Dopo oltre venticinque anni di immobilismo normativo e forte eterogeneità gestionale, la disciplina dei corrispettivi per il servizio di gestione dei rifiuti urbani in Italia si avvia verso una potenziale svolta. Con i Documenti di Consultazione (DCO)179/2025/R/Rif e 248/2025/R/Rif, ARERA ha avviato una riforma ampia e articolata della struttura delle tariffe per il servizio di gestione dei rifiuti. L’obiettivo è ambizioso: introdurre criteri tariffari comuni, trasparenti e coerenti su scala nazionale, superando l’attuale frammentazione e garantendo maggiore equità, corrispettività e sostenibilità.
Si tratta di una riforma che affronta con decisione le distorsioni storiche del sistema, e che si propone di razionalizzare la distribuzione dei costi tra le utenze, valorizzare – laddove disponibili, la misurazione puntuale dei conferimenti e favorire l’evoluzione verso un’economia più circolare. La proposta del regolatore può essere definita coraggiosa, robusta e applicabile.
Coraggiosa perché si propone di “riordinare” una disciplina che vive soprattutto nella dinamica locale e che dunque è viziata da estrema frammentazione e disomogeneità. Robusta poiché traguarda tutte le fasi della tariffa rafforzando l’importanza delle misurazioni. Infine, è applicabile, poiché già dal suo stato attuale non si ravvedono azioni critiche da realizzare al fine di implementare il disegno proposto.
La nuova struttura pentanomia: più trasparenza e coerenza ambientale
Una delle principali innovazioni contenute nei DCO è la proposta di adottare una struttura tariffaria articolata in cinque componenti – la cosiddetta “pentanomia”
Le voci previste sono:
- Decoro urbano (DEC) – per i costi di spazzamento e lavaggio;
- Accesso al servizio (ACS) – che comprende i costi comuni e quelli di capitale;
- Raccolta (RAC) – relativa ai costi di raccolta e al trasporto dei rifiuti, sia differenziati che la frazione residua;
- Trattamento e recupero (REC) – ossia i costi al netto dei ricavi da valorizzazione;
- Trattamento e smaltimento (SMAL) – per il trattamento finale del rifiuto urbano residuo.
Ciascuna voce è associata a driver specifici per la ripartizione tra UD e UND, con l’intento di riflettere in modo più preciso i costi sostenuti. La pentanomia sarà obbligatoria dal 2028, ma è previsto un percorso di graduale implementazione.
L’articolazione più dettagliata permette non solo una maggiore trasparenza, ma anche una migliore trasmissione di segnali di prezzo, utili a orientare le scelte dei cittadini e delle amministrazioni. È anche un possibile antidoto contro fenomeni di opposizione sociale a nuovi impianti (sindrome NIMBY), perché rende più evidente la destinazione delle risorse.
Ripartizione “a monte” e “a valle”: un nuovo schema per calcolare i corrispettivi
Il modello proposto da ARERA si basa su un’articolazione in due fasi: una ripartizione “a monte”, che suddivide i costi tra utenze domestiche (UD) e non domestiche (UND); e una ripartizione “a valle”, che definisce i corrispettivi per le singole utenze.
Questa struttura, ispirata al D.P.R. 158/1999 ma profondamente aggiornata, mira a garantire coerenza con i principi di trasparenza e corrispettività, evitando arbitrarietà nei criteri di riparto. La ripartizione “a monte” si fonda su driver specifici per ogni componente del servizio: frequenza di raccolta, quantità di rifiuti conferiti, superficie, numerosità, dotazione di contenitori, ecc.
Un punto innovativo è la possibilità, nei regimi puntuali, di evitare la ripartizione a monte e calcolare direttamente la tariffa in base ai dati effettivi. Nei contesti presuntivi, invece, ARERA propone l’uso di misurazioni a campione per famiglie-tipo, da cui dedurre la produzione residua delle UND.
Nella la ripartizione “a valle” fra i criteri di ripartizione proposti per le UD, si rammentano i coefficienti Kb che tengono conto della numerosità familiare, seguendo una funzione di radice quadrata, e la superficie delle utenze. Per le UND si utilizza il coefficiente Kd, legato alla tipologia di attività e alla dimensione dell’attività economica. Nei territori a tariffazione puntuale, invece, l’indicazione è di valorizzare il più possibile le misurazioni disponibili.
Criticità nella struttura e proposte correttive
Nonostante l’impianto generale della riforma sia solido, emergono diverse criticità nella sua applicazione pratica. Un primo problema riguarda l’uso ancora frequente della superficie come driver, anche nei regimi corrispettivi: un criterio non necessariamente rappresentativo della produzione di rifiuti.
Anche l’allocazione dei costi comuni secondo logiche “pro-utenza” (ad esempio, assegnandoli in modo uniforme a prescindere dall’effettivo utilizzo) può generare forti squilibri, tenuto conto che questi costi rappresentano circa il 27% del PEF.
Inoltre, la componente “accesso al servizio”, se ripartita solo in base alla numerosità dell’utenza, rischia di non riflettere adeguatamente i benefici ottenuti: grandi esercizi commerciali sarebbero trattati allo stesso modo delle piccole attività economiche, pur avendo esigenze e impatti molto differenti.
Per affrontare queste distorsioni si propongono driver alternativi, più aderenti all’uso effettivo del servizio: produzione potenziale di rifiuto, misurazioni indirette ottenute anche tramiteanalisi statistiche, indicatori basati sulla zona di servizio.
La necessità di disaggregare le voci di costo e premiare la prevenzione
Un altro limite riguarda la mancata disaggregazione dei rifiuti per frazione (carta, plastica, organico, vetro, RUR). Trattare i rifiuti in blocco riduce la precisione dei segnali di prezzo e penalizza i territori più maturi nella raccolta differenziata.
È invece cruciale differenziare le tariffe per frazione per valorizzare la qualità del rifiuto conferito, premiando chi separa correttamente e generando risparmi per l’intero sistema. A questo scopo si propone l’estensione di eventuali campagne di misurazione alle frazioni principali, oppure l’uso di modelli statistico-econometrici che stimino la produzione disaggregata per categoria di utenza.
La questione si intreccia con quella della prevenzione: la normativa prevede la possibilità di riduzioni tariffarie in caso di minore produzione, ma solo se misurata effettivamente. Tuttavia, l’attuale proposta di ARERA non consente di escludere dalla tariffa le frazioni evitate tramite azioni di prevenzione. Solo un sistema articolato per frazioni consentirebbe riduzioni commisurate al rifiuto realmente non prodotto.
Una riforma graduale e compatibile con le pratiche esistenti
Uno dei punti di forza riconosciuti alla proposta ARERA è la gradualità del percorso. L’introduzione delle nuove regole avverrà in due fasi: una fase preparatoria nel biennio 2026-2027, in cui si adegueranno i criteri e si introdurranno le nuove componenti, e una fase di piena applicazione a partire dal 2028.
Questo approccio consente di armonizzare la riforma con altri processi regolatori in corso – come la separazione contabile, il nuovo Metodo Tariffario (MTR-3) e la disciplina sulla qualità tecnica – e di limitare gli impatti economici sulle utenze.
Inoltre, il disegno ARERA prevede la possibilità di deroghe temporanee per i territori che hanno già adottato sistemi avanzati di tariffazione corrispettiva, salvaguardando esperienze virtuose e evitando l’azzeramento di pratiche consolidate.
La riforma proposta da ARERA rappresenta una svolta importante per il sistema di gestione dei rifiuti urbani. Introduce elementi di equità, efficienza e trasparenza che mancavano da tempo e mette in campo strumenti concreti per modernizzare il sistema, responsabilizzare gli utenti e avvicinare l’Italia agli obiettivi europei di economia circolare.
Le criticità emerse non vanno ignorate: la struttura tariffaria deve riflettere con maggiore precisione i reali comportamenti degli utenti e i costi associati, valorizzare la qualità dei conferimenti, superare i parametri presuntivi obsoleti. Ma nel complesso, il percorso tracciato è solido, coerente e soprattutto attuabile.
Perché abbia successo, sarà fondamentale investire nella capacità tecnica delle amministrazioni, nella disponibilità dei dati e in una comunicazione chiara con i cittadini.
La tariffa non è solo uno strumento contabile, ma anche un potente veicolo educativo. Se ben costruita e ben spiegata, può accompagnare la transizione verso una gestione dei rifiuti più giusta, sostenibile e condivisa.
a cura di Francesca Bellaera, Donato Berardi, Michele Tettamanzi
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