono già in stato avanzato – come conferma l’Associazione nazionale – gli edifici coinvolti sarebbero un 3% del totale, con casi già presentati presso la seconda sezione del Tribunale locale. Ma sono migliaia le situazioni potenzialmente a rischio”.

Per evitare che i cittadini finiscano stritolati in un ginepraio tecnico-legale, i condomini possono verificare che i progetti approvati siano effettivamente stati presentati agli enti preposti al rimborso; che di fronte a lavori non avviati i crediti non siano stati ceduti ugualmente. Ma anche che gli interventi iniziati rispettino le soglie minime richieste dalla legge o che, per le imprese sparite a metà lavori, i crediti non siano nel frattempo stati acquistati da terzi e ormai deteriorati.

Secondo Burrelli, con il cambio al governo tra Conte e Meloni, la politica ha fatto marcia indietro senza una strategia chiara: “Tanti professionisti hanno lavorato anche senza sapere se i crediti sarebbero stati poi effettivamente acquisiti. Parliamo di imprese coinvolte per oltre 500.000 euro, che ora rischiano di restare con nulla in mano”. Il rischio è che a pagare, alla fine, siano sempre gli stessi: i condomìni e i cittadini. “Chi ha seguito le regole non avrà problemi. Ma chi è stato mal consigliato o ha incontrato imprese poco serie, può ritrovarsi a dover pagare tutto”.

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Dai lavori mai finiti alle anomalie fiscali, in corso accertamenti

Uno dei problemi del Superbonus 110% appartiene anche a chi, i lavori, non li ha ancora terminati. O che vede la percentuale di avanzamento degli stessi decisamente lontana dalla soglia richiesta dallo Stato per avere accesso alla detrazione fiscale. “L’80% dei condomini rischia cartelle da migliaia di euro. Nessuno ha detto loro la verità”. A spiegarlo al Quotidiano di Sicilia è l’avvocato messinese Gaetano D’Andrea, mediatore civile attivo in tutto il Paese e già presidente Asppi di Bergamo.

“In moltissimi condomini i lavori non sono nemmeno partiti e in altri, seppur iniziati, sono stati immediatamente bloccati. Le imprese hanno così lasciato i cantieri al 20/30% di avanzamento lavori e questo sta comportando un esborso ulteriore per completare le opere avviate, con il rischio elevato che non potranno essere ultimate”, sottolinea a proposito delle criticità.

Un aspetto di non secondo piano è che, dal 2024, il bonus è stato rideterminato al 70% e, nel 2025, è stato ulteriormente ridotto al 65%, per poi terminare definitivamente il 31 dicembre di quest’anno. “Il problema principale è la falsa convinzione che il Superbonus fosse totalmente gratuito – spiega l’avvocato. Gli amministratori, per superficialità o per mancanza di formazione, hanno venduto il bonus come se fosse una ristrutturazione a costo zero. Ma non è mai stato così”.

Il professionista, oggi impegnato a sbloccare numerose situazioni critiche in tutta Italia, chiarisce: “I condomini hanno ceduto i crediti fiscali, spesso nella convinzione che ciò coprisse tutto. Ma alcune voci – come gli oneri finanziari e l’attività del General contractor – non sono mai state cedibili. E quindi restano a carico dei singoli”, che potranno adesso vedersi recapitare a casa cartelle esattoriali nell’ordine di decine di migliaia di euro. Nemmeno i condomini con lavori ultimati possono dormire sonni tranquilli, perché l’Agenzia delle Entrate potrà rilevare eventuali anomalie fiscali solo adesso che sono stati avviati i controlli.

Per comprendere meglio, D’Andrea prende in esempio un condominio con lavori del Superbonus per un milione di euro. “I singoli condomini cedono la propria quota – 20, 30 o 50 mila euro – ma ci sono almeno due voci che non possono essere cedute: gli oneri finanziari e il compenso per l’attività di coordinamento del General contractor. Questo significa che il condominio dovrebbe coprire da sé una percentuale importante, che può arrivare al 28%”. Tradotto in cifre: “Su un milione di euro, 280 mila euro restano fuori dalla cessione. Sono costi che vanno versati attraverso il fondo previsto dall’articolo 1135 del codice civile. Ma quasi nessuno li ha considerati davvero. Il risultato è che l’Agenzia delle Entrate, al momento della verifica, chiederà ai singoli di pagare ciò che non era cedibile, con sanzioni e interessi”.

Un altro problema riguarda i morosi: “Chi non ha versato la propria quota al fondo lavori, anche se moroso solo per quella specifica spesa, non ha potuto cedere il proprio credito. E quindi, tecnicamente, dovrà coprire di tasca propria l’intera somma, con tutti gli annessi legali”. A proposito delle tempistiche, “gli accertamenti dell’Agenzia potranno essere condotti per il tempo limite di dodici anni: nessuno può dunque dormire sonni tranquilli, perché il problema intaccherebbe molti più condomini di quanto si pensa che hanno aderito tra il 2021 e l’inizio del 2023”.

Nelle città metropolitane i controlli dell’Agenzia sono già stati avviati: sotto la lente d’ingrandimento sono finiti i General contractor e le imprese edili. In seguito le verifiche riguarderanno poi i condomini e gli amministratori. Per tutelarsi per tempo, i condomini oggi devono “chiedere subito tutta la documentazione all’amministratore. Ogni singolo dovrebbe avere copia del contratto, dei bonifici, delle cessioni del credito, delle delibere. Questo è fondamentale. Quando arriverà un avviso di accertamento, i tempi per opporsi o spiegare saranno ridotti”, conclude il legale.

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