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Borse al giro di boa: le attese di Milano (AB) per la seconda metà dell’anno


Al giro di boa di metà anno i gestori fanno il check-up ai loro investimenti e disegnano le prospettive per la successiva metà. Un compito che quest’anno è reso più complesso dalla variabile Trump. Recentemente il presidente degli Stati Uniti è tornato a scuotere le Borse con il tema dazi. Tariffe del 30% verso l’Europa, del 50% verso il Brasile, del 35% verso il Canada sono pronte a partire il primo di agosto se non si arriverà ad adeguati compromessi commerciali. Il giudice ultimo dell’adeguatezza, naturalmente, sarà sempre l’inquilino della Casa Bianca. Borsa&Finanza ha interpellato Robert Milano, senior investment strategist azionario di AllianceBernstein per capire in che direzione si muoveranno le Borse nella seconda parte del 2025.

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Robert Milano, AB

Siamo al giro di boa del 2025. Quali sono le sue aspettative sulle Borse per la seconda metà dell’anno?

“Innanzitutto, bisogna ricordare che veniamo da un primo semestre tutt’altro che lineare: dopo l’ondata di entusiasmo successiva alle elezioni statunitensi, il sentiment è stato messo alla prova da diversi fattori: i timori legati ai dazi, l’incertezza sulla politica fiscale statunitense e la crescente attenzione ai costi di investimento legati all’intelligenza artificiale – soprattutto dopo che il “DeepSeek Day” di gennaio ha sollevato interrogativi sulla sostenibilità degli investimenti richiesti per costruire e abilitare l’ecosistema AI. Nonostante ciò, le Borse hanno mostrato una certa resilienza e, a oggi, sono in rialzo di qualche punto percentuale da inizio anno. Guardando al secondo semestre, restiamo costruttivi: ci attendiamo un graduale miglioramento dei fondamentali che dovrebbe continuare a sostenere gli asset di rischio, seppur in un contesto più accidentato. La volatilità resterà parte del quadro, anche a causa dell’incertezza sull’approccio dell’amministrazione Usa nel definire le politiche. Detto ciò, considerando la solidità dell’economia statunitense, lo stato di salute delle aziende e le valutazioni attuali, lo scenario complessivo ci porta a rimanere ottimisti. Naturalmente, il quadro non è privo di rischi. Un eventuale stallo, o un’escalation nei negoziati commerciali, potrebbe riaccendere l’avversione al rischio. Le preoccupazioni sul fronte fiscale negli Stati Uniti rimangono sul tavolo, così come la fragilità degli equilibri geopolitici che, se messi nuovamente in discussione, potrebbero riaccendere la volatilità in modo anche repentino. Per questo, riteniamo essenziale mantenere un’esposizione selettiva e coerente con l’orizzonte di lungo periodo. Del resto, l’esperienza di quest’anno lo conferma: chi ha abbandonato il mercato nei momenti peggiori ha perso poi l’intero recupero successivo. In contesti simili, è fondamentale costruire portafogli che consentano agli investitori di rimanere sul mercato a lungo termine, per esempio attraverso strategie di gestione della volatilità o soluzioni più difensive, se si teme un peggioramento del quadro”.

 

Nei primi sei mesi le Borse europee hanno sovraperformato quelli statunitensi. È uno scenario destinato a proseguire? 

“Dopo un lungo periodo di sottoperformance relativa e di domanda contenuta, stiamo finalmente osservando un ritorno di interesse e flussi verso l’Europa, un segnale che riflette un rinnovato appetito da parte degli investitori. Oggi, a nostro avviso, nel Vecchio continente le valutazioni appaiono interessanti, ma è fondamentale guardare alla qualità dei fondamentali: per questo continuiamo a cercare aziende con prospettive di crescita strutturale, buona redditività e bilanci solidi, che possano affrontare le incertezze in modo efficace. In molti casi si tratta di società domiciliate in Europa ma attive su scala globale, il che permette loro di beneficiare di trend di crescita internazionali senza essere necessariamente vincolati alla sola domanda interna. Guardando avanti, riteniamo che il progressivo avvicinamento degli utili europei a quelli statunitensi potrebbe favorire un riequilibrio nell’allocazione degli investimenti, aumentando l’esposizione verso asset globali – Europa inclusa”.

 

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Tra i mercati emergenti quali rappresentano un’opportunità all’alba del secondo semestre?

“Nei mercati emergenti continuiamo a individuare alcune opportunità interessanti, soprattutto nelle aree che mostrano forti livelli di innovazione – per esempio in termini di brevetti internazionali registrati – insieme a una crescita sostenuta delle esportazioni. Alcuni Paesi, in particolare Cina e Corea del Sud, stanno inoltre introducendo programmi di miglioramento della governance aziendale, migliorando la qualità del contesto operativo. In Cina, per esempio, sono state diverse le misure fiscali e monetarie per sostenere l’economia e attutire gli effetti delle tensioni commerciali con gli Stati Uniti, in particolare sul fronte dei dazi: tagli dei tassi, allentamento dei vincoli sul credito e incentivi alla domanda residenziale. Allo stesso tempo continua a svilupparsi un mercato più maturo, con maggiore attenzione al ritorno per gli azionisti – tra buyback, dividendi e miglioramenti della governance ispirati a quanto visto in Giappone e Corea. Inoltre, le esportazioni globali restano in crescita (anche se non necessariamente verso gli Stati Uniti, ma verso altri mercati internazionali), e si sta sviluppando anche una domanda interna in aumento. Nel lungo termine, riteniamo che questa dinamica possa contribuire a ridurre la dipendenza strutturale dall’export verso gli Usa e sostenere un modello di crescita più bilanciato nel tempo. Accanto a ciò, alcune società di Paesi emergenti stanno anche beneficiando indirettamente delle tensioni geopolitiche attuali, riuscendo a trarne vantaggio competitivo o commerciale, ed è in queste aree che cerchiamo di individuare singole aziende da inserire nelle nostre strategie”.

 

Quali saranno i fattori che influenzeranno in maggior misura i mercati azionari nella seconda parte dell’anno e come?

“Per il secondo semestre di quest’anno continuiamo a ritenere che la performance dei mercati azionari sarà guidata soprattutto dai fondamentali, in particolare la crescita degli utili e la redditività delle imprese. Se il primo trimestre 2025 è stato segnato dall’incertezza – con molte aziende caute sia nei piani di spesa in conto capitale che nelle proprie previsioni di crescita – ci aspettiamo che una maggiore chiarezza sul fronte politico e macroeconomico possa favorire una migliore visibilità da parte del mercato. Il percorso, comunque, non sarà lineare: ci saranno fasi alterne ma, se i fondamentali continueranno a rafforzarsi, questo potrebbe favorire un graduale ribilanciamento e una maggiore diversificazione rispetto ai titoli delle mega-cap statunitensi che hanno trainato i listini negli ultimi anni. Stiamo già osservando segnali di dispersione: accanto al tech, stanno emergendo opportunità in settori più legati all’economia reale, per esempio gli industriali, le infrastrutture o comparti con esposizione a trend interni come la reindustrializzazione, la sicurezza delle catene di fornitura o la transizione energetica – aree che potrebbero beneficiare di investimenti strutturali e di una rinnovata domanda”.





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