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certezza normativa e prevenzione – Agenda Brindisi


Con l’arrivo dell’estate e il crescente aumento delle temperature, numerose Regioni italiane hanno adottato specifiche ordinanze contro il rischio caldo, imponendo il divieto di lavoro all’aperto nelle ore centrali della giornata – solitamente tra le 12:30 e le 16:00 – nei settori più esposti, come quello edile. Dal Veneto alla Sicilia, passando per la Puglia, la Campania, il Lazio, la Lombardia e molte altre, le istituzioni regionali stanno adottando misure straordinarie per tutelare la salute dei lavoratori, basandosi sulle segnalazioni dei bollettini meteorologici e delle piattaforme di monitoraggio del microclima come Worklimate. Si tratta di disposizioni emergenziali che trovano però fondamento in un principio generale e non negoziabile: la sicurezza nei luoghi di lavoro è una priorità assoluta. In questo contesto si inserisce anche il nuovo Protocollo nazionale per la prevenzione dei rischi da calore, sottoscritto lo scorso 2 luglio dal Ministero del Lavoro, INAIL, Ispettorato del Lavoro e dalle principali parti sociali, tra cui ANCE. Il documento rappresenta un passo concreto verso una gestione più consapevole e strutturata dell’emergenza climatica nei cantieri.
Tra le principali indicazioni del Protocollo: l’inserimento dello stress termico tra i rischi da valutare nel DVR aziendale; l’organizzazione di pause, turnazioni e zone d’ombra nei cantieri; la formazione del personale per riconoscere e gestire i sintomi da colpo di calore; l’adozione di accordi aziendali o territoriali che facilitino l’accesso agli strumenti di sostegno previsti da INAIL.

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“Le ordinanze delle Regioni – dichiara Angelo Contessa, Presidente di ANCE Brindisi (foto) – non sono un aggravio burocratico, ma un richiamo al rispetto di un principio basilare: la tutela della salute dei lavoratori viene prima di tutto. In edilizia questo significa programmare, formare, prevenire. E farlo per tempo, senza attendere che l’allerta si trasformi in emergenza.”
Per le imprese, diventa quindi essenziale: monitorare costantemente le previsioni climatiche ufficiali; far aggiornare la documentazione di sicurezza, inclusi DVR, POS e PSC; riprogrammare i turni nei giorni più critici; dotarsi di strumenti e dispositivi adeguati per prevenire situazioni di pericolo.
Ma alla responsabilità delle imprese deve corrispondere una chiara cornice normativa e il riconoscimento che i costi derivanti dall’attuazione delle misure di prevenzione non possono ricadere unicamente sul sistema imprenditoriale. “Il cambiamento climatico è una realtà con cui anche il nostro settore deve fare i conti – conclude Contessa –. Per questo serve una cornice normativa stabile e uniforme a livello nazionale, che garantisca omogeneità di trattamento tra territori e certezza giuridica per le imprese. Ma intanto, in territori come il nostro, è dovere di ogni impresa costruire una cultura della prevenzione che non si esaurisca con l’ordinanza del giorno, ma diventi prassi quotidiana nei cantieri. Tuttavia, va detto con chiarezza: l’impatto economico delle misure straordinarie deve essere riconosciuto, accompagnato e non scaricato esclusivamente sulle imprese, con adeguate proroghe contrattuali”.

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