Con la Conferenza Programmatica sulle Politiche Industriali “Le rotte del futuro: Re-industrializzare l’Italia e l’Europa”, promossa dal Forum Industria guidato da Andrea Orlando, il Partito Democratico ha rimesso al centro del dibattito una questione di fondamentale importanza per il Paese: la politica industriale.
Dopo un viaggio di ascolto di oltre 2.500 chilometri nella realtà produttiva del Paese, la due giorni romana è stata non tanto o non solo un evento di partito ma un momento di chiarezza su una delle grandi assenti del dibattito pubblico italiano: l’industria con la sua capacità di produrre valore, lavoro, identità.
Il verbo che abbiamo fortemente voluto nel titolo – reindustrializzare – è lì a testimoniarlo. È il riconoscimento, implicito ma evidente, che siamo di fronte al rischio di perdere il cuore produttivo del Paese ma è al tempo stesso una altrettanto forte volontà di proposta.
In una fase storica in cui l’Europa stessa torna a parlare di “sovranità industriale”, il Partito Democratico dimostra di aver compreso che il rilancio industriale è una sfida essenzialmente politica. Serve visione, serve direzione pubblica. Lo hanno detto con chiarezza Andrea Orlando e Antonio Misiani, e lo ha ripetuto con tono diverso, ma simile convinzione Elly Schlein: non si può immaginare una transizione sostenibile, digitale, sociale, senza una nuova politica industriale.
La conferenza, che segue il percorso fatto in questi anni, ha avuto il merito di riportare appieno questa discussione nel campo progressista. E questo non è affatto scontato. La sinistra nel tempo ha avuto un rapporto a volte distante dall’impresa. Al contrario ora il PD riallaccia il filo con i territori, con le imprese responsabili, con i sindacati, ed anche con le nuove generazioni che vogliono lavorare e innovare in Italia e non altrove.
Un cammino contrassegnato dai tanti temi trattati nella due giorni e condensati nel Libro Verde sull’industria: un documento aperto, che vuole essere il punto di partenza per una fase nuova di dialogo e co-progettazione con tutte le forze economiche e sociali.
Il libro verde contiene lo scenario nel quale ci si muove nelle politiche industriali a livello europeo e nazionale e un profilo di riforme economiche concrete volte a orientare gli investimenti pubblici nell’ottica di un’alleanza tra istituzioni, ricerca, imprese e lavoro: è una prima bozza di un vero e proprio “Piano nazionale per l’industria” che, con il lavoro che ci attende nei prossimi mesi di ulteriore confronto con le parti sociali, gli stakeholder, i portatori di interessi, sui territori, nelle industrie porterà ad una piattaforma di programma articolata e complessiva.
Un atto di coraggio politico. Siamo di fronte ad una scelta: vogliamo un’Italia che produce e che si prende cura del proprio lavoro oppure no? Qualsivoglia sia la scelta serve dirlo con forza. E motivarla.
Per ciò che mi riguarda l’industria e il lavoro sono gli assi portanti dello sviluppo economico, sociale, territoriale del Paese. Senza industria non c’è tenuta sociale. E senza industria sarebbe vuoto parlare di transizione sostenibile e digitale, di innovazione, di trasferimento tecnologico, di partnership pubblico-privata, di competenze, di governance, di economia dei dati come invece si è fatto, con passione, in questa due giorni.
Una due giorni nella quale la parola “industria” è tornata al centro del discorso politico. E, anche solo per questo, ne valeva la pena.
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