Lunedì scade la sospensione delle contromisure. L’ipotesi di una tassa sulle grandi aziende
Gli occhi sono puntati su Washington e su quello che deciderà il presidente degli Stati Uniti Donald Trump nella disputa commerciale con l’Unione europea. «Rispetto a ieri (giovedì, ndr), rimaniamo dalla nostra parte completamente pronti per concludere un accordo di principio con gli Stati Uniti. Non abbiamo aggiornamenti che indichino che ciò accadrà in via imminente», ha detto la Commissione che negozia a nome dei Ventisette. Insomma, si naviga a vista in attesa della lettera all’Ue promessa da Trump. Il presidente americano ha usato le lettere per comunicare le proprie tariffe a 23 Paesi. L’annuncio al Canada di dazi al 35% unito all’incertezza sul futuro dell’Ue ha cancellato l’ottimismo dei mercati per le trattative commerciali in corso e ha fatto chiudere in rosso l’ultima seduta della settimana di tutte le Borse europee, allontanandole dai massimi storici toccati negli ultimi giorni. Milano (-1,11%) è stata la peggiore piazza del Vecchio Continente, seguita da Parigi (-0,92%), Francoforte (0,88%) e Londra (-0,42%).
Il no dell’Ue a un’escalation dello scontro con gli Usa
Ora gli investitori non sanno se aspettarsi un accordo come quello tra Usa e Regno Unito, ormai considerato favorevole, oppure tariffe superiori al 10%. E rimane l’incognita sulle eventuali contromisure da parte dell’Ue di fronte a un accordo che si prospetta «asimmetrico». Alla mezzanotte di lunedì scade la sospensione delle contromisure su 21 miliardi di prodotti Usa decisa dall’Unione in risposta ai dazi su acciaio e alluminio imposti da Washington in marzo. Erano poi state congelate in segno di buona volontà durante i negoziati. È la Commissione che decide se sospenderle di nuovo e questa è l’intenzione per continuare «a perseguire buoni risultati nei nostri colloqui con gli Stati Uniti», ha spiegato una fonte Ue. L’ultima cosa che vogliono Bruxelles e le capitali è un’escalation. Il nuovo pacchetto di contromisure è comunque finalizzato (si è passati dal colpire prodotti Usa per un valore di 95 miliardi a un valore di 72 miliardi). I negoziati intanto proseguono. «Non ci sono contatti previsti» nelle prossime ore, «ma tutto può cambiare da un momento all’altro», ha spiegato Olof Gill, portavoce al Trade della Commissione. E infatti gli ambasciatori presso la Ue sono pronti a riunirsi anche domani. Lunedì, invece, si vedranno i ministri dei Ventisette responsabili del Commercio.
Incertezza sul punto di caduta
L’obiettivo di Bruxelles resta chiudere prima del primo agosto, quando Washington ha detto che farà scattare per tutti i Paesi le tariffe decise il 2 aprile (per l’Ue del 50%). Alle industrie europee serve prevedibilità. Ma anche qualora si dovesse arrivare a un accordo di principio, i mesi che seguiranno saranno dominati dell’incertezza perché andranno negoziati i dettagli. L’Ue continua a puntare a un dazio base del 10% come l’attuale e per alcuni settori un’esenzione (aerei civili e alcolici ma non vino). Al momento il 70% delle esportazioni Ue verso gli Usa ha un’aliquota del 10%. Resta ancora incerto il punto di caduta per i settori strategici: le auto e i componenti «made in Ue» sono colpiti al 25%, acciaio e alluminio al 50%. Inoltre pende la spada di Damocle di dazi al 17% sui prodotti agricoli, cui si aggiunge l’ultima minaccia di tariffe al 200% sul pharma. Intanto la Commissione sta lavorando alle nuove risorse proprie per alimentare il bilancio Ue post 2027. Secondo il Financial Times Bruxelles proporrà mercoledì un’imposta sulle grandi aziende (oltre 50 milioni di fatturato) che operano nell’Ue, indipendentemente dal luogo in cui hanno la sede centrale. Una scelta che rischia di essere impopolare in questo momento di grande pressione sulle imprese Ue e Usa.
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