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Bilancio Ue sotto attacco: risorse insufficienti e big tech graziate. Parla l’eurodeputato Muresan (Ppe)




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Ultim’ora news 18 luglio ore 20


Tutto da rifare, o quasi. Dal Parlamento Europeo arriva una sonora bocciatura al bilancio da 2 mila miliardi di euro confezionato da Bruxelles. «La Commissione lo ha definito storico, ma non lo è perché mantiene lo status quo a livello di cifre e indebolisce la politica di coesione e l’agricoltura. All’Europa, invece, servono più fondi per proteggersi e fermare l’immigrazione clandestina. E occorrono maggiori sforzi anche su sicurezza e difesa», spiega Siegfried Muresan (Ppe) in un’intervista esclusiva per l’Italia concessa a Milano Finanza.

L’europarlamentare romeno è correlatore al Parlamento Ue della proposta di bilancio 2028-34, che con un accorpamento di voci punta a evitare sovrapposizioni e a rendere la spesa più effettiva. Bruxelles però non è riuscita a convincere tutti gli Stati e le autorità locali, oltre a suscitare una nuova ondata di proteste tra gli agricoltori. Germania e Olanda hanno criticato l’ammontate del budget, ben più corposo dei precedenti 1.270 miliardi.

Le regioni temono di essere scavalcate perché i fondi saranno versati agli Stati, che dovranno presentare dei piani stile Pnnr. Mentre i contadini hanno dovuto inghiottire un taglio di 86 miliardi ai pagamenti diretti. Il Parlamento Ue si farà carico delle loro richieste, che sosterrà in un lungo negoziato con Bruxelles e governi. L’esito è incerto, ma non lo è il punto di partenza: per l’Europarlamento il budget è da rivedere, a partire dalle cifre.

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«L’ammontare è insufficiente. La Commissione vuole ampliare la portata del bilancio solo perché il tasso di inflazione è salito», attacca Muresan. «Alla fine non ci saranno più risorse per i beneficiari finali. La proposta prevede pochi fondi in più per sicurezza e difesa, mentre depotenzia agricoltura e coesione. Quindi è un gioco a somma zero».

Domanda. Bruxelles avrebbe dovuto chiedere più contributi agli Stati?

Risposta. Finora le fonti di reddito dell’Ue sono state negoziate dai governi. Ogni Paese vuole versare il minimo e beneficiare di più fondi possibile. Questo è un ragionamento molto nazionale, non europeo. Noi vogliamo che il bilancio sia finanziato in modo trasparente e prevedibile a livello comunitario, non come risultato di uno scontro tra Stati. Ecco perché crediamo che la Commissione abbia fatto bene a introdurre delle risorse proprie e il nuovo budget contiene diverse opzioni per aumentarle. Su questo punto siamo pronti a confrontarci perché siamo d’accordo su alcune proposte, non su altre.

D. Cosa pensate della tassa sulle imprese con oltre 100 milioni di ricavi?

R. L’imposta dovrebbe concentrarsi sulle big tech, che hanno entrate ben più corpose. Cento milioni sembrano una grande somma per un cittadino, ma in realtà sono una soglia troppo bassa. Questa tassa rischia di mettere in difficoltà molte aziende e così andrebbe a incidere sulla competitività dell’Ue.

D. Piuttosto che altre imposte, non sarebbero meglio gli eurobond?

R. Stiamo vedendo le conseguenze negative del debito contratto a livello europeo. Dopo la pandemia la Commissione ha creato il più grande pacchetto di sostegno economico di sempre, il Next Generation Eu, ma si è rivelata lenta e debole quando si è trattato di organizzarne il rimborso. Allora abbiamo deciso di ripagare i prestiti con le risorse proprie, però anche questa volta Bruxelles non ha fatto abbastanza per generarne di nuove. Quindi non sarà possibile emettere nuovi prestiti finché non saranno certe le modalità di rimborso del Recovery Fund. Altrimenti si depotenzierà il bilancio.

D. Allora niente debito comune?

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R. La Commissione è sempre pronta a parlare di risorse aggiuntive, ma non spiega mai che andranno ripagate. Senza chiarezza sul rimborso, il debito accrescerà l’incertezza per i beneficiari dei fondi e diventerà un rischio per regioni, industria e agricoltori, oltre a sottrarre risorse all’Erasmus o alla lotta all’immigrazione illegale.

D. Cosa pensa invece del raggruppamento di coesione e agricoltura?

R. Siamo contrari al loro accorpamento in un unico fondo perché le indebolisce. Siamo riusciti almeno a ottenere una base giuridica separata e ora puntiamo a preservare l’identità della politica agricola comune e della coesione con bilanci e regole diverse. I contadini devono sapere esattamente quante risorse riceveranno e in quali circostanze.

D. E le critiche degli enti locali sulla governance?

R. Regioni e comuni conoscono i bisogni della popolazione meglio di chiunque altro. Quindi il bilancio europeo è più efficace e rapido se viene speso a livello locale. Noi non vogliamo che il budget si trasformi in uno strumento politico nelle mani dei governi. Per tale motivo chiederemo che questa parte del bilancio sia negoziata e assegnata agli enti territoriali.

D. L’altra novità è il Fondo per la competitività.

R. È solo un ombrello che raggruppa i piani già esistenti per la ricerca, l’innovazione e le pmi. Mettere insieme i programmi è una buona idea, ma non basta per rafforzare la nostra economia. Servirebbe anche una strategia per la competitività perché, oltre all’ammontare delle risorse, conta il modo in cui vengono spese.

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D. Ma c’è qualcosa che apprezzate?

R. Dopo la presentazione del bilancio tutti i gruppi politici erano scettici e critici. Nei prossimi mesi analizzeremo la proposta e cercheremo un accordo con Commissione e Stati membri. Sarà un negoziato complicato perché il punto di partenza non è ottimale.

D. Cosa volete cambiare?

R. Partiremo dall’entità del bilancio, che non è sufficiente. Poi ci assicureremo che le nuove priorità, come sicurezza e competitività, siano ben finanziate e affiancate da una vera strategia. Senza trascurare politiche come la coesione e l’agricoltura, che devono restare centrali. (riproduzione riservata)



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