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AI Act sotto attacco: 44 aziende europee chiedono rinvio e revisione


Cosa resterà dell’AI Act? Il 2 agosto dovrebbe entrare a regime il Codice di Condotta, ma intorno alla prima legge al mondo sull’Intelligenza Artificiale, varata dall’Unione Europea un anno fa, è in corso una vera e propria tempesta. L’ultimo attacco, tipicamente lobbistico, è da parte dei Ceo di 44 aziende europee multinazionali. Con una lettera aperta intitolata “Stop the clock”, inviata alla presidente Ue Ursula Von Der Leyen, ai vicepresidenti esecutivi Virkkunen e Séjourné, e al Commissario Dombrovskis, i firmatari chiedono di rivedere l’apparato delle regole e, di fatto, rinviare di almeno due anni l’entrata in vigore dell’AI Act.È la stessa posizione delle Big tech americane sostenute dall’Amministrazione Trump, che persegue unicamente l’obiettivo della completa deregulation in materia di Intelligenza Artificiale. L’inquilino della Casa Bianca ritiene che solo senza regole gli Stati Uniti possano stare al passo dell’avanzata della Cina, già leader assoluto del mercato delle Terre Rare, i minerali fondamentali nel settore dell’innovazione digitale.

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C’è una completa sintonia tra la lettera delle 44 aziende europee e la missiva inviata ad aprile dalla Rappresentanza degli Stati Uniti in Ue, anch’essa relativa al codice di buone pratiche sui modelli di intelligenza artificiale per finalità generali, come Gpt-4 di OpenAI. Il codice doveva essere pronto a maggio, ma è ancora incagliato in una serie di estenuanti consultazioni da parte dei funzionari Ue, in primo luogo proprio con le Big tech statunitensi. Il portavoce della Commissione Thomas Regnier, qualche tempo fa ha dichiarato: “Siamo aperti al dialogo con l’industria, con le parti interessate: è insieme a loro che stiamo redigendo questo codice, che naturalmente sarà anche volontario”. Una frase sibillina: un regolamento è tale se impone delle regole, non se lascia la volontarietà di rispettarle o meno.

Tanto per dare una motivazione di trasparenza alla fase di stallo, la Commissione ha varato qualche settimana fa una sorta di sondaggio on line con un questionario che entra nel merito dell’essenza stessa della normativa europea in materia di intelligenza artificiale. L’AI Act, infatti, individua due tipi di sistemi di IA “ad alto rischio”: (1) importante per la sicurezza dei prodotti ai sensi della legislazione armonizzata dell’Unione in materia di sicurezza dei prodotti; e 2) quelli che possono incidere in modo significativo sulla salute, sulla sicurezza o sui diritti fondamentali delle persone in casi d’uso specifici elencati nella legge sull’IA. Adesso, con questa consultazione last minute l’Unione Europea chiama i portatori di interessi, compresi i fornitori e gli sviluppatori di sistemi di IA ad alto rischio, le imprese e le autorità pubbliche che utilizzano tali sistemi, nonché il mondo accademico, gli istituti di ricerca, la società civile, i governi, le autorità di controllo e i cittadini in generale, a condividere le loro opinioni. Si potrà farlo fino al 18 luglio. In tempo per promulgare il Codice delle regole per il 2 agosto?

Non è il solo interrogativo. La strada dell’AI Act, del resto, è costellata di tempi lunghi, ritardi e lancinanti diatribe sospese tra regole e deregulation, fin da quando, nel 2106, se ne cominciò a parlare nelle commissioni del Parlamento europeo. Uno scontro epocale su questo fronte si ebbe nel dicembre 2023, quando il Trilogo – cioè la sede della fase informale del processo legislativo durante la quale si svolgono negoziati tra le tre principali istituzioni coinvolte nell’adozione delle leggi dell’UE, la Commissione, il Consiglio e il Parlamento – varò il testo definitivo dell’AI Act, dopo una battaglia intensa. Al comunicato stampa diffuso al termine di un’estenuante trattativa venne dato un rilievo molto enfatizzato. Il testo era introdotto dal titolo: “Legge sull’intelligenza artificiale: accordo su regole complete per un’IA affidabile”.

Quindi, nel sommario, venivano evidenziati i punti fondamentali: 1. Accordo sulle misure di salvaguardia per l’intelligenza artificiale per scopi generali; 2. Limitazione dell’uso dei sistemi di identificazione biometrica da parte delle forze dell’ordine; 3. Divieto di social scoring e di IA utilizzata per manipolare o sfruttare le vulnerabilità dell’utente; 4. Diritto dei consumatori di presentare reclami e di ricevere spiegazioni significative; 5. Multe che vanno da 35 milioni di euro o 7% del fatturato globale a 7,5 milioni o 1,5% del fatturato. E poi, nel comunicato ufficiale si leggeva: “I negoziatori del Parlamento e del Consiglio hanno raggiunto un accordo sulla legge sull’intelligenza artificiale. Questo regolamento mira a garantire che i diritti fondamentali, la democrazia, lo stato di diritto e la sostenibilità ambientale, siano protetti dall’IA ad alto rischio, stimolando al contempo l’innovazione e rendendo l’Europa leader nel settore. Le norme stabiliscono obblighi per l’IA in base ai suoi rischi potenziali e al livello di impatto”.

Che cosa rimane di quell’orgogliosa rivendicazione? Molti segnali fanno intendere che le pressioni in atto stanno facendo breccia. Anche il fronte interno all’Unione Europea si sta incrinando. Il primo ministro svedese Ulf Kristersson ha infatti chiesto una pausa sull’AI Act dell’UE, sottolineando la necessità di standard comuni su scala mondiale per evitare confusione e garantire che l’Europa rimanga competitiva.

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L’ultimo tassello della strategia che mira a destabilizzare l’intento originario dell’AI Act è la lettera delle 44 aziende europee di primo piano, pubblicata in un profilo Linkedin che i promotori hanno denominato “EU AI Champions”. In questa vetrina social viene richiamata “la necessità di standard comuni in materia di AI per evitare confusione e garantire che l’Europa rimanga competitiva”. E si sottolinea: “una pausa strategica nell’applicazione, unita alla semplificazione normativa, potrebbe accelerare l’innovazione garantendo al contempo chiarezza. Un passo fondamentale per consolidare la leadership dell’Europa nel settore dell’IA”. Frase, quest’ultima, che appare più uno slogan di maniera, perché certamente l’Europa non ha alcuna leadership al momento, in materia di Intelligenza Artificiale e insegue arrancando i due veri competitori: Usa e Cina.

Il testo integrale della lettera è caratterizzato da un’adesione di facciata ai nobili intenti dell’Ue sul fronte dei diritti, ma nella sostanza, si punta ad una decisa inversione di tendenza sulla rigidità delle regole. Ecco il testo: “L’Europa si è a lungo distinta per la sua capacità di trovare un attento equilibrio tra regolamentazione e innovazione. Questo approccio è ampiamente riconosciuto a livello globale come una pietra angolare del “modello europeo”. È particolarmente importante nel contesto dell’intelligenza artificiale (IA), il cui impatto, in quanto tecnologia trasformativa, va ben oltre il settore tecnologico. Come le rivoluzioni industriali innescate dal vapore o da Internet, l’IA ridefinirà interi settori economici – dall’energia e la manifattura alle scienze della vita e alla difesa. In un’epoca di cambiamenti tecnologici, economici e geopolitici senza precedenti, la capacità dell’Europa di guidare l’innovazione e l’adozione dell’IA sarà fondamentale per affrontare le sfide in termini di competitività e sovranità, così chiaramente individuate da Mario Draghi – soprattutto nei nostri settori più consolidati e strategici. Purtroppo, questo equilibrio è oggi messo in crisi da normative europee poco chiare, sovrapposte e sempre più complesse. Questo minaccia le ambizioni dell’Europa in materia di IA, mettendo a rischio non solo lo sviluppo di campioni europei, ma anche la capacità di tutti i settori industriali di implementare l’IA su scala adeguata per affrontare la concorrenza globale.

Per questo motivo noi – leader di aziende europee provenienti da diversi settori e Paesi, che complessivamente impiegano centinaia di migliaia di persone in tutto il continente – sentiamo la necessità di prendere posizione.

L’Europa ha importanti punti di forza: una solida base industriale, abbondanza di talenti, ricerca di livello mondiale, una cultura di apertura e collaborazione, oltre a solidi presidi normativi. Accogliamo con favore il Piano d’Azione per un Continente dell’IA della Commissione e il vostro impegno dichiarato verso la semplificazione normativa.

Ma è giunto il momento che l’ambizione si traduca in azione concreta. Il prossimo pacchetto digitale omnibus e il controllo dell’idoneità digitale devono rappresentare una svolta decisa verso un approccio normativo più proporzionato e favorevole all’innovazione. Tali sforzi di semplificazione dovrebbero avvantaggiare le PMI, le start-up, le scale-up e anche le grandi aziende consolidate, che potranno tutte contribuire a stimolare l’innovazione se potranno contare su regole chiare e prevedibili.

In questo contesto, accogliamo positivamente i recenti dibattiti sull’opportunità di posticipare l’entrata in vigore dell’AI Act, mentre linee guida e standard pertinenti sono ancora in fase di definizione, e mentre i vari settori cercano soluzioni condivise. Per affrontare l’incertezza che questa situazione sta generando, invitiamo la Commissione a proporre una sospensione (“clock-stop”) di due anni sull’AI Act prima che entrino in vigore gli obblighi principali, per consentire una corretta implementazione da parte delle aziende e un’ulteriore semplificazione delle nuove regole.

Questo rinvio dovrebbe riguardare sia gli obblighi relativi, ad esempio, ai sistemi IA ad alto rischio – la cui entrata in vigore è prevista per agosto 2026 – sia quelli riguardanti i modelli IA di uso generale (GPAI), che entreranno in vigore da agosto 2025, mentre il relativo e tanto atteso Codice di Condotta non è ancora stato pubblicato.

Questo rinvio, accompagnato da un impegno a privilegiare la qualità normativa rispetto alla velocità, invierebbe un forte segnale agli innovatori e agli investitori di tutto il mondo che l’Europa fa sul serio con l’agenda di semplificazione e competitività. Nel contesto della più ampia revisione delle norme digitali dell’UE da voi annunciata, questo darebbe anche lo spazio necessario per sviluppare una strategia di implementazione favorevole all’innovazione e per identificare soluzioni pragmatiche di semplificazione normativa, che coprano sia i modelli GPAI sia i sistemi IA ad alto rischio, oltre alla regolamentazione digitale in senso più ampio. Abbiamo sviluppato proposte dettagliate e siamo pronti a collaborare attivamente con la Commissione. Come rappresentanti di aziende europee profondamente impegnate nel progetto europeo e nello sviluppo di un’IA affidabile e antropocentrica – che deve naturalmente essere oggetto di una regolamentazione semplificata e concreta – siamo convinti che l’Europa abbia un’opportunità unica per guidare l’economia globale dell’IA. Ma questa opportunità potrà concretizzarsi solo se agiremo ora, con determinazione e spirito di collaborazione”.

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La richiesta di rinvio per l’entrata in vigore dell’AI Act, che è il fulcro della lettera, fa leva anche sui ritardi dell’Unione Europea, che sono indubbi. Giova ricordare le scadenze programmate:

2 agosto 2025   – Promulgazione del Codice con gli obblighi di trasparenza per fornitori di modelli di IA generativa (GPAI), inclusi requisiti su dati di addestramento, copyright e documentazione tecnica. Entrano in vigore le norme sulla governance, sulle autorità nazionali e sulle sanzioni.

Fine 2025 – Pubblicazione del Code of Practice per modelli GPAI

2 agosto 2026   – Obblighi pienamente applicabili ai sistemi di IA ad alto rischio: requisiti tecnici, registrazione, sorveglianza e conformità.

2 agosto 2027   – Applicazione completa per tutti i sistemi AI ad alto rischio già immessi sul mercato o messi in servizio.

Fine 2030 – Conformità obbligatoria per sistemi IA integrati in infrastrutture IT su larga scala preesistenti.

Si capirà che l’accettazione più o meno esplicita del rinvio di due anni richiesto da Stati Uniti, big tech, 44 aziende europee e Governo svedese, renderà di fatto evanescente l’AI Act: un bel quadro appeso al muro. Poco più.

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In foto Ursula von der Leyen





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