Il presidente americano Trump ha postato su Truth la lettera inviata alla Ue dagli Stati Uniti, che annunciano dazi del 30% dal primo agosto, minacciando di raddoppiarli in caso di ritorsioni. Stesso trattamento anche per il Messico in un’altra lettera postata dal numero uno della Casa Bianca sul suo social.
Grande fibrillazione in Italia. Gli studi dicono che potrebbero subire un contraccolpo soprattutto le regioni del Mezzogiorno, Sicilia inclusa.
I dazi doganali Usa, secondo i dati forniti dal Dipartimento del Tesoro, hanno superato a giugno per la prima volta in un anno fiscale i 100 miliardi di dollari, contribuendo a generare un surplus di bilancio di 27 miliardi di dollari nel mese.
Allarme di Confartigianato
L’annuncio del presidente degli Stati Uniti “rischia di assestare un duro colpo all’export italiano negli Usa, in particolare alle micro e piccole imprese”: è l’allarme di Confartigianato che mette in evidenza “il valore delle nostre vendite negli Usa: nei dodici mesi a fine aprile 2025 ammonta a 66,6 miliardi di euro. Di questi, ben 17,87 miliardi di euro provengono dalle piccole imprese”.
E avverte: “L’annuncio dei nuovi dazi arriva in un contesto già fragile: nel primo quadrimestre 2025, a fronte di una crescita complessiva dell’export verso gli Usa dell’8,2%, il comparto manifatturiero (escluso il farmaceutico) registra una contrazione del 2,6%. Le piccole imprese hanno retto grazie al buon andamento dell’alimentare (+9,3%) e della moda (+3,6%), ma risultano in flessione le esportazioni di occhialeria e gioielleria (-9,7%), prodotti in metallo (-6,8%) e mobili (-2%)”.
Le regioni più colpiti dai dazi di Trump
Le Regioni italiane “più esposte all’effetto dazi per la forte quota di export delle piccole imprese verso gli Stati Uniti”, calcola Confartigianato, sono: “Lombardia: 4.419 milioni, con la moda al 45,5%. Veneto: 3.094 milioni di euro, con gioielleria e occhialeria al 56%. Toscana: 2.943 milioni, con moda (51,6%) e alimentare (21,8%). Emilia-Romagna: 1.636 milioni dominati da alimentare (52,9%) e moda (21,5%)”.
A livello provinciale “l’export delle piccole imprese negli Usa è maggiore a: Firenze: 1.546 milioni, con la moda all’83,7%. Vicenza: 933 milioni di cui gioielleria (46,9%) e moda (31,6%). Belluno: 805 milioni di euro, quasi interamente legati all’occhialeria. Arezzo: 557 milioni (4,8% del Pil), gioielleria all’89,6%”.
I rischi per il mezzogiorno
Un altro studio della Cgia di Mestre ritiene che i dazi Usa potrebbero penalizzare, in particolare, l’export del Mezzogiorno che, a differenza del resto del Paese, ha una bassa diversificazione dei prodotti venduti nei mercati esteri.
Pertanto, se dopo l’acciaio, l’alluminio e i loro derivati, gli autoveicoli e la componentistica auto gli Usa – e, a catena, altri Paesi del mondo – decidessero di innalzare le barriere commerciali anche ad altri beni, gli effetti negativi per il nostro sistema produttivo potrebbero abbattersi maggiormente nei territori dove la dimensione economica dell’export è fortemente condizionata da pochi settori merceologici.
La regione che a livello nazionale presenta l’indice di diversificazione peggiore è la Sardegna (95,6%), dove domina l’export dei prodotti derivanti della raffinazione del petrolio. Seguono il Molise (86,9%) – caratterizzato da un peso particolarmente elevato della vendita dei prodotti chimici/materie plastiche e gomma, autoveicoli e prodotti da forno – e la Sicilia (85%), che ha una forte vocazione nella raffinazione dei prodotti petroliferi.
Solo la Puglia presenta un livello di diversificazione elevato (49,8%) e la colloca al terzo posto a livello nazionale tra le regioni potenzialmente meno a rischio da un’eventuale estensione dei dazi ad altri prodotti merceologici. Le aree meno in pericolo sono del Nord. La Lombardia (con un indice del 43%) è ipoteticamente la meno a “rischio”. Poi il Veneto (46,8), la Puglia (49,8), il Trentino A.A. (51,1), l’Emilia R. (53,9) e il Piemonte (54,8). Milano è l’area geografica del Paese che esporta di più verso gli Usa: nel 2024 le vendite hanno toccato i 6,35 miliardi di euro. Poi Firenze (6,17), Modena (3,1), Bologna (2,6) e Torino (2,5) città che esportano quasi un terzo del totale nazionale.
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