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L’allarme di Confcommercio, i contratti pirata mettono a rischio la reputazione delle imprese


Basta con i contratti pirata perché mette a rischio la reputazione delle micro e piccole imprese e allontana i lavoratori.

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Tullio Mancino, direttore di Confcommercio Taranto, su questo è perentorio. La colpa è del dumping contrattuale, fenomeno che si fonda sulla incontrollata proliferazione dei contratti collettivi nazionali che, nel corso degli anni, ha portato all’indebolimento del mercato del lavoro e della produzione, e che erode le tutele dei lavoratori e crea una concorrenza sleale che penalizza le imprese virtuose.
Fenomeno che è emerso ancora di più dalla seconda edizione del Manuale sul dumping contrattuale nei pubblici esercizi realizzato da Fipe-Confcommercio in collaborazione con Adapt e il sostegno dell’Ente bilaterale nazionale del turismo.
Un’occasione in più, spiegano da Confcommercio Taranto, per mantenere alta l’attenzione sulla preoccupante espansione di questo fenomeno, che vede ben 41 contratti collettivi nazionali non rappresentativi applicati nel settore, definiti dalla giurisprudenza come “pirata”. 
Contratti che generano differenze retributive altissime che possono oscillare tra i 3.000 e gli 8.000 euro annui, con una perdita di contribuzione previdenziale annua e un gap in termini di tutele (periodi di malattia, maternità, ferie, etc.).
Il CcnL sottoscritto da Fipe rimane il più applicato, coprendo oltre il 92% dei rapporti di lavoro riuscendo a garantire equilibrate condizioni tra tutele dei lavoratori ed esigenze dei titolari d’impresa.
«Si tratta – spiega Tullio Mancino –  di un tema tanto attuale quanto pericoloso. La diffusione del fenomeno dei contratti non rappresentativi non solo erode le tutele dei lavoratori dipendenti, riducendo i minimi salariali e le altre forme di tutela di natura normativa, ma mette in atto un meccanismo di concorrenza al ribasso che penalizza ulteriormente le imprese del settore. Questo fenomeno è ancor più critico se lo si collega ai dati allarmanti emersi dalla recente indagine del Centro Studi di Confcommercio Taranto sui Fabbisogni occupazionali e orientativi nel Terziario Ionico, che ha evidenziato un enorme mismatch tra domanda e offerta di lavoro, con picchi vicini al 60% proprio nel settore della ristorazione». 
Paradossalmente, il turismo è tra i settori più gettonati in cui i giovani in uscita dalla scuola dichiara di voler lavorare o specializzarsi. Inoltre, addetti alla ristorazione, barman e personale di sala sono al primo posto tra le figure più ricercate (35%).
«È evidente – sottolinea ancora Mancino – che contratti svantaggiosi che riducono salari e tutele diminuiscono ulteriormente l’attrattività del settore, rendendo ancora più difficile per le imprese trovare personale qualificato e impattando negativamente sulla credibilità e sull’appeal complessivo del comparto. Ma c’è da dire anche che l’applicazione di contratti pirata rappresenta un vantaggio economico effimero per le imprese, non solo perché si espongono a sanzioni e contenziosi ma anche perché sono esclusi da tutti gli incentivi in materia di lavoro, come ricordato dall’Ispettorato nazionale del lavoro. Ciò – aggiunge il direttore di Confcommercio Taranto – ha dunque un impatto ulteriormente negativo sul numero già risicato delle imprese che fanno ricorso a incentivi sull’assunzione degli under 35, che sempre secondo la nostra indagine sono conosciute solo dal 52% degli imprenditori tarantini».
In un momento storico di incertezza economica, Confcommercio Taranto rinnova il proprio impegno a collaborare con gli enti competenti in materia di controlli e ispezioni, l’Inps e l’Ispettorato del Lavoro, «per sostenere le imprese che applicano correttamente i contratti di lavoro e contrastare coloro che usufruiscono di contratti pirata che non rispettano i lavoratori e mettono a repentaglio la tenuta sociale ed economica del territorio».



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