Vertice ex Ilva a Roma, Le parole del presidente della Regione Puglia Michele Emiliano al termine dell’incontro
ROMA – Una transizione lunga e dolorosa, un futuro industriale incerto e il peso di una crisi lasciata marcire per anni. Il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, è arrivato a Roma per partecipare al tavolo sull’ex Ilva, convocato al Ministero delle Imprese e del Made in Italy, e non ha usato mezzi termini per descrivere la situazione che grava su Taranto.
“La città continua a convivere con livelli di inquinamento inaccettabili”, ha sottolineato Emiliano, ricordando come anche con l’introduzione dei forni DRI, previsti nei piani di decarbonizzazione, ci vorranno almeno 7 o 8 anni prima di chiudere definitivamente gli altiforni a ciclo integrale, principali responsabili delle emissioni. “Questo significa che fino ad allora, gli impianti continueranno a inquinare, ed è comprensibile che i cittadini siano stanchi e arrabbiati”.
Secondo il governatore pugliese, l’ipotesi di una chiusura immediata degli impianti inquinanti è impraticabile, perché vorrebbe dire fermare del tutto la produzione. “A Taranto il ciclo a freddo è già inattivo da tempo. Spegnere il reparto a caldo equivale a spegnere l’intera fabbrica”.
Per Emiliano, la questione va affrontata in modo strutturato e con visione nazionale. “Se si vuole davvero chiudere la produzione siderurgica a Taranto, serve un vero piano industriale nazionale, complesso tanto quanto un piano di rilancio. Ma nessuna forza politica ha avuto il coraggio di dirlo apertamente”.
Al tavolo ministeriale sono ora due gli scenari industriali sul tavolo: uno più solido, che prevede 3 o 4 forni DRI per sostituire gradualmente gli altiforni; l’altro più debole, basato unicamente su forni elettrici. In entrambi i casi, la transizione richiederà tempo e sacrifici.
“Il sindaco di Taranto, appena eletto, si ritrova da solo a dover spiegare alla sua comunità che la convivenza con le fonti inquinanti continuerà. Il Parlamento tace, i partiti restano silenziosi. Solo la Regione Puglia si è assunta le proprie responsabilità”, ha detto Emiliano, rivendicando il lavoro svolto anche a pochi mesi dalla fine del suo mandato. Unica eccezione, secondo lui, è il Partito Democratico con la sua segretaria Elly Schlein, che ha offerto “chiarezza e sostegno sul percorso di decarbonizzazione”.
Ma il tema più spinoso resta l’approvvigionamento energetico. Per alimentare gli impianti durante la transizione, serve gas. Si è ipotizzato l’impiego di una nave rigassificatrice, ma la sua collocazione nel porto di Taranto è tutta da verificare. “Neanche il ministero sa con certezza se una nave simile possa essere collocata lì secondo la legge italiana”, ha detto Emiliano, ricordando anche la presenza ravvicinata di due impianti industriali ad alto rischio come l’ex Ilva e la raffineria Eni, che rende la questione ancora più delicata.
“Non è la nave il punto, ma il gas. Senza gas, la decarbonizzazione non parte. E se la nave non è compatibile con le normative, bisogna trovare un’alternativa. Ma serve una risposta”, ha aggiunto il presidente.
Infine, Emiliano ha lanciato un j’accuse alle istituzioni nazionali. “Se dieci anni fa si fosse dato seguito alle proposte della Regione e realizzati i due forni DRI finanziati dal governo Draghi, oggi non saremmo in questa emergenza. Invece si è scelto di rinviare, ignorare, scaricare. E ora tutto ricade su Taranto. Questa è la vera ingiustizia”.
All’incontro con il ministro delle Imprese Adolfo Urso è presente anche il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, mentre la tensione resta alta e il futuro dello stabilimento, della città e dei suoi cittadini continua a essere appeso a una trattativa ancora lontana da una soluzione.
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