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Schlein ospita imprese e sindacati. Ricette per tornare al governo


«La risposta al rischio dì de-industrializzazione del nostro continente non può essere una politica di riarmo». Per questo il Pd vuole «sfidare il governo Meloni con un Piano nazionale per l’industria», spiega Andrea Orlando, che ha aperto ieri a Roma, insieme a Elly Schlein, il convegno dei dem sull’industria, dal titolo «Rotte per il futuro. Reindustrializzare l’Italia e l’Europa».

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Due giorni di incontri che si chiuderanno oggi con l’intervento finale della segretaria, una sorta di primo bilancio del viaggio che Orlando ha fatto negli ultimi mesi nelle realtà industriali del paese. Un modo per dimostrare che «il Pd ascolta il mondo delle imprese, a differenza del governo», ha detto Schlein. Ma anche per ribadire che il nuovo Pd è ben radicato nella realtà produttiva e industriale, non è solo il partito dei diritti civili ma è pronto a tornare al governo con una sua ricetta economica per rilanciare l’Italia, diversa dal passato, più indirizzata verso la tutela dei lavoratori e della transizione ecologica, ma comunque una ricetta di governo.

La presenza ieri del presidente di Confindustria Emanuele Orsini è uno dei segnali che il Pd ha voluto dare, insieme a queklla dei segretari di Cgil, Fiom e Uil, Landini, De Palma e Bombardieri che interverranno questa mattina (assente la Cisl). Un modo per dire che i dem non sono schiacciati sul sindacato, ma vogliono proporre nuove politiche induistriali in cui lo Stato abbia un ruolo centrale per incentivare le transizioni verde e digitale con una visione che punta alla qualità del lavoro e dei salari e alla selettività dei sostegni, superando la logica degli «incentivi a pioggia» e promuovendo investimenti verso «produzioni decarbonizzate e tecnologie pulite».

Al centro della discussione il «Libro verde» sulle politiche industriali che punta a «orientare gli investimenti pubblici», proponendo un’alleanza tra istituzioni, lavoro, impresa e ricerca. Con un punto fermo: no al riarmo come volano per la ripresa economica. «Lo Stato deve orientare e co-finanziare lo sviluppo, sostenendo imprese innovative e responsabili», dice Orlando. «Sappiamo che l’Europa è l’orizzonte, ma anche che non possiamo aspettarci molto dall’attuale commissione Ue con la sua doppia maggioranza, né da un consiglio dominato dalle destre», ha proseguito l’ex ministro del Lavoro. Mentre Schlein ha rilanciato la sfida a Meloni sui dazi citando i dati di Confindustria che segnalano come anche dazi al 10% avrebbero un impatto pesante sull’export italiano (-20 miliardi) e sull’occupazione, con una perdita di circa 118mila posti di lavoro.

La leader Pd ha puntato anche sul disaccoppiamento del costo dell’elettricità da quello del gas, sulla lotta alla multinazionali che «vengono in Italia con atteggiamento predatorio» e sulla necessità di colpire gli «extraprofitti delle società energetiche». «L’energia è il punto più importante da sistemare», ha detto Orsini. E ha aggiunto: «Con dazi al 10% serviranno compensazioni per alcune filiere e settori se vogliamo rimanere nel mercato».

«Vogliamo incrementare i salari? Cominciamo a eliminare i contratti pirata», ha aggiunto il numero uno di Confindustria, confermando che sul tema c’è un dialogo aperto con i sindacati.

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«Vogliamo e dobbiamo tracciare una nuova rotta di fronte a una crisi profonda che colpisce l’economia reale, l’industria, il lavoro, il tessuto produttivo italiano ed europeo», ha detto il capogruppo al Senato Francesco Boccia. «Meloni e Giorgetti hanno lasciato la politica industriale in balia di annunci, rinvii, interventi spot, incapaci di rispondere alle esigenze delle imprese, dei territori, dei lavoratori. Le imprese sono lasciate sole, senza certezze sugli investimenti».

Schlein, a margine dei lavori,è tornata sul caso Nordio-Elmasry. «Sono emersi dei fatti gravissimi in questi giorni, il ministro ha mentito in aula perchè è emerso che poteva evitare che fosse liberato e rimandato in Libia con un volo di Stato per continuare a torturare. Nordio non può rimanere un minuto di più al suo posto, la prima a chiedere le sue dimissioni dovrebbe essere Meloni».



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