Ursula von der Leyen ha di nuovo scelto la linea dura. E anche questa volta si trova a dover rimettere insieme i cocci di un vaso che inizia a rompersi sempre più spesso, quello della sua maggioranza. Oggi doveva essere, e probabilmente sarà, il giorno della presentazione della proposta del Quadro finanziario pluriennale 2028-2034 della Commissione europea. Ma già da martedì sulla convocazione della conferenza stampa si registrava un silenzio inusuale. I reporter a Bruxelles hanno atteso, un rinvio dopo l’altro, fino alle 16.10, quando la presentazione del Qfp ha avuto inizio in commissione Budget del Parlamento Ue. Il motivo, da quanto apprende Ilfattoquotidiano.it da diverse fonti locali, è uno: sul fondo unico di coesione è esplosa una guerra non solo all’interno della nuova maggioranza Ursula, ma anche nel Ppe e nella stessa Commissione.
Il tempo stringe e il malumore sale insieme al rischio di una figuraccia che screditerebbe ulteriormente la presidente, dopo gli avvertimenti pubblici ricevuti da parte della sua maggioranza in Ue. Per questo a palazzo Berlaymont si è lavorato per ricomporre la frattura e arrivare a una proposta sufficientemente condivisa da strappare un via libera dal collegio dei commissari. Non è un segreto, ad esempio, che l’idea di un fondo unico che contenga i soldi destinati sia alla coesione che alle politiche agricole non piaccia affatto al commissario al Bilancio dell’Ue, Piotr Serafin. Pur essendo un esponente dello stesso partito di von der Leyen, il Ppe, Serafin è prima di tutto l’uomo proposto dal governo polacco di Donald Tusk. Il suo Paese è uno di quelli che maggiormente in Ue dipende dallo stanziamento di questi fondi e il timore che la nuova formula provochi dei ‘tagli’ agli stanziamenti non piace affatto all’esecutivo di Varsavia. Lui stesso, recentemente, ha espresso la necessità di non parlare di un piano nazionale unico ma di “piani di partenariato nazionali e regionali“, di cui una “politica di coesione modernizzata sarà parte integrante”. Tocca a lui, per primo, prendere la parola sul tema di fronte alla commissione Bilancio del Parlamento Ue. L’appuntamento iniziale era per le 12.30, ma ha poi avuto inizio oltre le 16.
Già martedì erano stati gli europarlamentari correlatori della proposta, il rumeno Siegfried Muersan (Ppe) e la portoghese Carla Tavares (S&D), a convocare un punto stampa per chiarire la loro contrarietà a “qualsiasi tentativo della Commissione europea di nazionalizzare il bilancio europeo. Rifiuteremo qualsiasi tentativo della Commissione europea di indebolire il processo decisionale europeo e rifiuteremo qualsiasi tentativo della Commissione di ridurre il bilancio dell’Ue a un bancomat per 27 interessi nazionali divergenti”. Insomma, se anche l’accordo in Commissione dovesse essere trovato, si preannuncia una battaglia durissima in Parlamento, anche e soprattutto all’interno dei partiti di maggioranza. “Non accetteremo in alcun modo un piano per ogni Stato membro – ha aggiunto Tavares – Non è accettabile che questo avvenga su politiche essenziali per tutti i 27 Stati membri, come nel caso dell’agricoltura che in realtà è strutturata su due pilastri, uno che prevede pagamenti diretti da erogare in modo indipendente e associato a questi 27 bilanci nazionali, 27 bilanci di coesione e 27 bilanci agricoli. È qualcosa che abbiamo sempre difeso. È quindi urgente chiudere e discutere il pacchetto su nuove e autentiche risorse proprie”.
I problemi per von der Leyen vanno anche oltre la bubble brussellese. Le preoccupazioni sollevate da alcuni Stati non sono altro che il frutto delle pressioni dei settori agricolo e industriale. E non a caso Coldiretti è scesa in piazza, di fronte ai palazzi dell’Ue e a Roma per una “nuova mobilitazione il 16 luglio per dire no al piano della Commissione Ue di accorpare le risorse per l’agricoltura in un fondo unico, con il rischio concreto per i cittadini europei di avere meno cibo disponibile e più cannoni. Una scelta che cade peraltro in un momento delicato, considerato lo spettro dei dazi del 30% annunciati dal presidente Usa Donald Trump sulle merci dell’Unione, a partire dall’agroalimentare”.
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