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Materie Prime Critiche per l’Energia, l’Ateneo partecipa alla seconda edizione del Simposio Nazionale OIMCE


Rilanciare le competenze nel settore minerario, una necessità per l’Italia e l’Europa nel quadro degli investimenti comuni in tema di Materie Prime Critiche per l’Energia. È l’appello del Vicerettore per le Politiche territoriali, nazionali ed europee con delega alle Materie Prime Critiche e Tematiche Ambientali Mariachiara Zanetti, intervenuta, in rappresentanza dell’Ateneo, al Secondo Simposio Nazionale OIMCE-Osservatorio Italiano Materie Prime Critiche Energia – iniziativa promossa da WEC Italia ed Assorisorse e aperta all’adesione di tutti gli stakeholder del settore. 

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L’incontro, ospitato il 7 luglio scorso dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy-MIMIT, ha riunito istituzioni, imprese ed enti di ricerca per discutere di strategie di approvvigionamento, tecnologie per recupero e riciclo, impatti economici e attuazione del Critical Raw Materials Act, e altri temi di stretta attualità legati alle Materie Prime Critiche con l’obiettivo di rafforzare resilienza e sostenibilità della filiera.

La professoressa Zanetti – in dialogo con Giuseppe Montesano di OIMCE, Alberto Pasanisi di Edison e Raffaele Avella di AIDIC-Associazione Italiana di Ingegneria Chimica – ha quindi richiamato, in apertura, l’importanza del Critical Raw Materials Act approvato nell’aprile del 2024 dalla Commissione Europea e recepito in Italia con il Dlgs 84/2024, una normativa che mira a incrementare la resilienza della catena di approvvigionamento delle Materie Prime Critiche (CRM) e Strategiche (SRM) per l’Unione Europea. E che fissa obiettivi ambiziosi da raggiungere entro il 2030: almeno il 10% del consumo europeo annuo di Materie Prime Critiche dovrà infatti provenire dall’estrazione, il 40% dalla trasformazione e il 25% dal riciclaggio.

Fondamentale, per conseguire tali obiettivi, è la disponibilità, sia a livello nazionale che europeo, di competenze adeguate in tutte le fasi dell’attività mineraria. La professoressa Zanetti ha quindi delineato un percorso che parte dall’esplorazione di base – volta a individuare aree potenzialmente ricche attraverso metodi non invasivi – all’esplorazione dettagliata, con perforazioni e campionamenti per valutare quantità e qualità del minerale. Una volta accertato il potenziale, si potrà proseguire con la valutazione economica e lo studio di fattibilità, analizzando costi, benefici, impatto ambientale e sociale. La fase successiva prevederà la realizzazione delle infrastrutture necessarie come strade, impianti di trattamento e alloggi, e quindi l’estrazione vera e propria, la fase operativa in cui il minerale viene prelevato dal sottosuolo o dalla superficie. Infine, il trattamento e la lavorazione trasformeranno il materiale estratto nel prodotto commerciabile, e al termine del ciclo di vita della miniera, si procederà con la chiusura e la bonifica per il ripristino ambientale del territorio.

Si tratta di competenze oggi fortemente in calo, in Italia. In particolare, l’intervento della professoressa Zanetti ha evidenziato le criticità nel sistema formativo del Paese, che a partire dagli anni ’90, con la chiusura di buona parte delle miniere italiane, ha registrato una significativa perdita delle discipline minerarie legate alle Scienze geologiche e all’Ingegneria: attualmente, si contano infatti pochi percorsi di interesse, tra questi il corso di Laurea magistrale in Georesources and Geoenergy Engineering presso il Dipartimento di Ingegneria dell’Ambiente, del Territorio e delle Infrastrutture-DIATI, unico esempio italiano di Laurea Magistrale nel campo deIIe risorse primarie ed energetiche.

E allora, per rilanciare l’industria estrattiva italiana, risulta necessaria la ricostruzione di un solido bacino di competenze minerarie per la programmazione, progettazione e gestione dei siti, estendendo le conoscenze acquisite anche alla Pubblica Amministrazione. Si guarda quindi al futuro del settore, un futuro che – grazie alle nuove tecnologie e alle maggiori conoscenze ambientali – garantirà un impatto ambientale notevolmente più contenuto rispetto al passato. Con la riapertura e sviluppo dei siti minerari dismessi, potrebbe essere incentivata la nascita di attività industriali di trasformazione in Italia e in Europa, per produrre metalli senza dover ricorrere all’invio all’estero dei minerali estratti o dei rifiuti, sfruttando anche le partnership europee per le Materie Prime Critiche con paesi esteri. 

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“Occorre quindi definire una strategia, di forte impulso governativo, per valutare il ruolo nell’approvvigionamento delle Materie Prime Critiche che l’Italia intende giocare nel prossimo futuro – commenta la professoressa Zanetti Importante è ricordare che la strategia adottata deve essere di matrice europea in quanto gli obiettivi da raggiungere sono comuni: saremo quindi capaci di agire come una unica squadra composta da 27 giocatori?”.



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