Nella Motor Valley emiliana un quadro complesso: Chi investe e guarda al futuro regge. Chi non lo fa, adagiandosi sugli allori del passato o spaventato dalle fibrillazioni del contesto geopolitico, inizia a traballare
Con un ricorso agli ammortizzatori sociali che nell’area metropolitana si aggira intorno all’7-8%, il settore motoristico bolognese prova a resistere ai contraccolpi causati dalla crisi europea dell’automotive, ulteriormente aggravata dai dazi di Trump. La situazione però, proprio come avviene per tutta la Motor Valley emiliana, è complessa.
Il doppio volto del mercato dell’auto
Se le imprese cosiddette campione appartenenti al mercato del lusso, Lamborghini su tutte, continuano a correre, la fotografia scattata dai sindacati assomiglia a un Giano bifronte. Chi investe e guarda al futuro regge; chi non lo fa, adagiandosi sugli allori del passato o spaventato dalle fibrillazioni del contesto geopolitico, inizia a traballare.
Il segretario generale della Fiom di Bologna, Simone Selmi, la riassume così: «Il lusso riesce ancora a tenere, ma Ducati Motor inizia a vivere qualche difficoltà dovuta ai dazi già imposti al mercato delle due ruote e all’operazione di ristrutturazione del colosso austriaco Ktm. C’è poi il caos Marelli», che sta vivendo una delicata fase per il recupero di un maxi-debito da 4 miliardi che tiene in bilico i circa 570 dipendenti di via del Timavo.
Gli effetti sull’intero settore della mobilità
La tempesta automotive si riverbera inoltre sulla mobilità in senso lato, le macchine movimento terra per esempio, scatenando un effetto domino che va travolgendo l’industria tutta, indipendentemente dal settore di appartenenza.
«La cassa integrazione riguarda anche aziende simbolo del territorio: Motori Minarelli, in piena transizione energetica, sconta la paradossale mancata risposta del mercato agli scooter elettrici e si ritrova con esemplari ancora da smaltire nei magazzini dopo il boom di domande arrivate in epoca Covid mentre da quasi due anni Bonfiglioli Riduttori fa fronte con un leggero ricorso agli ammortizzatori sociali al calo degli ordinativi.
I marchi ei nomi coinvolti nel territorio
«Ducati Motor, azienda da sempre stagionale e che continua a guadagnare quote di mercato, non ci preoccupa particolarmente — analizza il componente della segreteria metropolitana della Fim-Cisl, Emilio Vincenzi — ma sicuramente va attenzionata. Dal 2015, quando firmammo un accordo unitario, è in atto un percorso di progressiva stabilizzazione dei contratti a tempo determinato che, prima, diventano part-time ciclici verticali e, poi, dopo almeno due anni, a tempo pieno. Lo scorso anno, infatti, sono stati ben cento i contratti trasformati in full-time grazie a quella intesa che, pur non prevedendo automatismi, funziona quando aumentano i volumi produttivi».
Con il plus che nessuna delle professionalità formate internamente va persa per strada. I maggiori timori di Clementi riguardano Motori Minarelli e l’eterna telenovela della «Menarini bus, che fra una decina di giorni sarà nuovamente sotto la lente del ministero delle Imprese e del made in Italy».
Il funzionario Uilm, Roberto Ferrari, pensa invece «alle piccole aziende artigiane, che sono quelle che stanno vivendo le maggiori difficoltà e che, in mancanza di accordi istituzionali differenti, non possono utilizzare più di 130 ore di cassa integrazione su un periodo di due anni. Schiacciate dalla componentistica cinese a basso costo che ormai sta sostituendo quella locale, spesso a mono-committenza, rischiano così di restare col cerino in mano e di dover aprire, in un futuro neanche così lontano, procedure di licenziamento». O, nella peggiore delle ipotesi, vedersi costrette ad abbassare la serranda.
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