In Cina, la vita quotidiana è sempre più immersa in un ecosistema digitale estremamente avanzato, in cui lo smartphone è diventato lo strumento centrale per ogni tipo di operazione: dai pagamenti in taxi, agli ordini di cibo, fino alla prenotazione di visite mediche. Ora, però, il governo punta a consolidare ulteriormente il controllo sulle attività online dei cittadini attraverso un nuovo strumento chiamato Cyberspace ID.
Questa nuova identità digitale, sviluppata congiuntamente dal Ministero della Pubblica Sicurezza e dalla potente Amministrazione del Cyberspazio, mira a centralizzare l’autenticazione online dei cittadini. L’obiettivo ufficiale è quello di semplificare l’accesso ai servizi digitali e garantire una maggiore tutela dei dati personali. Ma dietro questa spinta verso l’efficienza si cela anche un rafforzamento della sorveglianza statale, come si legge su wired.it.
Attualmente, in Cina, per utilizzare app o servizi online è obbligatorio registrarsi con la propria identità reale, ma questa procedura è gestita da operatori privati, che si occupano della verifica. Con il nuovo sistema, sarà invece lo Stato a gestire direttamente l’identificazione degli utenti. Ogni persona avrà un profilo digitale unico, associato al proprio numero di cellulare, a un documento ufficiale e al riconoscimento facciale. L’attivazione avverrà attraverso un’app ufficiale della polizia.
Secondo le autorità cinesi, il Cyberspace ID dovrebbe limitare i rischi legati alle frodi, agli accessi multipli e all’uso incontrollato dei dati. Oltre sei milioni di persone lo stanno già utilizzando su 67 piattaforme digitali. Anche se, al momento, aderire è facoltativo, è probabile che in futuro questo strumento diventi obbligatorio per navigare su internet, usufruire di servizi pubblici o privati e accedere all’intera infrastruttura digitale del Paese.
Questo progetto nasce da una proposta avanzata nel 2024 da Jia Xiaoliang, funzionario della polizia informatica, che durante le sessioni parlamentari ha spinto per l’introduzione di un sistema unificato di identificazione digitale. La proposta è stata accolta dal governo, che ne ha anche aperto la discussione pubblica. Le prime reazioni, tuttavia, non sono state tutte positive.
Molti esperti di privacy e diritti digitali hanno espresso forti perplessità, preoccupati dal potenziale impatto che un sistema così centralizzato può avere sulla libertà individuale. La preoccupazione maggiore riguarda il fatto che lo Stato potrà monitorare in tempo reale tutte le attività online, senza l’intermediazione delle aziende tecnologiche. In caso di comportamenti giudicati “non conformi” o “rischiosi”, le autorità potrebbero sospendere l’ID digitale, impedendo a una persona di accedere a servizi essenziali come la sanità, il sistema bancario o i trasporti.
Ma i dubbi non si fermano qui. Una grande quantità di dati raccolti in questo modo potrebbe essere usata per alimentare sistemi di intelligenza artificiale o essere sfruttata per attività di spionaggio e manipolazione. Inoltre, la possibilità che queste informazioni vengano intercettate da hacker o da entità straniere rappresenta un rischio concreto per la sicurezza informatica e geopolitica. In un mondo in cui il controllo dei dati è sempre più centrale nella competizione globale, questo progetto potrebbe rafforzare ulteriormente la posizione della Cina come leader del monitoraggio digitale.
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