Il progressivo invecchiamento della popolazione, l’aumento delle malattie cronico-degenerative e la riduzione dell’autonomia funzionale nella terza età stanno generando una domanda crescente di cura a lungo termine, che il sistema di welfare pubblico fatica a soddisfare in modo adeguato. Il risultato è un carico crescente di assistenza che grava sulle famiglie, e in particolare su coloro che, accanto al lavoro, svolgono anche funzioni di caregiver.
Per rispondere a questa crescente esigenza sociale è nato il Manifesto-appello per una strategia condivisa tra welfare aziendale e welfare pubblico territoriale, con l’obiettivo di sostenere i caregiver attivi nel mercato del lavoro. Il documento, promosso dall’Associazione Carer e dalla Cooperativa sociale Anziani e non solo, è stato presentato durante l’evento Welfare aziendale e welfare di comunità: un’alleanza possibile? organizzato insieme a Jointly.
In tale occasione si è discusso delle strade per dare concretezza ai principi del Manifesto e sviluppare un modello di intervento basato sulla cooperazione tra attori pubblici, imprese, Terzo Settore e parti sociali per rendere il lavoro di cura più sostenibile, senza costringere i caregiver a ridurre o abbandonare l’attività lavorativa. Ma andiamo con ordine.
Una condizione diffusa e poco tutelata
In Italia, spiega il Manifesto, oltre 4,5 milioni di lavoratori e lavoratrici svolgono anche attività di cura intensiva – oltre 20 ore a settimana – spesso in assenza di un adeguato supporto. L’impegno richiesto non si limita alla presenza fisica: richiede continuità assistenziale, gestione burocratica, coordinamento con il sistema sanitario e conoscenza delle misure previste da normative e servizi pubblici. In mancanza di un’adeguata integrazione tra lavoro e cura, si rischiano così uscite anticipate dal lavoro, con conseguenze negative non solo per le persone coinvolte, ma anche per il sistema economico e produttivo.
A confermarlo ci sono anche i dati della ricerca Care4caregivers, condotta da Boston Consulting Group e JOINTLY su un campione di 12.000 lavoratori caregiver come oltre il 30% di essi dedichi più di 14 ore settimanali all’assistenza, prevalentemente per attività di compagnia, supporto negli spostamenti e gestione domestica. E oltre al tempo impiegato, i caregiver affrontano spesso anche oneri economici significativi: il 17% spende più di 10.000 euro all’anno per le attività di cura, spesso senza ricevere un sostegno pubblico adeguato. Soltanto 1 caregiver su 4 accede infatti ai servizi pubblici, e 6 su 10 dichiarano di non potersi permettere quelli privati.
Senza dimenticare il peso crescente sulle generazioni più giovani, a essere maggiormente penalizzate sono sempre le donne sopra i 45 anni che, riporta ancora il Manifesto, sono quelle che più spesso interrompono o riducono l’attività lavorativa, perdendo indipendenza economica, possibilità di realizzazione e stabilità. E in questa situazione soffrono anche le imprese si trovano a gestire un calo di produttività e benessere tra i dipendenti caregiver, spesso accompagnato da stress, difficoltà di concentrazione e malessere psicologico.
La proposta: un welfare integrato e generativo
Il Manifesto ricorda come alcune imprese abbiano attivato forme di supporto ai caregiver tramite misure di welfare aziendale, spesso in collaborazione con le rappresentanze sindacali, ma restino una minoranza. Secondo la ricerca di BCG e Jointly, solo il 3% dei lavoratori caregiver ricorrono a misure messe a disposizione delle aziende, prevalentemente a causa della carenza di comunicazione rispetto ai servizi offerti dalle imprese e la non aderenza alle reali necessità di cura. Proprio per questo, per incidere in maniera strutturale appare necessario promuovere una nuova generazione di politiche di welfare in cui privati e Pubblico collaborino maggiormente secondo logiche di sussidiarietà, personalizzazione e prossimità.
In particolare, il documento propone:
- l’introduzione di incentivi fiscali e contributivi per forme di welfare aziendale orientate alla qualità sociale;
- la promozione di accordi tra le parti sociali che mettano al centro il benessere del lavoratore nel suo contesto familiare;
- l’attuazione, da parte dei servizi pubblici, di interventi personalizzati e domiciliari, come previsto dalla riforma su disabilità e non autosufficienza;
- un maggiore protagonismo del Terzo Settore nell’offerta di servizi flessibili e accessibili;
- il rafforzamento, tra gli stessi caregiver, della consapevolezza, dei propri diritti e delle possibilità in termini di conciliazione.
Il Manifesto auspica infine la creazione di un network nazionale che raccolga e diffonda buone pratiche, valorizzi il ruolo delle imprese attente alla condizione dei caregiver e coinvolga istituzioni e stakeholder in un’azione sistemica di sostegno e innovazione.
Una sfida per il secondo welfare
Il Manifesto-appello di Carer e Anziani e non solo sottolinea dunque l’importanza di costruire risposte multilivello, che integrino risorse pubbliche e private con l’obiettivo di generare impatti positivi sul piano sociale, occupazionale ed economico. Una visione coerente con i principi del secondo welfare che richiede però il superamento di approcci frammentati e la costruzione di strategie condivise, capaci di tenere insieme benessere individuale, coesione sociale e sostenibilità dei sistemi di welfare.
In questo senso la direttrice scientifica di Percorsi di secondo welfare Franca Maino – che ha anche fornito alcuni spunti di riflessione per la stesura del Manifesto – durante l’evento di presentazione del documento ha voluto sottolineare il ruolo del welfare aziendale in questa partita. Se integrato in reti territoriali multi-attore, infatti, il welfare promosso dalle imprese può evolvere in uno strumento di supporto concreto per i caregiver che lavorano. Per farlo deve però superare la sola logica dei fringe benefit, su cui oggi appare sempre più schiacciato, e investire nello sviluppo di servizi di conciliazione diffusi, capaci di generare impatto sociale nei territori e rafforzare la collaborazione tra pubblico, privato e comunità.
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