Nell’ambito della politica di coesione dell’Unione Europea, il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) rappresenta uno degli strumenti finanziari di sostegno alla crescita più importanti per promuovere la competitività delle economie locali e ridurre le disparità territoriali.
Il ruolo strategico del FESR nella politica di coesione
Per il ciclo di programmazione 2021–2027, il FESR è stato potenziato e ridefinito per rispondere alle nuove priorità strategiche dell’Unione: la transizione verde, la trasformazione digitale e la resilienza post-pandemica.
Risorse e obiettivi chiave del FESR 2021–2027
Secondo la panoramica ufficiale della Commissione europea, l’Unione ha stanziato per gli anni 2021-2027, 392 miliardi di euro per la politica di coesione e ulteriori 369 miliardi per il finanziamento diretto di progetti per l’occupazione e la crescita a livello nazionale e regionale, tra i quali rientrano il Fondo europeo di sviluppo regionale, il Fondo sociale europeo Plus (FSE+), il Fondo di coesione e il Fondo per una transizione giusta (JTF).
L’impianto strategico 2021–2027 guida la politica di coesione perseguendo cinque obiettivi chiave, individuati nel Regolamento (UE) 2021/1060: un’Europa più intelligente, più verde, più connessa, più sociale e più vicina ai cittadini.
Il FESR si inserisce in questo quadro come strumento fondamentale per sostenere la digitalizzazione, la transizione energetica e la resilienza climatica. A livello giuridico, il Fondo trova il suo fondamento nell’articolo 174 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, che stabilisce l’obiettivo di ridurre il divario di sviluppo tra le varie regioni, e è regolato nel suo funzionamento dal Regolamento (UE) 2021/1058, che stabilisce le condizioni per il finanziamento di investimenti infrastrutturali, digitali, ambientali e tecnologici.
Classificazione regionale e criteri di finanziamento
Nello specifico, il programma classifica le regioni europee in tre categorie sulla base del PIL pro capite: regioni meno sviluppate (PIL < 75% della media UE), regioni in transizione (tra 75% e 100%) e regioni più sviluppate (> 100%). Questo meccanismo determina il tasso di co-finanziamento europeo, che può arrivare fino all’85% per le regioni meno sviluppate. In base al principio della concentrazione tematica le regioni meno sviluppate dovranno destinare almeno il 30% delle risorse alla transizione verde e il 25% alla trasformazione digitale, mentre per le regioni più sviluppate la quota per l’innovazione e il digitale salirà al 40%.
Per quanto riguarda la digitalizzazione, il documento programmatico dell’UE “2030 Digital Compass: the European way for the Digital Decade” stabilisce che il FESR deve sostenere progetti per la diffusione della connettività ultraveloce, l’adozione di tecnologie emergenti (intelligenza artificiale, cloud, IoT), la digitalizzazione dei servizi pubblici e la trasformazione digitale delle PMI.
Strettamente legato alla trasformazione digitale è il tema della cybersicurezza: la Strategia europea per la sicurezza informatica adottata nel 2020 definisce le linee guida per rafforzare la resilienza informatica dell’Unione e il Fondo per lo sviluppo regionale è uno degli strumenti attraverso cui finanziare progetti di miglioramento della protezione dei dati, implementazione di sistemi di sicurezza, creazione di centri operativi di risposta agli incidenti (CSIRT) e formazione dei professionisti del settore. In Italia, la possibilità di impiegare i fondi strutturali europei per sostenere la realizzazione degli obiettivi nazionali in materia di sicurezza informatica, in sinergia con altre fonti di finanziamento come il PNRR, è prevista espressamente dalla la Strategia nazionale di cybersicurezza 2022–2026, pubblicata dall’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale (ACN).
Complementarità con altri programmi europei
Il FESR opera in sinergia anche con altri programmi europei: Horizon Europe, destinato a ricerca e innovazione, Digital Europe, focalizzato sulle capacità digitali avanzate, e Connecting Europe Facility, per le infrastrutture digitali. Per garantire la coerenza tra i diversi strumenti di finanziamento, la Commissione ha richiesto agli Stati membri la redazione di Piani di Complementarità, che consentano un uso più efficiente e integrato delle risorse disponibili; inoltre, l’erogazione dei fondi è condizionata dal rispetto di principi fondamentali, come la trasparenza e lo Stato di diritto, in violazione dei quali la Commissione ha il potere di sospendere i pagamenti, per tutelare l’integrità dell’azione pubblica e garantire la fiducia dei cittadini.
Attuazione nazionale e governance dei fondi in Italia
Per quanto riguarda l’Italia, il 15 luglio 2022 è stato approvato dalla Commissione l’Accordo di Partenariato 2021–2027, cioè il documento per la programmazione dei fondi di coesione, in base al quale si prevede una dotazione finanziaria complessiva di oltre 75 miliardi di euro che andranno a finanziare 10 programmi nazionali e 38 programmi regionali, a valere sui Fondi FESR, FSE+ e JTF. La dimensione distintiva del FESR è la sua attenzione al territorio: gli investimenti sono progettati per rispondere alle esigenze specifiche delle comunità locali, attraverso strategie territoriali integrate e partecipative, come indicato nella guida “A Europe closer to citizens”. L’approccio bottom-up è incoraggiato per rafforzare la partecipazione civica e il coinvolgimento di autorità locali, università e cittadini nei processi di sviluppo locale, nel quale i cittadini, le imprese e gli enti pubblici possono consultare bandi e documentazione ufficiale.
Criticità attuative e prospettive per il FESR
I fondi vengono erogati attraverso Programmi Operativi Regionali (POR) e Programmi Operativi Nazionali (PON). I primi sono gestiti dalle Regioni e i secondi dai Ministeri competenti, sotto il coordinamento del Dipartimento per le Politiche di Coesione della Presidenza del Consiglio.
Secondo un’analisi della UIL aggiornata al 28 febbraio 2024, sui 44,1 miliardi di euro disponibili per il FESR, sono stati programmati circa 6,9 miliardi (15,6%) e ne sono stati effettivamente spesi 2,1 miliardi, pari al 4,78% del totale. Dunque, la fase attuativa è appena agli inizi, con un livello complessivo di spesa sotto il 5%. Per velocizzare l’assorbimento delle risorse saranno cruciali l’efficienza degli uffici di gestione, la capacità progettuale e l’adozione dei nuovi criteri di ammissibilità entrati in vigore nei primi mesi del 2025.
In conclusione, il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale si conferma uno strumento cardine per sostenere la coesione economica, sociale e territoriale dell’Unione, e la programmazione 2021–2027, con la sua enfasi su digitalizzazione, transizione verde e resilienza, riflette le sfide attuali e future del continente. Tuttavia, l’effettiva capacità di tradurre le risorse in progetti concreti resta un nodo critico che dovrà essere sciolto con capacità progettuale specializzata, rapidità nell’apertura dei bandi e nella selezione dei beneficiari e governance efficiente per una rendicontazione rapida e un controllo puntuale delle spese. Solo così il FESR potrà contribuire in modo incisivo alla modernizzazione del Paese, alla sicurezza digitale e alla riduzione dei divari territoriali, restituendo senso e fiducia nella politica di coesione europea.
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