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Truffe sui fondi pubblici e bancarotte pilotate: arrestato imprenditore veneto


Due aziende trevigiane portate al fallimento per frodare SIMEST e accumulare capitali illeciti: ai domiciliari il “business angel” padovano già pluripregiudicato. Coinvolte altre dieci persone.

Treviso – Gestiva una vera e propria rete di aziende fantasma, truccava i bilanci, presentava progetti inesistenti e, grazie a una fitta trama di false dichiarazioni, è riuscito a sottrarre oltre 1,7 milioni di euro di fondi pubblici destinati all’internazionalizzazione delle imprese. Al termine di una lunga indagine coordinata dalla Procura della Repubblica di Treviso, i finanzieri del Comando Provinciale hanno arrestato un imprenditore padovano, destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari emessa dal G.I.P. del Tribunale.

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Secondo gli inquirenti, il 34enne – già pluripregiudicato per reati fiscali, fallimentari e riciclaggio – era il promotore di una associazione a delinquere strutturata per acquisire società in difficoltà, svuotarne gli attivi e portarle volutamente al fallimento, ottenendo nel frattempo finanziamenti pubblici con documenti falsi. Le indagini hanno coinvolto altri 10 soggetti, accusati a vario titolo di aver partecipato alla gestione fraudolenta delle aziende coinvolte.

Un “business angel” con la maschera della legalità

Presentandosi come un “salvatore” di imprese in crisi, il principale indagato operava in realtà da amministratore occulto di due società trevigiane, attraverso cui ha ottenuto fraudolentemente fondi da SIMEST S.p.A., ente che eroga contributi pubblici per lo sviluppo internazionale delle PMI. I fondi, pari a 1,7 milioni di euro, erano destinati a promuovere il marchio italiano in paesi come il Kuwait e l’Albania, ma i progetti non sono mai stati realizzati: i dipendenti non hanno partecipato a fiere o eventi all’estero e nessuna attività di internazionalizzazione è stata effettivamente svolta.

In parallelo, i finanzieri hanno accertato che anche i contributi per il rafforzamento patrimoniale delle PMI erano stati ottenuti presentando bilanci non veritieri.

Il sistema criminale: soldi reinvestiti in nuove frodi

L’organizzazione non solo si arricchiva personalmente, ma reimpiegava parte dei fondi sottratti per acquisire altre società, replicando il meccanismo fraudolento. Il denaro transitava attraverso sei società controllate, con movimenti di capitale ingiustificati pari a oltre 1,6 milioni di euro, giustificati da un fittizio “contratto di rete”.

Attraverso questa struttura, gli indagati praticavano condotte distrattive e autoriciclaggio, svuotando progressivamente le imprese acquisite fino alla liquidazione giudiziale. Così è avvenuto per le due aziende trevigiane coinvolte, che hanno cessato l’attività tra il 2020 e il 2022, lasciando senza lavoro 56 dipendenti non più ricollocati.

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Colpo alla criminalità economica

L’operazione della Guardia di Finanza si inserisce nell’ambito della tutela della spesa pubblica e della lotta alla criminalità economico-finanziaria. “La distrazione di fondi pubblici – sottolineano le Fiamme Gialle – non solo impoverisce il bilancio dello Stato, ma mina la concorrenza leale, danneggia le imprese oneste e genera disoccupazione”.

L’inchiesta, basata su controlli incrociati tra i dati SIMEST e le banche dati fiscali, ha messo in luce gravi anomalie contabili e amministrative, che hanno portato alle perquisizioni e infine all’arresto. Le indagini proseguono per identificare eventuali altri complici e ricostruire l’intera rete di operazioni fittizie messa in atto negli ultimi anni.



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