L’innovazione è strategica per le aziende lombarde perché oggi è l’unico vero motore di crescita, competitività e resilienza. In un mondo in trasformazione, chi innova resta sul mercato, chi non lo fa rischia di scomparire. Innovare infatti vuol dire produrre meglio, più velocemente, con meno sprechi. Vuol dire creare prodotti nuovi, entrare in mercati globali, attrarre talenti, generare valore. Ma c’è un problema: l’innovazione non arriva ovunque. Le grandi imprese hanno risorse, competenze e reti per investire. Le Pmi no: faticano a capire da dove iniziare, non hanno budget, temono di sbagliare. Eppure, una filiera è forte solo se lo sono tutti i suoi anelli. È qui che entra in gioco il ruolo dei territori, delle alleanze tra attori diversi: università, centri di ricerca, grandi imprese, startup, istituzioni. In Lombardia, questo ecosistema funziona. Lo dimostrano le esperienze raccontate al Forum dei Territori Lombardia 2025, promosso da UniCredit e tenuto il 4 di luglio a Milano: luoghi come il Competence Center Made 4.0, la rete dei Digital Innovation Hub, ma anche imprese come Elemaster o Casalasco, capaci di fare da ponte tra innovazione e filiera.
La proposta emersa dal Forum è chiara: creare strumenti semplici, concreti e condivisi per accompagnare le Pmi nella trasformazione digitale. Ad esempio, tool per aiutare le Pmi a capire a che punto sono nella trasformazione digitale e dove intervenire. Il Competence Center Made4.0 offre consulenze, corsi e laboratori per rendere l’innovazione più accessibile anche alle aziende con meno risorse. Talent Garden invece punta su formazione e aggiornamento digitale, con percorsi pratici per lavoratori e imprese.
In questo contesto UniCredit si propone come un partner che aiuta le imprese a crescere. Le accompagna nell’innovazione, nell’apertura ai mercati esteri e nella trasformazione digitale. Ascolta i bisogni, favorisce il dialogo e costruisce legami forti tra aziende, finanza, università e istituzioni. Mette in rete competenze e opportunità, promuovendo una cultura d’impresa moderna. L’obiettivo è rafforzare l’economia dei territori, rendendola più solida, aperta e capace di affrontare il futuro.
All’evento hanno partecipato – dopo l’apertura dei lavori di Remo Taricani, deputy head of Italy di UniCredit e l’introduzione di Marco Bortoletti, regional manager Lombardia di UniCredit e Antonio Calabrò, presidente Advisory Board Lombardia di UniCredit – tra i relatori: Valentina Cogliati, presidente e ceo del Gruppo Elemaster; Alberto Dossi, presidente del Gruppo Sapio; Costantino Vaia, amministratore delegato del Gruppo Casalasco; Cecilia Perego, cfo di PegPerego; Davide Dattoli, fondatore ed executive chairman di Talent Garden. Ma anche Marco Taisch, professore al Politecnico di Milano e presidente del Made 4.0 Competence Center; Gianmario Verona, presidente della Fondazione Human Technopole e professore di Innovation Management all’Università Bocconi; Gianluigi Viscardi, presidente onorario di Cosberg e coordinatore nazionale della Rete Dih di Confindustria.
A offrire la cornice geopolitica ed economica sono state Agnese Pini, Direttrice di QN Quotidiano Nazionale, e Manuela D’Onofrio, responsabile Group Investment Strategy di UniCredit. Ha chiuso i lavori Pier Carlo Padoan, presidente di UniCredit.
Geopolitica e mercati: tra instabilità globale e nuove traiettorie economiche
- Geoeconomia e nuove priorità europee: tra divergenze globali e transizione dal welfare al warfare
L’analisi si amplia sul fronte economico globale, con un focus sulla crescente distanza tra i modelli di crescita degli Stati Uniti e dell’Unione Europea. A emergere è una divergenza strutturale, radicata nelle diverse strategie adottate in risposta alla crisi finanziaria del 2008, che ha favorito una maggiore capacità reattiva dell’economia americana rispetto a quella europea. A proporre questa lettura è Manuela D’Onofrio, responsabile group investment strategy di UniCredit, che sottolinea come l’Europa si trovi oggi in una fase di trasformazione profonda. L’attenzione si sposta sempre più dal welfare al warfare: la sicurezza e la difesa acquisiscono un ruolo centrale nell’agenda politica ed economica, affiancando – e in alcuni casi superando – le storiche priorità sociali. Secondo D’Onofrio, questo cambiamento impone all’Unione Europea di ripensare radicalmente i propri modelli di sviluppo. Serve una strategia capace di affrontare le sfide globali con strumenti nuovi, coerenti e strutturalmente robusti, per garantire competitività e stabilità in un contesto internazionale sempre più instabile.
Le tre “i”: innovazione, internazionalizzazione, intelligenza
- Innovazione come leva trasversale per la competitività del sistema produttivo
L’innovazione è un processo ampio e trasversale, che va ben oltre l’introduzione di nuove tecnologie. Non si tratta solo di strumenti digitali o macchinari all’avanguardia, ma di una trasformazione che coinvolge l’intero assetto delle imprese: dai modelli di business ai processi organizzativi, dalle strategie operative alla cultura aziendale. A sottolinearlo è Marco Taisch, che pone l’accento sul valore della collaborazione tra attori del territorio – imprese, università, centri di ricerca e start-up – nella costruzione di un ecosistema innovativo. In Lombardia, questo dialogo produce risultati concreti, accelerando la transizione verso un’industria digitale e competitiva.
La digitalizzazione, secondo Taisch, non si limita a introdurre efficienza, ma ridefinisce il concetto stesso di produttività. L’adozione di strumenti avanzati per l’analisi dei dati, l’automazione dei processi e l’integrazione delle filiere consente alle imprese di migliorare la qualità e ottimizzare le risorse. Tuttavia, è essenziale che questo percorso non resti appannaggio delle sole grandi aziende. Rendere l’innovazione accessibile anche alle Pmi è una sfida prioritaria: molte realtà più piccole faticano ad adottare soluzioni tecnologiche avanzate per mancanza di risorse o visione strategica. L’innovazione, se distribuita in modo inclusivo, può diventare un vero motore di sviluppo per l’intero sistema produttivo.
- Internazionalizzazione ad alto contenuto umano e tecnologico: il modello Elemaster tra industria, ricerca e cultura
Il Gruppo Elemaster – 420 milioni di fatturato, 1.800 dipendenti – produce componenti elettronici avanzati per settori ad alta tecnologia come l’avionica, la sanità, la difesa e l’automazione industriale. Ha sedi in Europa, Stati Uniti, Africa e Asia, e si configura come un hub di innovazione capace di connettere ricerca, startup e industria, sostenendo anche progetti culturali e sociali nei territori in cui opera.
Secondo Valentina Cagliati, presidente e ceo del Gruppo, alla base della visione dell’azienda c’è il capitale umano, considerato il vero motore della crescita. Per Cogliati, innovare significa investire in competenze e benessere organizzativo, con particolare attenzione ai giovani e al talento femminile. In un settore competitivo come l’high-tech, attrarre e trattenere talenti è decisivo. Costruire un ambiente stimolante e aperto all’innovazione è oggi una leva strategica, non solo per affrontare le sfide del mercato, ma anche per generare impatto sociale e contribuire allo sviluppo dei territori.
- Internazionalizzazione consapevole e identità di marca: il modello Casalasco tra radici locali e visione globale
Il percorso del Gruppo Casalasco mostra come un’impresa possa crescere a livello globale senza perdere il legame con il territorio e le proprie radici. Oggi la filiera integrata del pomodoro da industria più grande d’Italia conta oltre 800 aziende agricole, esporta oltre il 70% della produzione ed è presente in più di 60 Paesi. Costantino Vaia, sottolinea che internazionalizzarsi non significa solo esportare, ma costruire relazioni solide, comprendere culture e adattare l’offerta alle specificità dei mercati esteri.
Per Vaia, la competitività si fonda sulla capacità di innovare rimanendo fedeli alla propria identità. Valori, marca, qualità e legame con il territorio diventano asset distintivi che generano fiducia e rendono riconoscibile l’impresa nel panorama globale.
- Energia come leva strategica: investire in autonomia e sostenibilità per rafforzare la competitività
Il tema dell’energia emerge come una delle leve strategiche più rilevanti per la competitività del sistema produttivo italiano. Non si tratta più soltanto di un fattore di costo, ma di un asset determinante per la crescita, l’innovazione e la sostenibilità delle imprese. A sottolinearlo è Alberto Dossi, presidente del Gruppo Sapio (gas tecnici, industriali e medicinali, oltre che nei servizi sanitari integrati), che pone l’accento sul divario esistente tra il costo dell’energia in Italia e quello dei principali Paesi europei. Le imprese italiane, infatti, si trovano a pagare in media il 40% in più – in alcuni casi fino all’80% – rispetto ai concorrenti europei, una condizione che penalizza la capacità di investimento e limita la competitività su scala internazionale.
Superare questo svantaggio richiede un cambio di paradigma: l’energia deve diventare un asset strategico su cui costruire autonomia e resilienza. Dossi invoca investimenti nelle rinnovabili, incentivi all’autoproduzione e modelli industriali sostenibili. Solo così, afferma, si potranno ridurre i costi, rafforzare le filiere e sostenere il futuro del Made in Italy.
Cultura d’impresa e leadership
- Formazione, competenze digitali e giovani talenti: invertire la fuga per rilanciare la crescita
La formazione dei giovani rappresenta una delle sfide più urgenti per il futuro del sistema produttivo italiano. Davide Dattoli, fondatore ed executive chairman di Talent Garden, denuncia una perdita strutturale: ogni anno oltre 21 mila giovani laureati lasciano il Paese, contro appena 6 mila rientri. Una dinamica che priva le imprese di competenze strategiche e riduce il potenziale innovativo del Paese.
Per reagire, Talent Garden promuove un ecosistema europeo fatto di campus e accademie dedicate alla formazione digitale, che connettono start-up, imprese e professionisti. L’obiettivo è rendere il sistema formativo più dinamico, vicino al lavoro e orientato a competenze realmente spendibili. Solo così – sostiene Dattoli – si può trasformare il capitale umano in una leva decisiva per lo sviluppo e l’innovazione.
- Inverno demografico e ricambio generazionale: affrontare la sfida del lavoro che cambia
Il calo demografico, sempre più evidente nei dati e negli effetti sul mercato del lavoro, è una delle sfide più complesse per le imprese italiane. La denatalità non è solo un tema sociale, ma un fattore che incide direttamente sulla disponibilità di forza lavoro, sull’equilibrio generazionale e sulla capacità di innovazione. A porre l’accento su questo fenomeno è Cecilia Perego, cfo di PegPerego (produzione di articoli per l’infanzia e giocattoli elettrici), che affronta l’inverno demografico da una prospettiva concreta. Il rallentamento del ricambio generazionale, spiega, ha già effetti tangibili: la forza lavoro invecchia, le competenze richieste evolvono rapidamente e le imprese devono ripensare modelli organizzativi e strategie HR.
PegPerego ha scelto un approccio fondato su tre pilastri: benessere, formazione e inclusione. L’azienda promuove ambienti di lavoro partecipativi, investe nella formazione continua e valorizza il dialogo intergenerazionale. Solo una visione proattiva – conclude Perego – consente di trasformare la crisi demografica in un’opportunità di rinnovamento. Le imprese devono saper anticipare i cambiamenti e costruire strutture capaci di adattarsi, includere e innovare anche in contesti demografici sempre più sfidanti.
- Cultura d’impresa e valori condivisi: il capitale immateriale che guida l’innovazione
In un contesto economico in continua trasformazione, la cultura aziendale si afferma come leva strategica per garantire coerenza, resilienza e orientamento al futuro. Non si tratta solo di competenze o strumenti, ma di valori condivisi che plasmano l’identità dell’impresa e ne guidano l’evoluzione. Gianmario Verona presidente della Fondazione Human Technopole e Professore di Innovation Management all’Università Bocconi, sottolinea che i veri pilastri di un’organizzazione sono i suoi valori: impegno, audacia, equilibrio e talento non sono slogan, ma risorse vive che alimentano coesione e senso di appartenenza.
In un mercato segnato da discontinuità, una cultura solida aiuta a mantenere la rotta, prendere decisioni consapevoli e rafforzare relazioni interne ed esterne. Per Verona, questo capitale immateriale conta più della tecnologia nel sostenere la competitività nel tempo. La cultura va quindi curata con la stessa attenzione riservata a prodotti e mercati: è ciò che orienta comportamenti, definisce l’organizzazione e ne preserva l’identità anche nei momenti di cambiamento.
- Digitalizzazione accessibile e strategica: come accompagnare le PMI nella trasformazione
La sfida digitale è centrale per le imprese italiane, soprattutto le piccole e medie. Gianluigi Viscardi spiega che non basta usare nuove tecnologie: bisogna cambiare anche metodi, competenze e organizzazione. Le Pmi vanno accompagnate con strumenti chiari e utili, come quelli dei Digital Innovation Hub. Tra questi, c’è l’autovalutazione digitale, che aiuta le imprese a capire da dove partire e come crescere. I Dih fanno da ponte tra tecnologia e imprese, rendendo il cambiamento possibile e sostenibile per tutto il sistema produttivo.
La banca come partner strategico: visione, reti e innovazione per lo sviluppo dei territori
Il percorso di crescita delle imprese richiede oggi più della sola finanza: servono visione, ascolto e collaborazione. In un contesto segnato da rapidi cambiamenti e instabilità globale, le istituzioni finanziarie assumono un ruolo chiave come partner attivi dello sviluppo, capaci di accompagnare le imprese nell’innovazione e nell’adattamento continuo.
Pietro Carlo Padoan sottolinea che una banca moderna deve superare il ruolo tradizionale di semplice erogatore di credito. UniCredit, afferma, condivide le stesse sfide delle imprese: dal bisogno di rinnovamento alla capacità di anticipare le dinamiche del mercato, fino alla costruzione di reti solide e collaborative.
La competitività, spiega, non si costruisce da soli. Occorrono alleanze tra finanza, impresa, università e istituzioni. Solo una rete coesa e dinamica può generare valore duraturo, promuovere cultura d’impresa e sostenere la trasformazione dei territori. In quest’ottica, UniCredit si propone come motore di connessioni, facilitatore di innovazione e promotore di formazione. Un impegno concreto per contribuire a un sistema produttivo più resiliente, aperto e pronto ad affrontare il futuro con consapevolezza e ambizione.
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