A un anno circa dagli scandali che avevano coinvolto marchi noti come Dior, Armani, Valentino e Alviero Martini, un nuovo nome si aggiunge alla lista: Loro Piana, eccellenza italiana del cashmere e parte del colosso del lusso francese LVMH, è finita sotto la lente della magistratura milanese con l’accusa di non aver vigilato sulla propria filiera produttiva. Il Tribunale di Milano contesta all’azienda di non aver verificato “la reale capacità imprenditoriale delle società appaltatrici e sub-appaltatrici”, né di aver condotto “efficaci ispezioni o audit” per monitorare condizioni di lavoro e ambienti produttivi. Il risultato, secondo i giudici, sarebbe stato un sistema che ha permesso di massimizzare i profitti, anche fino a 2.000 euro di ricarico per capo, grazie a manodopera sottopagata.
L’inchiesta è l’ennesimo segnale che il settore della moda, a partire dal comparto del lusso, continua a mostrare fragilità strutturali nei controlli di filiera. E riporta in primo piano un tema cruciale: l’efficacia delle misure attualmente in vigore per contrastare lo sfruttamento lavorativo nei subappalti. Misure che, a detta di molti osservatori, si sono dimostrate finora insufficienti.
Proprio per colmare questo vuoto normativo, l’Unione Europea ha messo in pista a partire dal 2023 il Supply Chain Act o CSDDD, una direttiva che mira a rendere obbligatoria per le grandi imprese la due diligence su tutta la catena di fornitura, in termini di impatti sociali e ambientali. La norma però, dopo un lungo negoziato, è stata approvata con una significativa dilazione: sarà applicabile solo dal 2028 per le imprese con oltre 3.000 dipendenti e 900 milioni di fatturato, e dal 2029 per quelle con più di 1.000 dipendenti e 450 milioni di fatturato.
Per molti, incluso chi lavora sul fronte legale, si tratta di un’occasione mancata.
“Nonostante la battuta d’arresto subita dalla Corporate Sustainability Due Diligence Directive UE (CSDDD o Supply Chain Act) a seguito dell’approvazione della Direttiva Stop the Clock del noto pacchetto Omnibus, le grandi imprese sono chiamate ad agire subito per integrare la sostenibilità nei loro processi”, commenta l’avv. Rita Santaniello (nella foto), una delle più ascoltate esperte del diritto del lavoro in Italia, dello studio multinazionale Rödl &Partner – Quello che serve è una concreta e fattiva presa di coscienza e assunzione di responsabilità per il rispetto dell’ambiente e delle persone lungo tutta la filiera. La responsabilità d’impresa non si arresta ai cancelli aziendali. In particolare, nei casi di cronaca recente, è emerso un carente sistema di gestione e controllo della filiera, demandata alla semplice sottoscrizione di codici etici e ad audit poco efficaci, spesso meramente formali.”
Nonostante il rinvio, infatti, il principio della responsabilità estesa è già entrato nella pratica giudiziaria. Lo dimostrano le decisioni del Tribunale di Milano che, in diverse sentenze tra il 2024 e il 2025, ha riconosciuto l’efficacia delle azioni correttive adottate da alcune aziende per contrastare il rischio di caporalato. Tra le misure premiate: l’aggiornamento del Modello 231, il rafforzamento dei controlli sui fornitori e la risoluzione dei contratti con partner ritenuti inaffidabili.
“Nonostante il rinvio dell’applicazione del Supply Chain Act – aggiunge Santaniello – i numerosi casi di cronaca recente insegnano che le imprese non possono attendere e devono sin da subito attrezzarsi per integrare un effettivo ed efficace sistema di risk management esteso alla filiera”.
In questo senso, il caso Loro Piana conferma che una regolamentazione più rigida della supply chain avrebbe potuto non solo prevenire abusi, ma anche fornire alle aziende una guida più chiara per evitare ricadute reputazionali e legali. La direttiva europea, se fosse già operativa, avrebbe potuto rappresentare uno strumento prezioso. Rinviarla al 2028 rischia invece di lasciare ancora troppo spazio a zone grigie, dove etica e legalità restano affidate alla sola volontà delle imprese.
L’industria del lusso, per quanto attenta all’immagine e alla qualità, non può più sottrarsi alla verifica concreta di ciò che accade lungo la catena del valore. La sostenibilità, oggi, non è più una scelta di marketing: è una responsabilità a cui il mercato e la giustizia stanno iniziando a chiedere conto.
Le imprese non possono attendere e devono sin da subito attrezzarsi per integrare un effettivo ed efficace sistema di risk management esteso alla filiera.
Avv. Rita Santaniello
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